L'ultimo dell'anno è una giornata che in tanti aspettano per poter festeggiare. E' una giornata in cui si fanno i bilanci dell'anno vecchio e si svelano le speranze per l'anno nuovo. I ragazzi, tutti alla ricerca di una festa da vivere, sperano di trascorrere una nottata speciale, con tante aspettative che talvolta mutano in delusione, che invece è già dipinta sul volto di chi non è riuscito ad unirsi a nessuno. E anche gli adulti sono alla ricerca di una serata fuori dall'ordinario. Ma, come accade sempre in giornate di questo tipo, c'è anche chi non festeggerà, l'ultimo dell'anno è anche questo. Già, l'ultimo dell'anno!
Ricordo quando, da bambino, lo trascorrevo al bar dove lavoravano i miei genitori, in attesa che chiudessero per poter andare a casa a brindare all'anno nuovo che, nel frattempo, era già arrivato da alcune ore.
Ricordo quando, da ragazzo, allo stesso bar, durante il veglione di fine anno, mettevo i dischi per la serata danzante.
Ricordo quando, più grandicello, partecipai alle prime feste, ma anche la tv per non aver "rimediato" niente di interessante.
Ricordo quando, ormai diplomato, partecipai ad una festa con tanto di gruppo musicale in un palazzo di Firenze dove, proprio allo scoccare della mezzanotte, tutto finì, costringendo me e altre due amiche a girovagare per il centro in cerca di un bar per poter portare a termine il nostro brindisi.
Ogni ultimo dell'anno porta con sé dei ricordi, per aver fatto qualcosa o per non aver fatto niente.
Ed oggi? Gli auguri per SMS o per telefono, poi come tanti altri genitori ci organizzeremo per esser pronti a ricevere la chiamata che dice:
L'anno sta finendo ed è tempo di bilanci. Beh, forse è solo una mia deformazione professionale. Che cosa mi ha dato il 2009? Prima di tutto la partenza de Il treno delle 7,18 e tutto ciò che ad esso è legato: i progetti per le iniziative, l'organizzazione delle presentazioni, una delle quali al di là dell'Appennino in compagnia di persone conosciute prima sui blog e solo dopo di persona; una inaspettata apparizione in una TV locale. Tutte esperienze, alcune del tutto nuove, che mi hanno dato energia e tanta gioia. Nel 2009 ho avuto inoltre la possibilità di riscoprire vecchie amicizie o approfondirne di nuove; ho conosciuto nuove persone e per la prima volta mi sono sentito veramente parte di una comunità; ho ripreso a studiare, qualcosa di diverso dai corsi frequentati in passato. Il 2009 ha confermato la mia voglia di essere vivo, attivo e, perché no, creativo. Oltre a questo, poi, ci sono anche altre belle cose che mi sono capitate, ma quelle fanno parte di quella sfera, cosiddetta privata, che non si racconta sul blog.
Fra poco entreremo nel nuovo anno, con la speranza di sempre, quella che sia un anno migliore del precedente. Speriamo che lo sia per tutti. Buon anno, amici miei, auguri!
È un autore che ho scoperto da un po' di tempo, leggendo una sua massima sulla carta di un noto cioccolatino. Così ho provato ad approfondire con Il Profeta e Il Giardino del Profeta. Per il primo si tratta di una rilettura, perchè l'ho letto per la seconda volta, anche se spesso ho riletto qua e là alcuni temi trattati, a seguito di momenti particolari.
La lettura di Gibran mi offre sempre spunti di riflessione su tanti temi che ritengo sempre vivi, attuali. Inoltre mi ha trasmesso una certa curiosità per gli aforismi, le massime e le frasi celebri.
Le mie impressioni sui due libri ne "Le pagelle di Ben".
Natale, giorno di festa dai molteplici aspetti. Per molti sarà una festa, per molti altri un giorno da trascorrere in fretta. Per alcuni sarà un giorno di gioia, per altri un giorno pieno di tristezza. Per alcuni sarà un giorno da passare insieme alle persone care, per altri un giorno pieno di solitudine. Natale, una festa. Per altri no.
Io auguro a tutti che sia un giorno colmo di serenità. Buon Natale e Buone Feste, amici miei.
Varie volte ho messo video di brani musicali, canzoni che sono in qualche modo legate a me, che hanno caratterizzato alcuni momenti della mia vita. Riporto alcune frasi "celebri". La musica è la vera lingua universale. La musica è la voce che ci dice che la razza umana è più grande di quanto lei stessa sappia. La musica è stata donata all'uomo perché egli sia felice, per accentuare i momenti importanti della sua vita. E ancora: La musica è un dono della vita; esiste per consolare, per ricompensare. Essa ci aiuta a vivere.
R. - Sognavo di scrivere libri che facessero ridere, invece mi sono dedicato ad altri generi. Poi, leggendo le opinioni dei lettori, ho capito che il mio sogno si era realizzato.
Per introdurre la seguente domanda: sappiamo ridere di noi stessi?
Domenica scorsa ho partecipato ad una cerimonia molto triste.
Non ero interessato in maniera diretta, ma la situazione era talmente toccante che mi sono sentito subito parte in causa.
Ho provato commozione ed emozioni e ho avvertito la voglia di scriverle subito.
Poi ho atteso di ragionare a mente fredda e ho deciso di non farlo.
Adesso avrei ancora voglia di scriverle, quelle emozioni, che però corrispondono ad un dolore atroce per altri ed io ho paura di andarlo a disturbare con le mie parole.
Come di consueto, ho scritto le sensazioni e le emozioni provate durante la diretta televisiva di venerdì scorso, un'esperienza, per me, del tutto nuova.
La prima esperienza televisiva. Chi l'avrebbe detto; qualche tempo fa non l'avrei mai immaginato.
Ogni libro ha portato un'esperienza nuova, un'emozione che va ad aggiungersi alle altre. Già, i libri... Le emozioni che si rinnovano... Credo che dovrò scriverne qualcosa
... alle ore 17,00 circa, Il treno delle 7,18 prenderà parte alla trasmissione dal titolo "Senza chiedere permesso". Se qualcuno avesse modo di guardarla, anche in diretta live streaming su www.tvl.it, o di registrarla...
La replica andrà in onda il sabato mattina successivo alle 10,00. Ah, dimenticavo: ci sarò anch'io.
I vestiti che tu conservi in casa, appartengono a coloro che sono svestiti; le scarpe che tu lasci invecchiare inutilmente, appartengono agli infelici che hanno i piedi nudi.
Ho impiegato un po' di tempo, ma alla fine ce l'ho fatta. Ho selezionato alcune clips della serata e le ho messe nello spazio sulla destra. Buona visione.
Oggi un po' di musica. Non so se la musica sia stata il primo primo amore, ma uno dei miei primi sogni era quello di imparare a suonare la batteria. Ascoltando la radio o le musicassette, mi ritrovavo spesso a gesticolare con le mani e le braccia, mimando i batteristi di band famose: Collins, Mason, Porcaro.
A dir la verità, ogni tanto lo faccio ancora.
Il vostro primo amore o il vostro primo sogno, qual è stato?
La presentazione di un libro è sempre un appuntamento bello dal punto di vista emotivo. Io, come di consueto, ho provato a descrivere ciò che è accaduto, fuori e dentro di me.
"Bene", dirà qualcuno. "Almeno togli quella foto da lì sopra."
Ogni presentazione ha la sua storia. Quelle che ho fatto in precedenza sono state una diversa dall'altra.
La prima, una novità assoluta per me, a Montemurlo, la località in cui abito, in un contesto reso straordinario dalla presenza di tanti amici con i quali si venne a creare un'atmosfera magica.
La seconda a Scurano, in una regione diversa dalla mia, resa particolare dall'incontro con persone che fino ad allora non avevo mai visto in carne ed ossa.
E domani? Domani è un altro giorno e...
Io ci sarò... con tutto il mio entusiasmo... un'altra storia da vivere c'è...
Riporto anche qui un invito a una riflessione che ho cercato di lanciare su Makitevole, una riflessione alquanto difficile, a quel che sembra.
Qualcuno ha detto:
"Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso".
Un altro ha detto:
"Dobbiamo essere il cambiamento che vogliamo vedere".
Ma è possibile cambiare? E quanto?
E quando questo cambiamento avviene senza la tua apparente volontà, lentamente, costantemente, in maniera "sorda", tanto silenziosamente da farti capire che il cambiamento è in atto solo quando è... già avvenuto?
Ogni tanto mi capita di avere voglia di starmene da solo, con il solo desiderio di avere silenzio intorno a me e restare un po’ ad occhi chiusi, per pensare, per riflettere, per prendere decisioni. In questi momenti talvolta sento la necessità di ascoltare della musica per concentrarmi meglio. C’è un brano in particolare che riesce a deliziarmi e a farmi vedere, nell’oscurità dei miei pensieri, scenari e orizzonti ampi, illimitati, come se riuscisse ad aprire la mia mente ed il mio cuore. Una musica talmente bella, nella sua semplicità, da far sentire il cielo più vicino, tanto da far pensare che provenga direttamente da lì.
L'intenzione sarebbe quella di leggerlo, anzi, rileggerlo.
E' un concentrato di riflessioni e massime, un insieme di poche pagine alle quali si rimane incollati per un sacco di tempo. Ogni frase costringe a riflettere, a pensare, a vedere quanto sia attuale, anche se scritta molti anni fa. Ogni tanto torno a leggere qua e là qualche riga perchè stimolato da qualcosa che ho appena sentito, o visto, o provato. Allora vado a ricercare quella riflessione e ci vedo rispecchiato quello che ho vissuto poco prima.
E' un aspetto della lettura che mi piace molto: ritrovare nei libri la quotidianità e l'attualità. Tuttavia quel libro, in questo momento, rimane ancora chiuso.
Chissà, forse perchè in questo momento non posso prestargli l'attenzione che merita.
A volte pensi a delle persone che non hai mai dimenticato, ma che il tempo e la vita ti hanno fatto perdere di vista, da molti anni. Di loro non ti rimangono che i ricordi, ma non sapresti come fare a ritrovarli. E poi, anche potendo e volendo, avresti qualche timore a farlo. In passato, per organizzare rimpatriate con i compagni di scuola di una volta, oppure con i commilitoni, ebbi modo di fare ricerche per rintracciare delle persone, partendo dai numeri di telefono di un tempo per finire alla ricerca sul web. E così andai incontro alle situazioni più strane: mi imbattei nell'omonimo, nei parenti, in persone che portavano lo stesso cognome ma che non c'entravano nulla, con la paura costante di sentirmi dire: "Sì, il numero è giusto, ma la persona che lei cerca... non c'è più." Fortunatamente così non fu e, con un po' di fatica, riuscii a mettere insieme un po' di gente. E quei ritrovi, poi, furono eccezionali, ricchi di emozioni. In questi giorni, entrando su facebook, ho aperto il mio profilo e mi sono imbattuto in una richiesta di amicizia che proveniva da una persona di cui non avevo più notizie da molti, molti anni. Che gioia! Incredibile facebook!
Durante gli ultimi giorni ho dovuto impiegare tutto il tempo a mia disposizione, forse anche qualcosa in più, per cercare di stare dietro a tutto. E' una condizione normale per molti di noi, credo soprattutto per le donne, che hanno mille cosa da fare: famiglia, lavoro per chi lo ha, casa, perchè nella maggior parte dei casi è su di loro che grava il peso della vita domestica.
Arrivi a fine giornata stanco, con la testa e gli occhi pesanti, e quando spengi la luce che ormai sei a letto, hai la sensazione che quello che hai fatto non sia niente, o poco. E ti addormenti pensando che il giorno dopo è già arrivato e che devi riprendere da dove hai interrotto.
Però poi, la furia finisce, e provi una bella sensazione di rilassamento. Sai che non è finita, ma il più è fatto, e sai di aver fatto il massimo che potevi fare, con la certezza di poter fare di più, ma con la consapevolezza che per quel di più occorre la collaborazione altrui, per cui non hai niente da rimproverarti.
Ciao amici, mi chiamo Roberto e ho appena aperto questo spazio sul web. Questo sarà il mio rifugio, per parlare, anzi scrivere, delle mie passioni: la scrittura, la lettura, la musica, lo sport e altre ancora che di volta in volta verranno chiamate in causa. Nel mio rifugio cercherò di accogliere anche gli internauti che vorranno farvi tappa e che avranno voglia di condividere con me quelle passioni.
Con queste parole, un anno fa, il Rifugio aprì i battenti. Ma che cosa è successo in quest'anno?
Attraverso i Rifugio, che ha passato momenti di crisi, che ha chiuso e che ha riaperto, ho condiviso passioni, sentimenti, emozioni. Grazie a lui, e successivamente al MKTV, ho avuto modo di conoscere altre persone, alcune delle quali ho avuto la possibilità di conoscere in carne ed ossa.
Ho cercato di usare questo spazio con moderazione, senza abusare, senza sentire l'impegno o l'assillo di scrivere per forza, facendolo solo quando avevo qualcosa da dire e avevo voglia di farlo, anche nei momenti che avevo semplicemente voglia di giocare. Per questo, forse, i miei interventi non sono stati così frequenti.
Ho resistito alla tentazione di mettere un contatore per vedere quante persone entrano per leggere le cose che scrivo, ho resisitito alla voglia di piantare tutto quando mi sembrava che fosse giunto il momento giusto per farlo.
Ho avuto piacere di ricevere suggerimenti di letture di autori che altrimenti non avrei mai conosciuto.
Ho avuto la forza di tirare fuori pensieri e parole come probabilmente non sarei mai riuscito a fare in altro modo, che mi hanno permesso di riflettere e, soprattutto, di conoscere meglio me stesso, anche attraverso i punti di vista altrui che mi hanno aperto nuove visioni sulla realtà che sta intorno a noi.
Ho avuto il piacere di scrivere, solo per il piacere di farlo.
Buon compleanno Rifugio.
Grazie, a te e a chi ha condiviso con me l'avventura di questo anno.
Ormai è questione di giorni ed il libro comincerà a circolare. Finalmente! Appuntamento fissato per il 6 di ottobre. Il programma si va delineando, con alcune difficoltà, ma ci siamo quasi. L'elenco delle rivendite è in corso di definizione, mentre i libri son già reperibili presso le sedi degli enti a cui andrà il ricavato.
Domani per molti ragazzi comincia il nuovo anno scolastico. Mia figlia inizierà la terza classe delle superiori e questo mi ha fatto tornare in mente il periodo in cui fui io a cominciare il triennio
Un forte vento di tramontana sta sussurrando che l'estate sta finendo. Dopo la calda stagione all'insegna di un filone prevalentemente musicale, voglio ripartire con una domanda alla quale ho cercato di rispondere su Makitevole e che ripropongo anche qui.
Cosa cercate in un libro?
Non ho un genere preferito, non ho un autore preferito, anche se per Grossman e Gibran ho un debole più che per altri, talvolta seguo i suggerimenti di altre persone, altre volte mi intestardisco con qualche libro al contrario di altri che lasciano perdere dopo venti pagine. Quando inizio un libro cerco una storia appassionante, personaggi che riescano a coinvolgermi, e che mi tengano incollato alle pagine, invitandomi ad andare alla successiva, ma anche emozioni che risveglino i miei sentimenti, la mia sensibilità, la mia anima. I libri come cibo per l’anima, come spesso viene detto. Mi piace leggere come un autore riesce a farmi vedere ciò che scrive, come riesce a trasmettere l’emozione di un suo personaggio tanto da farmi immedesimare in lui, mi piace quando un autore riesce a farmi vedere che la camicia di una sua eroina è gialla oppure quando mi fa capire che due personaggi stanno in silenzio oppure quando mi fa sentire il profumo di un fiore, senza che lo scriva. Cerco un libro che abbia un’anima. Cerco un arricchimento interiore. Qualcuno dice che legge per essere migliore. In un certo senso è così, perché la lettura, anche se non sempre, apre nuove visioni sulla realtà, facendola osservare da un altro punto di vista, diverso e diversamente profondo. E questo non può che arricchire il bagaglio di una persona.Collegando, invece, la lettura alla mia passione per lo scrivere, allora cerco anche tanti insegnamenti e tanti insegnanti, dal più bravo al meno bravo, dal più noto al meno noto, dai quali apprendere qualcosa in modo che un giorno, chissà quando, possa io essere in grado di trasmettere qualcosa ad un ipotetico lettore.
Come in un gioco ho cominciato a pensare ad alcune parole e al loro contario.
Sentimenti, condizioni personali che ci accompagnano durante le giornate rendondole belle o brutte e che influenzano il nostro umore.
Capita spesso di essere allegri, poi improvvisamente accade qualcosa che rende tristi, di essere calmi per poi arrabbiarsi a seguito di un inconveniente, magari da poco.
E così via in un alternarsi di stati d'animo, emozioni, sentimenti, che a volte non riusciamo nemmeno a spiegare a noi stessi, non bene quanto vorremmo.
Ma tutto questo cosa significa: instabilità emotiva o vitalità emotiva?
Ieri sera stavo in terrazza a leggere un libro e anche a guardare il cielo stellato. Intorno c' era molto silenzio, perchè in molti sono in vacanza e le auto, beh, anche loro si riposano altrove. Ad un tratto, da una finestra di una casa vicina, è uscito un suono, una musica che ha distolto la mia attenzione dalla lettura e dalle stelle.
Il testo originale non è in italiano, ma io preferisco questa versione.
Ho da poco terminato di leggere il libro di Paolo Federici, compagno dell'avventura Scuranese del primo agosto, ed ho riportato le impressioni nella rubrica "Le pagelle di Ben".
Mi ero ripromesso di scrivere qualcosa su questa giornata, ma mi sono reso conto che quel "qualcosa" sarebbe stato troppo lungo, così ho cercato di sintetizzare un po', con la speranza di riuscire ugualmente a far capire le emozioni che ho provato.
Per me ieri è stata una giornata bellissima, di cui presto parlerò. Intanto ho messo alcune foto sull'altro blog, che potete trovare nell'apposita sezione.
D'estate per me è sempre difficile scrivere qualcosa. Di solito cerco di mettere in ordine le idee per poi ripartire qualdo il caldo comincia ad affievolirsi. E anche sul blog sta capitando la stessa cosa, perchè provo a cercare fuori un po' d'aria fresca (o meno calda) piuttosto che stare seduto davanti ad un computer. E infatti, ultimamente, il Rifugio ha funzionato in maniera parecchio part-time.
Alcune sere fa stavo mangiando un gelato in compagnia della famiglia, seduto al fresco artificiale di una gelateria. Davanti a me, in alto, un televisore sul quale scorrevano i video di Michael Jackson. A me, come ho già avuto modo di dire, non piaceva, ma attraverso quei filmati ho cercato di capire qualcosa in più di lui. E mi sono tornate in mente le parole lette un po' ovunque in questi giorni, ma che potrebbero andare bene per molti altri artisti, siano essi geniali, eccentrici, pazzoidi, e chi più ne ha ne metta. Spesso le origini sono modeste, se non peggio, una vita difficile alle spalle, mille difficoltà all'interno della famiglia; poi la svolta ed un successo che schiaccia, costringendo una persona a vivere costantemente nel personaggio a cui ha dato vita. A vederlo agire sul palco tutto quello non traspariva, si vedeva solo un artista in piena azione, sorridente, felice. Già, felice, sul palco e non nella vita. Una felicità che tanti artisti vorrebbero in eterno e alla quale non rinuncerebbero mai, tanto da desiderare, come dicono molti, di morire in scena durante lo spettacolo. Avevo quasi terminato il gelato e un filo di tristezza si era impossessato dei miei pensieri. Mi sembrava quasi che l'infelicità si potesse vedere e capire attraverso la felicità, che l'una e l'altra fossero in realtà unite, se non la stessa cosa. Provai compassione per lui, che aveva ostinatamente cercato di cambiare tutto di sé e del mondo che lo circondava, per poi trovarsi, semplicemente, uguale a tutti gli altri davanti all'ultimo aspetto della vita.
Da "Quattro passi", liberamente tratto e riadattato.
Gli esami finali si stavano avvicinando a grandi passi. Avevo cominciato il periodo del ripasso, spesso da solo, ma alcune volte in compagnia di alcuni compagni. Con Giovanni, il Giuba, l'Elena eravamo affiatati nello studio e quelle ore che passavamo insieme ci facevano sentire meno l’ansia per l’esame. Sì, perché qualsiasi cosa se ne voglia dire, un esame è sempre importante, e per quanto si voglia tenere lontano il pensiero, l’attesa è sempre forte, soprattutto quando ci si gioca il futuro. Studiammo per fare del nostro meglio ed il grande giorno arrivò. La prima prova scritta fu quella d'Italiano. Il giorno seguente Informatica: era la prima volta in assoluto che usciva. Per l'orale era buona regola scegliere due materie su quattro, sperando che non venissero cambiate il giorno dell'interrogazione. Optai per Italiano e Scienza delle finanze. Per la prima ed unica volta in vita mia, sbagliai il tema d’Italiano. Il membro della commissione, durante la prova orale commentò così: “La sua prova scritta sarebbe stata da 10, solamente se il tema avesse avuto un altro titolo; non abbiamo messo penna per una correzione, ma è andato fuori tema!” Io già lo sapevo: il titolo si rifaceva agli scopi pacifici dell’energia nucleare, ed io mi ero soffermato troppo su quelli di quei tempi: la guerra fredda. Cercai di spiegare il motivo di come fossi incappato in quell’errore. Molto tempo dopo, l’anno successivo quando andai a far visita agli insegnanti trovandomi a Firenze, seppi dalla mia professoressa di lettere che quella spiegazione era stata considerata come una polemica, una mancata accettazione della loro valutazione: roba da matti! Evidentemente non ero stato l’unico ad andare “fuori tema”! Anche per quello, mi disse ancora, fui “punito” oltre misura. Le altre prove andarono bene. Non avevo da temere una bocciatura nonostante il brutto voto rimediato nel tema, ma sapevo che sarebbe stato difficile ottenere una buona valutazione finale. Ero deluso ed il giorno dei risultati ero anche molto teso. Avevo studiato per anni con ottimi risultati ed ora che il voto contava veramente rischiavo di uscire dal mondo scolastico con un risultato bugiardo. La rabbia era enorme. Arrivato a scuola mi venne incontro il Giuba: “Siamo passati tutti e diciannove. Siamo risultati la miglior classe di tutta la scuola. Vedessi che voti!” Arrivai davanti al tabellone e scorrendo dall’alto cominciai a leggere i nomi cercando il mio. C’erano un sacco di 60/60, mi sembra sei, poi un sacco di 56/60 fino a 50/60. Infine, l’ultimo dei diciannove alunni: Benassai Roberto 48/60. Ero arrivato ultimo, e nonostante tutto, con 48/60. Voti esageratamente gonfiati, compreso il mio. Gente che a fatica era stata ammessa all’esame aveva preso 54, addirittura 56/60. Ma come aveva fatto? Ed i risultati degli anni precedenti in che misura erano stati presi in considerazione? Ero arrabbiatissimo, mi sentivo defraudato, ma soprattutto non sopportavo il fatto che tutti mi fossero passati avanti. Fu una bella botta per il mio orgoglio. Abituato ad essere fra i primi, se non il primo, mi ritrovai ultimo. Tutti rimasero a festeggiare, io ripresi la vecchia Horizon del babbo e me ne tornai a Pistoia. Arrivato a casa raccontai tutto quanto ai miei genitori e non ricordo chi di loro disse quelle poche parole che mi fecero prendere coscienza di una ulteriore realtà. “Non te la prendere, 48/60 è un buon voto, non eri in gara con i tuoi compagni di classe. Dimostrerai il tuo valore quando andrai a lavorare. Il lavoro sarà il vero esame e lì, chi ha veramente imparato, lo dimostrerà.” I giorni che seguirono non furono facili, la delusione difficilmente digeribile.
Artista geniale. Uomo controverso, ma soprattutto solo. E un ricordo legato a questa canzone.
Da "Quattro passi", liberamente tratto e riadattato:
L'anno scolastico finì e pensai di andare in vacanza in campeggio con alcuni compagni. Con Luca e due suoi amici, Andrea e Filippo, organizzammo una vacanza in campeggio a Pinarella di Cervia, sulla riviera romagnola, un soggiorno che ben presto si rivelò un corso di sopravvivenza. L’appuntamento era a casa di Luca, dove pernottai. La partenza, infatti, era fissata per la mattina successiva, molto presto.
...
Ricordo le parole di mia madre quando, la sera precedente, le telefonai per dirle che ero arrivato a casa di Luca: “Hai preso tutto?” domandò. “Sì" risposi. “E i soldi?” “Anche troppi! Ho preso 150.000 lire.” “150.000 lire? Disgraziato! Ma dove vuoi andare con quelli? Chiedili ai genitori di Luca, poi glieli restituiamo. Mi raccomando, non andare per il mondo senza soldi!” “Va bene, glieli chiederò.” Ma non lo feci. E con 150.000 lire partii per fare due settimane di vacanza! Arrivammo a Pinarella e ci accampammo in uno dei pochi campeggi liberi: un vero e proprio pensionato, con pochi giovani e molta gente anziana. Sistemammo le tende, tutta l’attrezzatura e poi, via di corsa in spiaggia. Conoscemmo alcune ragazze austriache, molto carine, con le quali avevamo alcune difficoltà a comunicare, ma non ci scoraggiammo per questo, anzi, riuscimmo a fissare un appuntamento per la sera. Così, pieni di entusiasmo, arrivammo nel posto fissato, puntuali come un orologio svizzero, con la speranza di trascorrere una bella serata. Ma quando giungemmo, le vedemmo già in compagnia di altri ragazzi, dotati di un gran macchinone. Noi, invece, eravamo a bordo delle nostre misere scarpette da ginnastica. Fu uno schiaffo pesante. "Non me lo dovevamo fare" disse Luca. Lui era fatto così, prendeva tutto come un fatto personale. Quelle parole furono una dichiarazione di guerra. Come colto da un raptus, partì di corsa verso il campeggio e tornò poco dopo con il barattolo della schiuma da barba. Nel frattempo le austriache si erano spostate seguendo, con la loro auto, il gran macchinone. Cominciammo a vagare per le strade del paese per trovarle. Dai locali la gente entrava e usciva sulle note di Billie Jean e Jeopardy. Finalmente rintracciammo la loro auto con targa austriaca: una Talbot Samba blu, che in pochi minuti divenne bianca, coperta di schiuma e da una scritta irripetibile. Luca, alla fine del raptus, si rilassò e concluse: “Ecco, ora sto meglio.” Non avevo mai fatto un'assurdità simile in vita mia. E non fu l'unico raptus.
Prestate attenzione al testo e poi dite la vostra.
A te che sei l’unica al mondo L’unica ragione per arrivare fino in fondo Ad ogni mio respiro Quando ti guardo Dopo un giorno pieno di parole Senza che tu mi dica niente Tutto si fa chiaro A te che mi hai trovato All’angolo coi pugni chiusi Con le mie spalle contro il muro Pronto a difendermi Con gli occhi bassi Stavo in fila Con i disillusi Tu mi hai raccolto come un gatto E mi hai portato con te A te io canto una canzone Perché non ho altro Niente di meglio da offrirti Di tutto quello che ho Prendi il mio tempo E la magia Che con un solo salto Ci fa volare dentro all’aria Come bollicine A te che sei Semplicemente sei Sostanza dei giorni miei Sostanza dei giorni miei A te che sei il mio grande amore Ed il mio amore grande A te che hai preso la mia vita E ne hai fatto molto di più A te che hai dato senso al tempo Senza misurarlo A te che sei il mio amore grande Ed il mio grande amore A te che io Ti ho visto piangere nella mia mano Fragile che potevo ucciderti Stringendoti un po’ E poi ti ho visto Con la forza di un aeroplano Prendere in mano la tua vita E trascinarla in salvo A te che mi hai insegnato i sogni E l’arte dell’avventura A te che credi nel coraggio E anche nella paura A te che sei la miglior cosa Che mi sia successa A te che cambi tutti i giorni E resti sempre la stessa A te che sei Semplicemente sei Sostanza dei giorni miei Sostanza dei sogni miei A te che sei Essenzialmente sei Sostanza dei sogni miei Sostanza dei giorni miei A te che non ti piaci mai E sei una meraviglia Le forze della natura si concentrano in te Che sei una roccia sei una pianta sei un uragano Sei l’orizzonte che mi accoglie quando mi allontano A te che sei l’unica amica Che io posso avere L’unico amore che vorrei Se io non ti avessi con me a te che hai reso la mia vita bella da morire, che riesci a render la fatica un immenso piacere, a te che sei il mio grande amore ed il mio amore grande, a te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più, a te che hai dato senso al tempo senza misurarlo, a te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore, a te che sei, semplicemente sei, sostanza dei giorni miei, sostanza dei sogni miei... e a te che sei, semplicemente sei, compagna dei giorni miei...sostanza dei sogni...
Talvolta capita un periodo in cui non si ha voglia di fare niente, salvo il dovuto. A me è capitato in questi giorni, durante i quali ho avvertito una strana rilassatezza.
Per chi, come me, scrive su un blog o partecipa a forum, è facile entrare in contatto con persone, con le quali si instaura un rapporto virtuale, fatto di commenti, scambi di idee su argomenti vari, e fatto anche di e-mail.
Capita così che a volte si spedisca una mail, confidando di ricevere una risposta.
E allora ti connetti, apri il programma di posta elettronica, e aspetti quei fatidici secondi che ti separano dalla scritta "Hai un nuovo messaggio da leggere".
Alcune volte, invece, apri quel programma e vedi che: "Non ci sono messaggi nuovi da visualizzare".
Allora richiudi il programma, con un velo di tristezza, forse anche un po' di delusione, con il dubbio che il tuo messaggio non sia arrivato a destinazione. Subito dopo, però ti poni un'altra domanda: "E se non avesse voluto rispondere?"
Le solite notizie: politici che si insultano, il Capo dello Stato che si augura toni meno aspri, Noemi, ancora lei, Opel e Fiat, oggi pure l'airbus scomparso, il Berl che arriva in ritardo alla parata (probabilmente dicendo che non è un portiere, per giustificarsi).
Ma la notizia più clamorosa è che il Real Madrid ha offerto 65 milioni di euro per... Kakà.
Grazie al nostro sistema sanitario, invidiato in tutto il mondo, noi spendiamo molto meno.
Per la prima volta ho incontrato qualcuno che cerca le persone e che vede oltre. ... Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancora più grave, abbiamo rinunciato all'incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci. Se ci accorgessimo, se prendessimo coscienza del fatto che nell'altro guardiamo solo noi stessi, che siamo soli nel deserto, potremmo impazzire. ... Io invece supplico il destino di darmi la possibilità di vedere al di là di me stessa e di incontrare qualcuno. Tratto da L'eleganza del riccio
Sto leggendo questo libro e sto trovando spunti di riflessione interessanti. Non posso citarli tutti, ma il pensiero che ho appena riportato lo sento particolarmente mio.
Con le finestre socchiuse per non far entrare la luce del sole, in un' oscurità che fa pensare, con le campane del mio amico campanile che stanno suonando per richiamare l'attenzione di quella gente che ancora non si è fatta tentare dalle uscite del fine settimana, me ne sto in casa per sfuggire al caldo del primo pomeriggio.
E penso.
E torno ad un lontano 1985, quando durante una registrazione in radio, misi una canzone dedicandola ad una coppia di amici. La registrazione sarebbe andata in onda quando i due sarebbero stati sul punto di dirsi "sì", cerimonia alla quale partecipai, testimone di un'unione che da tempo non c'è più.
Mi piaceva il titolo e amavo un passaggio che, a distanza di anni, sento ancora dentro di me:
But sometimes when I'm dreaming, and I dream a lot these days...
Giorni intensi questi. Desidererei scrivere qualcosa di più, ma non ho il tempo che vorrei.
Mi limito ad un aggiornamento, stile Ans(i)a, informando i lettori del blog che è in fase di stampa il nuovo libro del famosissimo ragioniere, nonchè presunto scrittore, che risponde al nickname di Ben. Ovviamente sulla copertina il nome sarà scritto per esteso, sperando in bene per il cognome, naturalmente e continuamente storpiato, insieme al titolo che, per ovvi motivi di riservatezza, è e resterà top-secret.
La tipografia è stata messa sotto sorveglianza, continuamente controllata da una serie di videocamere a circuito chiuso.
Agenti speciali, con cappelo e soprabito nero, forniti di occhiali neri e con l'immancabile auricolare bianco, dal filo attorcigliato, controllano parlottando fra loro attraverso un mini-microfono.
Sì, perchè il problema fondamentale di questi giorni è il rapporto del presidente del consiglio con sua moglie e non. Da cosa dobbiamo distogliere, ancora una volta, l'attenzione?
Orah, Ilan e
Avram, poco più che ragazzi, si conoscono mentre sono ricoverati in un ospedale
di Gerusalemme, quando è in corso un conflitto. In quelle lunghissime ore che
trascorrono insieme i tre ragazzi diventano molto amici e Orah e Ilan, più
avanti, si sposeranno. Molto anni dopo Orah, madre di due figli, Adam e Ofer,
si separerà da suo marito. Ofer, ormai sul punto di essere congedato, si offre
per partecipare ad una ulteriore incursione, rinunciando così a partecipare ad
una gita attraverso la Galilea insieme a sua madre, organizzata per festeggiare
il congedo. Orah deciderà di partire ugualmente perché, turbata dal
presentimento che suo figlio Ofer non tornerà da quella missione, non vuole
essere a casa quando l’esercito israeliano arriverà a svegliarla di notte, come
da prassi, per comunicarle la terribile notizia. Come compagno di viaggio porterà con sé Avram,
ormai distrutto nel corpo e nello spirito dalla prigionia sotto gli egiziani.
In questo libro
Grossman dimostra una sensibilità grandissima, descrivendo le sensazione, le
emozioni, i sentimenti di una madre che teme di perdere suo figlio, forse li
stessi che lui ha provato in prima persona con suo figlio, morto durante un
conflitto.
Descrive
rapporti di gente comune, arabi e israeliani, che vivono insieme e sono perfino
amici, prima di essere messi gli uni contro gli altri da un qualcosa più grande
di loro, in un paese che non conosce mai la pace.
Orah, durante
il viaggio, ripercorre molte tappe del suo passato, i rapporti con Avram e
Ilan, con Ilan e i figli Adam e Ofer. Tutto viene analizzato e scomposto in
tanti frammenti, in tante emozioni che riaffiorano e che vengono quasisezionate, una ad una. Grossman è capace di
scrivere pagine e pagine su ogni piccola sensazione, quasi dilatandola nel
tempo e nello spazio. A volte si ha la sensazione di essere sospesi in una
frazione di tempo, quasi si leggesse il libro alla moviola, come se il tempo
rallentasse. Poi ritorna l’alternanza col presente, con il viaggio in corso, e
il tempo riassume i suoi ritmi.
Attraverso il
personaggio di Orah, Grossman sembra voler descrivere la paura della morte in
un paese in eterno conflitto, ma allo stesso tempo la voglia di continuare ad
andare avanti nella speranza che un giorno, chissà quando, tutto possa cessare
e tutti possano aver un po’ di pace, in quel paese, senza essere costretti a
dover scappare altrove per trovarla.
Di Grossman è
il secondo libro che leggo, il primo è stato Qualcuno con cui correre. Il
confronto fra i due libri a mio avviso non si può fare, se non nello stile di
scrittura, in quella capacità di rendere avvolgenti le parole, come se fossero
carezze. In alcune parti l’autore forse si dilunga troppo, in quella attività
di scomposizione, analisi delle singole sensazioni, rendendo un po’ pesante la
lettura. In altre è proprio quell’approfondimento che permette al lettore, è
questa la sensazione che ho avuto, di analizzare le proprie emozioni e i
propri sentimenti, permettendogli così di conoscere meglio anche se stesso.
Nel giorno della festa dei lavoratori, mi sono messo a lavorare.
Ho approfittato del giorno festivo per dare un'imbiancatina in casa. Abituato a lavorare di computer e di tastiera , alla fine ho accusato fatica e doloretti.
Ci sono giorni in cui ti senti apparentemente bene. Parli, sorridi, svolgi i tuoi lavori serenamente.
Trascorri il tuo tempo, quello che hai a disposizione, con la tua famiglia. Insomma, tutto sembra normale.
Ma quando ti fermi ti viene voglia di andare a rivedere una foto di qualche tempo fa, di ascoltare una canzone di un determinato periodo, magari perchè ti ricorda un episodio che ti è molto caro.
E ti trovi a ripercorrere alcune tappe del tuo passato, che scorre dentro la tua testa rapidamente, come un film lunghissimo che finisce dopo pochi attimi.
Vieni rapito dalla nostalgia e non ti sai spiegare il perché.
Forse, però, una ragione c'è. Forse ti stai attaccando a quei ricordi per trarne la forza e l'energia necessarie per superare un altro ostacolo di cui non ti accorgi, ma che il tuo istinto ha notato.
E ti ritrovi a fare come quel ragazzetto che, crescendo, sente il bisogno di farsi coccolare e accarezzare dalle persone che più lo amano, proprio come faceva quando era piccolo.
Recentemente ho letto un articolo, su una rivista per pochi intimi, in cui l'autore, giornalista e scrittore francese, sostiene, in estrema sintesi, che l'attuale crisi finanziaria probabilmente sortirà l'effetto di ripulire gli animi.
Ma non è su questo che voglio soffermarmi, perchè è stata un'altra riflessione che ha attirato la mia attenzione.
Ogni giorno sentiamo parlare di valori: valori di borsa, valore dell'euro, valore del dollaro, valore del petrolio, valori di ciò che è misurabile, qualcosa che si conta.
Sembra che sia stata dimenticata un'altra accezione del termine, il valore come faccenda umana, come la lealtà, l'onestà e tutti gli altri valori che riguardano l'uomo, che invece non sono misurabili, non si contano, ma contano.
Credo che ci sia qualcosa di vero in questo, perchè l'impressione è che ciò che si conta sia ormai molto più importante di ciò che conta.
Come ho spiegato a Mik, in un commento del post precedente, non mi sentivo a posto con la coscienza. Era come aver creato qualcosa e poi averla abbandonata a se stessa.
Così ho deciso di aprire nuovamente il Rifugio. Sarà un'apertura part-time per gli interventi che proporrò, ma full-time per coloro che vorranno intervenire.
Nel sotto-sotto titolo, ho scritto "prove tecniche di un blog itinerante". Che cosa significa?
Vuol dire che mi avvarrò di richiami agli altri blog su cui scrivo, attraverso i link, per renderli tutti interattivi. Un argomento trattato nell'uno verrà richiamato nell'altro e i lettori che accedono ad uno avranno modo di leggere ciò che è scritto nell'altro, avendo la possibilità di scegliere se e dove commentare.
A volte mi ritrovo a scrivere sul blog nel silenzio delle notte, cercando di comunicare chissà che cosa ad un pubblico che forse non c'è o, se c'è, se ne rimane silenzioso, al di là dello schermo, in un mondo senza voce che non si vede. E allora mi sembra di essere come quel dj che parla alla radio, in uno studio quasi buio e un po' fumoso, con la musica che va, alternata alle parole, nell'etere, al di fuori di quelle quattro mura. Ma di là chi c'è ad ascoltare? Una o più persone o, forse, nessuno? Ma lui continua a parlare, con la speranza che qualcuno ascolti e si decida a comporre quel numero sulla tastiera di un telefono per chiamare, per fargli capire che quelle parole e quella musica non si perdono nel niente. Ancora un altro brano, poi ancora alcune frasi, ad effetto, per attirare l'attenzione, per non far scappare un ipotetico ascoltatore. L'attenzione deve rimanere desta. "Siete ancora sintonizzati su Radio Web ed è il vostro dj che vi parla. La notte è ancora lunga e noi siamo qui per allietarla. Continuate a tenerci compagnia. Ed ora, vai col prossimo brano." Parte un jingle: Radio, radio, ...adio ... Web, web, ...eb! Poi di nuovo la musica.
... di chiudere il Rifugio e riunificarlo con l'altro, quello delle mie passioni.
Ritenevo che questo fosse più dinamico, quindi più adatto a scambi di opinioni, commenti, confronti. L'altro blog invece è più statico, meno dinamico, più simile ad un classico sito solo da leggere, ma permette molti più inserimenti di notizie e di informazioni riguardanti le mie passioni, soprattutto la scrittura.
Oggi, in modo particolare, ho pensato a cosa scrivere e come motivare la mia decisione.
Sicuramente il poco tempo che ho a disposizione sarebbe una buona motivazione, ma la realtà è che dall'inizio dell'anno soltanto tre persone hanno inserito dei commenti. Due di queste sanno come continuare a seguirmi, se vogliono, perchè leggono e partecipano insieme a me sul Makitevole, la terza è un mio ex-collega.
Chi invece entra solo per leggere, mi sono detto, può continuare a farlo sull'altro blog. Ringrazio tutti comunque e vi rimando a http://robertobenassai.spaces.live.com/. Vi saluto con un gioco di rime che scrissi per fare gli auguri natalizi, al quale ho cambiato il finale per l'occasione.
A chi si è qui fermato
dal momento in cui è nato,
a chi ha partecipato
ma poi se n’è andato,
a chi entra in più momenti,
senza lasciar commenti,
il mio miglior saluto
e i miei ringraziamenti.
Lascio comunque questo spazio perchè niente nella vita è definitivo. E se un domani... Per il momento, però, vi dico che questo blog è
Stupri di gruppo, persone date alle fiamme, omicidi, liti, pestaggi.
Dalla notizie più grave fino alla notizia locale, si leggono fatti ai quali si stenta a credere, tanta è la violenza, la brutalità, la totale mancanza di rispetto per il prossimo.
La mattina ci alziamo come se tutto fosse normale. Andiamo a lavoro (chi ce l'ha), i ragazzi a scuola, ci tuffiamo nel traffico e tutto ci sembra normale.
Ma da qualche parte nella notte è accaduto qualcosa che di normale non ha niente. Da qualche parte sta succedendo qualcosa che sfugge al concetto di normalità.
Le domande sono sempre le stesse: perchè? di chi è colpa? di cosa è colpa?
Un uomo sta parlando ad una marea di persone. Con le sue parole ha riacceso una speranza. Poco più là, rimbacuccato dentro il suo cappotto d'ordinanza, è seduto il suo predecessore, piccolo e tremante come un cucciolo di chihuahua. Sulle labbra ha una smorfia, una specie di sorriso stiracchiato, e guarda quella folla immensa fino all'orizzonte che è lì, ma non per lui. La cerimonia è finita e lui, insieme a sua moglie, torna nel suo albergo a cinquanta stelle, ma non riesce a prendere sonno perchè una domanda lo tormenta. "Cara" dice. "Anche tu pensi che il mondo mi ricordi come il peggiore di tutti?" "Ma no, caro" risponde lei. "Hai fatto tutto quello che c'era da fare, per il bene di tutti." Entrambi poi si girano sul fianco e, allungando un braccio, spengono la luce augurandosi la buonanotte. A qualche chilometro di distanza, una donna, in una casa buia che presto verrà pignorata, sta pregando. La luce tremula di una candela accende un sorriso stampato su una parete decorata con alcune medaglie, l'ultimo ricordo di un figlio che non c'è più.
Da cosa nasce cosa, ci capita di dire qualche volta. Attraverso i blog sono entrato in sintonia con alcune persone che da oggi mi hanno dato la possibilità di scrivere insieme a loro su un altro blog. Continuerò a scrivere sui miei, ma d'ora in poi potrete leggere alcuni interventi anche sul Makitevole.
Vi capita mai di svegliarvi al mattino con un grido ed una canzone in testa che mai e poi mai avreste canticchiato? E vi sentite bene e avete voglia di ridere.
E' quello che mi è capitato ieri, una domenica normale, come tante altre, iniziata con una visita alla tomba di mia madre, perchè sarebbe stato il suo compleanno. Pensando a questo, non ci sarebbe stato motivo di avere tutta questa voglia di ridere.
Una cosa strana, tuttora inspiegabile, eppure quel grido e quella canzone non volevano togliersi dalla testa: Uauh! I feel good! tarataratarata.
Questo "stato di grazia" è andato avanti per tutta la giornata, con la decisione di andare a vedere un film con il solo intento di fare due risate, un film che, probabilmente, in altre occasioni non avrei mai cercato. E invece eccomi lì, a navigare su internet per studiare le programmazioni della multisala: Australia, Madagascar, Le sette anime, Yes man, e poi, boh, tanti altri fino a... Natale a Rio.
Eccolo, l'ho scovato. Voglio andare a vedere quello. Cinzia, mia moglie, mi guarda strano per tutte queste novità: non sono un frequentatore assiduo di cinema e, soprattutto, di quel genere di film.
Ma è comprensiva e acconsente.
Arrivati al cinema e vista la fila alle casse, in tempi "ordinari" forse avrei dato in escandescenza. Invece niente, non faccio una piega, e dopo venti minuti esco dalla bolgia con i biglietti in mano, giusto in tempo per correre verso la sala, incontrare un amico che non vedo da anni, ma che non posso salutare se non con un rapido gesto della mano, entrare, mettersi a sedere e vedere le luci che si spengono.
Il film scorre, con il solito cliché di gags ed equivoci tipici di quei film. Eppure rido, rido di gusto.
Il motivo di tanta voglia di ridere è rimasto un mistero e questa mattina, al risveglio, avevo ancora quel grido in testa: