venerdì 10 settembre 2010

Quattro passi... con Ben - Prima puntata

Era il 2003 quando iniziai a scrivere Quattro Passi.
Dopo una premessacominciai così.


“Benassai Roberto!”
“Presente!” risposi.
Iniziò così la mia esperienza scolastica in un lontano primo di ottobre di non so più quale anno. Dovrei domandare a mia madre, lei sicuramente se lo ricorda con esattezza, perché ha una memoria quasi infallibile per gli appuntamenti importanti dei figli: scuola, lavoro, matrimoni, compleanni e tutto ciò che circola intorno alle ricorrenze. Si ricorda persino di come ci vestiva e quali scarpe portavamo a sette anni io e mio fratello Mauro.
Mi ricordo vagamente di quel giorno, così importante per tutti quanti i ragazzi; di anni ne sono passati circa trenta, però ho ancora scolpiti nella testa i primi passi fatti all’interno della classe e le emozioni che provavo, che in quel momento non avevano nessun valore. Non mi rendevo ben conto, ma pensandoci, qualche anno dopo, ho capito che erano emozioni dettate dalla curiosità e dal timore di cominciare a fare qualcosa di importante: fino ad allora la mia breve vita era stata vissuta alla scuola materna, in un mondo fatto di giochi. Adesso si cominciava a fare sul serio e bisognava farlo bene.
Mi guardavo intorno per vedere se c’erano bambini che conoscevo e per scrutare le facce nuove. Non ero attratto dalla maestra, non mi interessava più di tanto: lei era un punto fisso e non si poteva scegliere. Invece il compagno di banco era fondamentale. Volevo averne uno che conoscevo e fra tutte quelle bocche spalancate che piangevano (mi domandavo perché in tanti piangessero) riconobbi Riccardo, con il quale ero stato anche alla scuola materna. Era un bambino magro, alto e biondo, cioè l’esatto mio contrario: grassottello, piccolo e con i capelli castani.
C’erano anche altri ragazzini con i quali avevamo condiviso il tempo dell’asilo (così lo chiamavamo, scuola materna era troppo lungo da dire), ma con Riccardo c’era un feeling particolare, che sarebbe durato fino alla Ragioneria.
Ci salutammo e decidemmo di essere compagni di banco.

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