venerdì 17 settembre 2010

Quattro passi... con Ben - Terza puntata

Eravamo una classe numerosa, circa venticinque alunni, più femmine che maschi.
Per tante che fossero le ragazze, una sola attirava l’attenzione di noi ragazzi: il suo nome era Elena, ed io, Riccardo, Fabrizio, Andrea ed alcuni altri non vedevamo l’ora di crescere per fidanzarsi con lei. Soltanto Gianpiero non si sbilanciava mai; diceva che a lui piaceva un’altra, ma non abbiamo mai saputo chi fosse.
A proposito di Gianpiero, mi ricordo che un giorno, quando eravamo in terza, ebbi con lui una violenta lite che per poco non costava cara ad entrambi. Stavamo lavorando con il traforo quando lui ebbe la sciagurata idea di tirarmi un seghetto in un occhio. Sentii dolore e non ci vidi più, ma non a causa del seghetto: ero arrabbiatissimo e reagii colpendolo con un gancio destro che colpi il suo occhio sinistro. Così iniziammo a colpirci reciprocamente e nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di me, perché lui era molto alto ed io molto piccolo, ma sorprendentemente ebbi la meglio, mentre la supplente cercava invano di bloccarci (eravamo bambini, ma molto tosti). La lite finì e, ahimè, cominciarono i dolori per noi due. Infatti la supplente ci portò dritti dritti dall’insegnante che era anche la direttrice della scuola, la Signora Melani. Lei non era un’insegnante qualsiasi, non era una maestra severa come tante altre. No, lei era semplicemente il terrore in persona! Ci faceva paura solo a vederla, figuriamoci a sentirla gridare! Le sua urla e i suoi rimproveri risuonarono alti in tutta la scuola. Tutti seppero della nostra lite e la vergogna, mia e di Gianpiero, era così tanta che iniziammo a piangere tutti e due.
Dopo molti minuti di ramanzina la Melani tacque. Mi domandai che cosa sarebbe successo a quel punto: forse ci avrebbe fatto sospendere, forse ci avrebbe punito con molti compiti. Ci guardò intensamente nel silenzio più assoluto. Io e Gianpiero stavamo a testa bassa, senza il coraggio di guardarla negli occhi, con la paura di chi non sa cosa sta per accadere. Persi la cognizione del tempo, chissà quanti minuti passarono. Poi ad un tratto la Melani disse: “Io ho finito, adesso sta a voi dimostrare di essere uomini; datevi la mano e fate pace.”
Sorpresi da questo gesto tanto generoso quanto inatteso, facemmo immediatamente quello che ci aveva detto e il nostro cuore ricominciò a battere regolarmente. Era andata bene.
Da quel giorno ottenni più rispetto da parte di quei ragazzi che non credevano fossi capace di difendermi anche con quelli più grossi di me. Con Gianpiero non ci furono più problemi e molte volte ci ritrovammo a studiare insieme l’uno a casa dell’altro.

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