Una sveglia alle 2.55 e una alle 2.58, non si sa mai.
E’ cominciata così la giornata di ieri, un risveglio che era
quasi una buona notte, per mettersi in viaggio verso Roma insieme ad un gruppo
di cresimandi e ai lori genitori, per partecipare alla Santa Messa celebrata da Papa Francesco in occasione della Giornata dei Cresimandi e
dei Cresimati.
Un viaggio organizzato in tutta fretta, con l’angoscia
prima di non avere partecipanti e, successivamente, di non trovare il pullman.
Ma ce l’abbiamo fatta e la comitiva si è mossa puntuale alle 4.00 del mattino.
Partiti con la pioggia, siamo arrivati a Roma dove ad
attenderci c’era un clima quasi estivo. Subito ci siamo spogliati e, in fila
tra la folla che aumentava di minuto in minuto, siamo entrati in Piazza San
Pietro e ci siamo appostati una ventina di metri dietro l’obelisco, leggermente
spostati sulla sinistra guardando la facciata della Basilica.
Insomma eravamo
lontani lontani, quasi in fondo, ma confidavamo nei maxi schermi.
I ragazzi erano arzilli come sempre, pronti con la loro
macchina fotografica in attesa che la papa mobile facesse il suo ingresso. I
genitori, dopo un po’, hanno cominciato a dare segni di stanchezza a causa
della gran folla e del gran caldo. Cappelli e ombrelli aperti sembrano quasi
inutili. Un neo: l’audio era pessimo e abbiamo sentito poco o niente. Peccato
davvero.
Il Santo Padre ha celebrato la Messa, ha parlato con la semplicità
che lo contraddistingue e poi è partito per fare il suo giro tra la folla. E lì
si è sentito quasi un boato, la gente ha iniziato ad avvicinarsi alle
transenne, pronta a sporgersi per un tocco di mano, o una foto in acrobazia,
per una carezza, un bacio, una benedizione. Il Papa non si è sottratto e più
volte si è soffermato per poi ripartire. Un giro che non finiva mai. Poi è
arrivato anche dalle nostre parti. Alcuni miei bambini erano contentissimi per
averlo visto da vicino, come non avrebbero mai immaginato, e per essere stati
capaci di fare foto veramente incredibili, da pochi metri. Era tutto un agitar
di mani, istintivo, un saluto che veniva dritto dal cuore, un’emozione, un
brivido, un attimo di commozione, la sensazione di vivere qualcosa sicuramente
unico, forse irripetibile. Ero veramente felice, soprattutto per i ragazzi e
per i loro genitori. Li guardavo, sorridenti, quasi increduli, a pochi metri
dal Papa, visto solamente in televisione, una persona che sembrava così lontana
e che invece, adesso, era lì a pochi metri. Tutti noi potevamo sentire la sua
voce e vedere l’espressione del suo volto, il suo sorriso.
Era impressionante la folla. Settantamila? Centomila?
Tantissime persone, non ne avevo mai viste così tante tutte insieme.
L’uscita dalla piazza è stata lentissima, un passetto dietro
l’altro. Dopo essersi ricompattati, abbiamo deciso di comune accordo di
rinunciare al secondo evento della giornata, in Aula Paolo IV. Troppa gente
rispetto a quella che poteva entrare, il rischio era quello di mettersi in
coda, e tutti stavano andando verso l’Aula, e rimanere fuori ugualmente. Così
ci siamo diretti verso Castel Sant’Angelo, dove abbiamo sostato per mangiare e
rifocillarci prima del rientro, senza rinunciare, in tutta calma, ad un caffè o un
souvenir.
E’ stato bello parlare con i ragazzi e con i loro genitori,
perché di solito non c’è mai occasione per conoscerci un po’ di più, è stato
bello familiarizzare l’un con l’altro, ascoltare le loro storie.
Alla fine della giornata, stanchi, sulla via del ritorno,
sembravamo un’altra comitiva rispetto a quella che era partita. Una giornata
insieme ci aveva reso molto vicini ed affiatati. Con alcuni sembrava di
conoscersi da sempre.
Quando siamo entrati in paese, sono andato al microfono per
salutare. Ne è venuto fuori un discorsetto improvvisato con il quale ho ringraziato
tutti, a nome mio e delle altre due catechiste, per aver partecipato e per aver
reso speciale una giornata di per sé speciale, consapevoli, prima di tornare
alla quotidianità del nostro mondo, di avere una piccola ricchezza in più nei
nostri cuori.