mercoledì 30 dicembre 2020

Eccolo, sta arrivando!

- Guarda, c'è una porta aperta.

- Cosa ci sarà dietro?

- Si intravede una luce. Andiamo, avviciniamoci.

- Aspetta, chi ci dice che sia sicuro?

- Vuoi restare qui, al buio?

- No di certo!

- E allora non ci resta che andare a vedere!

- Dobbiamo varcare la porta?

- Dobbiamo, al di là c'è il 2021.

- Mamma mia! E se fosse peggio del 2020?

- Per saperlo dobbiamo attraversare la porta ed entrare.

- Va bene, andiamo!


Auguri di Buon Anno!

E speriamo che lo sia davvero!

Noi mettiamocela tutta.

lunedì 28 dicembre 2020

Come scarponi rabberciati

Circa dodici mesi fa, mentre ci scambiavamo gli auguri, nessuno avrebbe immaginato che il 2020 andasse nel modo in cui è andato. 

Un anno di cui è stato detto di tutto e anche di più, in tutte le salse. Da alcuni giorni, però, c’è una speranza chiamata vaccino e proprio da questa vorrei partire per fare una breve riflessione su quello che per me ha rappresentato questo 2020 e per vedere se c’è modo di salvare qualcosa.

A marzo ci fu la prima chiusura, che ci fece riscoprire alcuni aspetti della nostra vita che sembravano scomparsi. Ritrovammo una inaspettata umanità, l’altro cominciò ad assumere forma e ad avere un nome. Ci sentivamo soli, avevamo paura, ma in quella situazione ci aggrappammo alla forza e all’energia che ci proveniva dagli altri che, talvolta inconsapevoli, si stavano prendendo cura di noi. Non sto parlando dei medici, degli infermieri e di tutte quelle persone invisibili che stavano tirando avanti il paese, ma di quelli che, facendo cose forse mai fatte prima, ci strappavano un sorriso oppure una lacrima, pensando sempre che un giorno sarebbe andato tutto bene. 

A marzo ho cantato per l’ultima volta in pubblico con i miei due amici. 

Abbiamo ritrovato la nostra interiorità stando fra le mura di casa e il tempo per farci riscoprire ciò che avevamo nascosto. Allora ci siamo riscoperti coltivatori, giardinieri, falegnami, hobbisti, capaci di fare, costruire, creare piccole cose che in quel momento ci sono sembrate grandissime.

È stata la primavera in cui ho ritrovato la voglia di scrivere e di farlo con costanza.

Abbiamo imparato a vivere la nostra spiritualità in casa, seguendo le dirette in tv o suoi social. Non dimenticherò mai quell’immagine di Papa Francesco, un gigante davanti ad una piazza vuota in cui era confluito il mondo intero, e le parole tratte dalla sua Enciclica, che più avanti recita così: L’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro.”

Abbiamo scoperto di essere fragili e non onnipotenti, ma anche che siamo migliori di quanto pensavamo di essere, pur essendo troppo timidi per ammetterlo a noi stessi.

Questo il mio augurio per il prossimo anno: che possiamo prendere consapevolezza che siamo migliori di quanto vogliamo far vedere.

È vero, ci portiamo dietro ferite, lutti e tutte le altre difficoltà incontrate in questo 2020.

Ci sentiamo rotti come un paio di scarponi che abbiamo cercato di riparare in tutti i modi, perché il desiderio è quello di non fermarci, ma di continuare il cammino, proseguendo oltre quel 31 dicembre che ci immette nel 2021.

sabato 26 dicembre 2020

Fuori soffia il vento. Allora si va in diretta, nel vento!

Natale è passato. 
Oggi giornata di "riposo". 
Fuori fa fresco e tira vento.
Cosa fare in una giornata rossa di calendario e per decreto?

Ma è semplice:

Si va in diretta, In diretta nel vento!


I Pooh mi perdoneranno? 
😬

martedì 22 dicembre 2020

Quest'anno, i miei auguri...

Natale è alle porte.

Natale è quel periodo in cui si concentra tutto quello che di buono può uscire dalle persone. Siamo tutti più buoni, più gentili, più comprensivi, più altruisti, più disposti verso l’altro, più…, più…, più…

Natale è periodo di scambio di auguri.

Questo vale per molti, perché la straordinarietà di questa festa è che viene festeggiata anche da chi non crede in quel Bambino nato in una mangiatoia.

Quest’anno, però, è difficile anche scambiarci gli auguri, perché abbiamo bene in mente quello che sta accadendo da molti mesi a questa parte. Sarà un Natale diverso da sempre, speriamo l’unico, dove non potremo fare tutto quello che non puoi fare mai, come canta una canzone dal sapore natalizio e, mai come quest'anno, il regalo più bello che potremmo desiderare sarà la vita, The greatest gift they'll get this year is life, come dicono le parole di un’altra canzone.

Per molti sarà un N.A.D, un Natale A Distanza.

Negli ultimi mesi abbiamo imparato nuove parole e nuovi acronimi, ma abbiamo scoperto anche nuove paure, che per un po’ ci hanno uniti. Poi, venute meno in tutto o in parte, siamo tornati quelli di prima, in tutto o in parte.

Forse, però, qualcosa ci è rimasto.

Allora, quest’anno, desidero farvi i miei auguri con una poesia di Kahlil Gibran.

L’altro


Il tuo prossimo
è lo sconosciuto che è in te, reso visibile.
Il suo volto si riflette
nelle acque tranquille,
e in quelle acque, se osservi bene,
scorgerai il tuo stesso volto.
Se tenderai l'orecchio nella notte,
è lui che sentirai parlare,
e le sue parole saranno i battiti
del tuo stesso cuore.
Non sei tu solo ad essere te stesso.
Sei presente nelle azioni degli altri uomini,
e questi, senza saperlo,
sono con te in ognuno dei tuoi giorni.
Non precipiteranno
se tu non precipiterai con loro,
e non si rialzeranno se tu non ti rialzerai.

 

Buon Natale. 

domenica 20 dicembre 2020

Se ogni giorno fosse come Natale

Fra la canzoni natalizie, questa è una delle mie preferite. 

Perché la voce di Elvis è meravigliosa. 

Perché quando la canto mi piace proprio cantarla. 

Perché parla di un sogno troppo bello (per avverarsi). 

Perché parla di un sorriso di un bambino, 

che vale molto più di ogni altra cosa.


martedì 15 dicembre 2020

Wow, che sorpresa!

Primo classificato? Wow, che sorpresa!

Questo è stato il primo pensiero quando ho letto l'esito di un contest al quale avevo partecipato con un racconto.

Un racconto, Il riflesso della luna, che avevo scritto tempo fa e che avevo revisionato per l'occasione. 

Sono quelle piccole gioie che spronano ad andare avanti, mettono di buonumore e donano alla giornata un'aria di lietezza.

Clicca qui sotto e... buona lettura!


Lo Stato Brado - Contest "Il filo rosso"


domenica 13 dicembre 2020

Ma i sogni no

Anche Paolo Rossi è morto.

Sì, anche, perché in questo 2020 tante persone se ne sono andate, come sempre, più di sempre.

Covid o non Covid, ci hanno lasciato anche coloro che, in qualche modo, ci hanno fatto emozionare, sognare, gioire. Basti pensare, solo negli ultimi tempi, a Gigi Proietti, Stefano D’Orazio, Diego Armando Maradona, e adesso Paolo Rossi.

Ero da solo in macchina, stavo andando a lavorare (sono fra quei fortunati che ha potuto continuare a farlo) quando ho sentito alla radio la notizia.

“Noooo, ma nooo!” Queste sono state le parole che ho detto, pronunciate fino a quando la commozione mi ha impedito di parlare.

In fondo non lo conoscevo, l’ho visto di sfuggita lo scorso anno sul treno che da Milano mi riportava a casa, un paio di mesi prima che l’Italia chiudesse per coronavirus. Eppure la notizia mi ha fatto commuovere.

Quando Paolo Rossi divenne Pablito io avevo diciassette anni.

Mi aspettava un’estate da trascorrere sopra un libro per riparare una materia e i suoi gol al mondiale me la resero più leggera. Non mi rendevo conto di quanto fosse importante quella gioia collettiva in quella stagione, solo dopo lo avrei capito.

Dopo la finale vinta contro la Germania, come gran parte degli italiani, fui preso da una gioia incontenibile, e mi precipitai in strada aspettando i cortei delle macchine con le bandiere, per esultare con qualche sconosciuto assalito dalla stessa contentezza. Ricordo la voglia di poter parlare di questo con il Borzo, il Giuba, il Maso, Luca e gli altri compagni di classe dai quali, però, mi separavano quasi due mesi.

In quella estate, giocando a calcio sopra le mattonelle roventi di una pista da pattinaggio, se segnavi un gol di rapina si diceva di aver fatto un gol come Paolorossi, tutt’attaccato.

Le persone entrano a far parte della nostra vita, conosciute o meno conosciute, a volte anche per una sola emozione, un solo ricordo che ci regalano. E quando le abbiamo dentro restano con noi, sempre.

Non muoiono mai, proprio come i sogni.

 

 

giovedì 3 dicembre 2020

Pensieri da confinamento - La piazza

Ti guardi indietro, in questo anno, e ti rendi conto che una volta c'erano gli abbracci, le strette di mano, le carezze, i baci, gli incontri con gli amici, le feste di compleanno, le passeggiate tra la gente, i viaggi, la spensieratezza, la serenità... 

Oggi è tutto avvolto da un manto di tristezza. Senti le notizie, senti di persone che non ci sono più, senti di ospedali pieni con personale in affanno, senti di malati, di lavoro che svanisce...

Ti accorgi di ciò che in questo momento non c'è più.

Il Natale si avvicina, ed il Natale è un momento di speranza.

Mi sono tornati in mente alcuni versi che scrissi una decina di anni fa.

La piazza

L’ultima foglia è ormai caduta.

Per aria ha volteggiato

più e più volte,

adesso giace sul selciato.

La piazza è vuota.

In piedi, un po’ in disparte,

la guardi e non ci credi.

Nessuno.

Pensi, indugi, ti giri, te ne vai.

Ma il pensiero torna là.

Discorsi, discussioni,

grida, silenzi,

allegria, incomprensioni.

Immagini che tornano,

suoni che echeggiano.

Ti volti e guardi: nessuno.

Ascolti attentamente

dentro la tua mente.

Ecco, sono lì le voci!

E quel rumore,

un ritmo cadenzato

dettato dal tuo cuore,

riprende.

Il succedersi dei passi.

C’è gente nella piazza.