martedì 28 settembre 2010

Quatro passi... con Ben - Sesta puntata

L’inizio delle scuole medie rappresentò un grande cambiamento: la scuola era in città, gli insegnanti erano tanti e le materie da studiare si erano moltiplicate.
Ritrovai, in classe con me, molti dei compagni delle elementari, fra i quali Riccardo, Andrea, Elena e un’altra decina.
Tutti nuovi, invece, erano gli insegnanti. Non li conoscevamo, né avevamo sentito parlare di loro.
Io e Riccardo eravamo ancora compagni di banco, eravamo inseparabili a scuola, ma fuori non più. Infatti lui aveva cambiato casa. Adesso abitava più lontano ed era più difficile vedersi, perché era troppo distante per andarci a piedi e i miei genitori non volevano che ci andassi in bicicletta perché era pericoloso.
La nostra amicizia in quegli anni perse un po’ di smalto. Infatti lui conobbe nuovi amici al nuovo paese e cominciò a frequentarli, lasciando in disparte i vecchi compagni. Io mi trovai spiazzato e non riuscivo a fare nuove amicizie.
All’interno della classe ero ancora il più bravo di tutti. Cominciai a sviluppare un carattere da leader, come dicevano gli insegnanti; divenni un trascinatore, molti si fidavano di quello che dicevo e che facevo; la mia parola aveva un peso nelle decisioni da prendere e anche molti professori mi rispettavano. Questo a lungo andare pesò negativamente nei miei confronti, perché per molti ragazzi ero il secchione della classe e cominciarono a provare una certa antipatia nei miei confronti. Gli altri, ai quali continuavo a restare simpatico, avevano talmente tanta fiducia che finirono per fregarsene di tutto. Così, quando dovevamo decidere qualcosa, loro chiacchieravano e ridevano tutti insieme, ed io rimanevo a fronteggiare la parte avversa. Insomma, niente male per essere un… leader.
Mi ritrovai solo. Anche Elena crescendo non dimostrava più molto interesse verso di me. Ormai guardava solamente i ragazzi più grandi, con i quali io e gli altri della classe, non potevamo competere. In fondo era una cosa normale, le ragazze maturano prima dei ragazzi, ma questo lo avrei capito negli anni successivi.

Ben... oltre non c'è più

Window live mi ha sfrattato!
In sostanza Window Live ha decretato che i blog di quella piattaforma devono migrare su wordpress entro marzo 2011, ma che è meglio farlo prima, perché arrivati a quella data il blog verrebbe cancellato automaticamente.
Proprio alcuni giorni fa avevo deciso, annunciandolo su Ben... oltre, di continuare a tenere solo "Il Rifugio", ma non volevo perdere l'esperienza quasi triennale di quel blog, perché c'ero e ci sono attaccato, come tutto ciò che dà inizio ad una nuova esperienza e lo avrei alimentato attraverso i link, per permettere agli affezionati di quel blog di poter continuare a leggere i miei post.
Ho provato a salvare il contenuto e adesso sto migrando, ma è come se avessi perso qualcosa di caro.
L'indirizzo http://robertobenassai.spaces.live.com/, con cui ho aperto le danze, non esiste più e il nuovo indirizzo, una volta completata la migrazione (e sono proprio curioso di vedere cosa verrà riportato del vecchio blog), sarà il seguente:

sabato 25 settembre 2010

Quattro passi... con Ben - Quinta puntata

Di quell’anno ricordo molto bene la prima gita della mia vita.
Era una bella mattina di maggio e la meta del nostro viaggio era Firenze. Ci ritrovammo presto davanti alla scuola dove ci stava aspettando un grande pullman. La maestra fece l’appello e poi salimmo. Io mi accomodai al centro, mentre molti corsero per prendere i posti in fondo. Con mia sorpresa Elena si sedette accanto a me, mollando le sue amiche inseparabili, fatto, questo, che attirò su di me l’invidia dei miei compagni. Cercai di capitalizzare al massimo quella inaspettata fortuna.
Il viaggio da Pistoia a Firenze fu breve. In circa quarantacinque minuti eravamo già davanti al Duomo. Lì la maestra ci mise in colonna, due a due, io ancora con Elena, ed iniziammo la visita.
Era tutto bellissimo ed io, dalla contentezza, viaggiavo come se fossi staccato da terra.
Dopo aver visitato il Duomo, andammo al Museo Archeologico e, infine, al Piazzale Michelangelo. Il panorama da lassù era stupendo: Firenze era ai nostri piedi e quella visione ci fece restare a bocca aperta.
Noi, ragazzi di campagna, non avevamo mai visto niente del genere. Per molti di noi, me compreso, quella gita rappresentò la prima volta fuori dalla nostra città.
A mezzogiorno eravamo di nuovo a Pistoia. Riprendemmo la strada di casa consapevoli di avere visto bellezze che il giorno prima non potevamo nemmeno immaginare.
Quella gita mi segnò in modo particolare. Molte volte chiesi ai miei genitori di portarmi di nuovo a visitare quella città e ciò avvenne molti anni dopo. Non avevamo l’automobile a quei tempi, per cui iniziammo un viaggio lunghissimo con l’autobus: da Pistoia a Prato e poi da Prato a Firenze. Finalmente arrivammo e quel giorno ci fu il definitivo innamoramento per quella città.
Il giorno della gita di quinta era il 6 maggio 1976. Me lo ricordo ancora perché legai quella data ad un altro fatto importante di quel tempo: il terremoto che colpì il Friuli.
Con il senno di poi, posso dire che in quel giorno confluirono su di me due strane coincidenze: la prima era Firenze, che avrebbe avuto un peso importante nel mio futuro, perché lì finii i miei studi e lì conobbi la ragazza che sarebbe diventata mia moglie. La seconda era il Friuli, di cui la mia dolce metà è originaria, da parte di padre.
In un certo senso, durante quel giorno, venne scritta una parte del mio futuro, ma allora chi lo avrebbe immaginato?

mercoledì 22 settembre 2010

Quattro passi... con Ben - Quarta puntata

Elena era una ragazza molto carina, alta, con i capelli neri a caschetto, con un carattere chiuso. Era molto amica di Cristina e di Maria Grazia e la loro costante presenza rendeva difficile avvicinarla. Per farlo, bisognava allontanare le altre due, tanto le stavano appiccicate. Allora, assieme a Riccardo ed Andrea, che era cugino di Maria Grazia, studiammo la mossa vincente: fare i compiti a casa di qualcuno di noi, tutti e sei insieme.
L’occasione non tardò ad arrivare, perché la maestra dette da fare una ricerca a gruppi e noi facemmo i salti mortali affinché il nostro piano andasse in porto.
La missione ebbe successo e ci ritrovammo tutti quanti a casa di Elena a fare la ricerca. Il motivo era semplice: lei aveva un’enciclopedia. Facemmo un lavoro eccezionale, risultò il migliore della classe e da quel momento ci ritrovammo molte altre volte per studiare, non necessariamente tutti quanti insieme.
Un giorno, infatti, andai solo io da Elena. Per me era come vivere un sogno, anche se molti centimetri di altezza ci dividevano. Non che avessi dei complessi, ma la realtà era lì, visibile e crudelmente vera.
Facemmo i compiti e poi andammo a mangiare un panino passeggiando per le stradine dei campi che si trovavano dietro la sua casa. Eravamo dei bambini, dieci o undici anni, non di più, eppure mi sentivo molto grande e credo che anche lei provasse quella sensazione. Passeggiammo per molto tempo, fino a quando sua madre ci chiamò una, due volte, per farci tornare in casa. Parlammo della scuola, io dei miei amici e lei delle sue amiche, della festa di Carnevale, dei burattini, tutti argomenti che a quell’età ci sembravano importanti.
Ascoltavo ogni sua parola con la massima attenzione, con lo sguardo rivolto verso il basso, e così vedevo i miei piedi che andavano avanti, una volta uno, una volta l’altro. Non perdevo una virgola di ciò che diceva. Poi, quando era il mio turno, lei smetteva di mangiare, restando con il braccio alzato, con quel panino che fluttuava all’altezza delle spalle, e girando la testa per seguirmi con lo sguardo.
Il tempo volò via velocemente quel pomeriggio. Da quel momento in poi la nostra amicizia si rafforzò. Con lei restammo compagni di scuola fino alla prima Ragioneria.
Elena fu la prima amica di una lunga serie. Non voglio dire che io sia un playboy, tutt’altro, con le ragazze sono sempre stato molto timido ed impacciato, quando si trattava di conquistarle. Però ho sempre avuto più amicizie femminili che maschili e di questo non so spiegarmi il motivo nemmeno oggi.

lunedì 20 settembre 2010

La domanda sorge spontanea

Scorrendo la lista dei libri letti e inseriti ne "Le pagelle", mi sono accorto che alcuni appartengono a persone che ho conosciuto.
E allora mi sono domandato: la loro conoscenza può influenzare il mio parere sui loro libri?

sabato 18 settembre 2010

Un nuovo libro in... pagella

Ne "Le pagelle" è il turno di un altro libro:
 L'Ara del Marmo di Ines Desideri.

venerdì 17 settembre 2010

Quattro passi... con Ben - Terza puntata

Eravamo una classe numerosa, circa venticinque alunni, più femmine che maschi.
Per tante che fossero le ragazze, una sola attirava l’attenzione di noi ragazzi: il suo nome era Elena, ed io, Riccardo, Fabrizio, Andrea ed alcuni altri non vedevamo l’ora di crescere per fidanzarsi con lei. Soltanto Gianpiero non si sbilanciava mai; diceva che a lui piaceva un’altra, ma non abbiamo mai saputo chi fosse.
A proposito di Gianpiero, mi ricordo che un giorno, quando eravamo in terza, ebbi con lui una violenta lite che per poco non costava cara ad entrambi. Stavamo lavorando con il traforo quando lui ebbe la sciagurata idea di tirarmi un seghetto in un occhio. Sentii dolore e non ci vidi più, ma non a causa del seghetto: ero arrabbiatissimo e reagii colpendolo con un gancio destro che colpi il suo occhio sinistro. Così iniziammo a colpirci reciprocamente e nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di me, perché lui era molto alto ed io molto piccolo, ma sorprendentemente ebbi la meglio, mentre la supplente cercava invano di bloccarci (eravamo bambini, ma molto tosti). La lite finì e, ahimè, cominciarono i dolori per noi due. Infatti la supplente ci portò dritti dritti dall’insegnante che era anche la direttrice della scuola, la Signora Melani. Lei non era un’insegnante qualsiasi, non era una maestra severa come tante altre. No, lei era semplicemente il terrore in persona! Ci faceva paura solo a vederla, figuriamoci a sentirla gridare! Le sua urla e i suoi rimproveri risuonarono alti in tutta la scuola. Tutti seppero della nostra lite e la vergogna, mia e di Gianpiero, era così tanta che iniziammo a piangere tutti e due.
Dopo molti minuti di ramanzina la Melani tacque. Mi domandai che cosa sarebbe successo a quel punto: forse ci avrebbe fatto sospendere, forse ci avrebbe punito con molti compiti. Ci guardò intensamente nel silenzio più assoluto. Io e Gianpiero stavamo a testa bassa, senza il coraggio di guardarla negli occhi, con la paura di chi non sa cosa sta per accadere. Persi la cognizione del tempo, chissà quanti minuti passarono. Poi ad un tratto la Melani disse: “Io ho finito, adesso sta a voi dimostrare di essere uomini; datevi la mano e fate pace.”
Sorpresi da questo gesto tanto generoso quanto inatteso, facemmo immediatamente quello che ci aveva detto e il nostro cuore ricominciò a battere regolarmente. Era andata bene.
Da quel giorno ottenni più rispetto da parte di quei ragazzi che non credevano fossi capace di difendermi anche con quelli più grossi di me. Con Gianpiero non ci furono più problemi e molte volte ci ritrovammo a studiare insieme l’uno a casa dell’altro.

mercoledì 15 settembre 2010

lunedì 13 settembre 2010

Quattro passi... con Ben - Seconda puntata

Io ero molto bravo ed anche Riccardo era molto sveglio, anche se ogni tanto approfittava della mia bravura per… attingere. Formavamo una bella coppia e spesso riuscivamo a fare i compiti a scuola, in modo da avere più tempo nel pomeriggio per giocare a pallone al campino. A calcio lui era un vero e proprio asso, io un po’ meno, ma me la cavavo. Inventavamo dei veri e propri tornei, con tanto di nomi assegnati alle squadre: Nespolo, Chiodo, Bollacchione, e così via; per ogni giocatore avevamo perfino fatto le tessere di appartenenza al Club. Che organizzazione ragazzi!
Alla fine della quarta ci fu un vero e proprio scossone. In quegli anni c’eravamo affezionati tutti quanti alla nostra insegnante: era brava, buona, calma, mai un rimprovero fuori posto o un urlo di troppo per richiamarci al dovere. Era quanto di meglio si potesse desiderare.
L’ultimo giorno di scuola, però, ci disse che, per motivi familiari aveva chiesto il trasferimento a Pescia e che ci avrebbe lasciati.
La notizia ci lasciò di sasso; eravamo attoniti, storditi, ammutoliti. Furono attimi di intenso silenzio. Mi ricordo che nessuno ebbe il coraggio o la forza di muoversi o dire qualcosa, finché fummo risvegliati bruscamente dal pianto di Anna, una bambina molto sensibile e dalla lacrima facile. Di colpo quasi tutta la classe si mosse contemporaneamente, uscendo dal proprio banco per andare ad avvolgere la maestra Carla nel più caldo degli abbracci. Forse nemmeno lei aveva immaginato che le volessimo tanto bene, così si commosse.
La situazione stava diventando pesante, c’era troppa commozione nell’aria. Ci voleva un cambiamento di rotta perché in fondo era l’ultimo giorno di scuola e bisognava pur essere contenti. L’estate era alle porte e le vacanze ci attendevano, non si poteva solo piangere. Allora, per rompere quella scena da libro Cuore, gridai: “Viva la maestra Carla!”
Altri ragazzi seguirono il mio esempio, la commozione si trasformò in sorriso e cominciammo a saltare con le braccia alzate, finché la campanella, l’ultima di quell’anno, suonò.
All’inizio della quinta avevamo una nuova insegnate, la Signora Fedi, una donna molto alta, bionda, con una vocina piccola e stridente, ma che quando urlava si faceva intendere a meraviglia. Non ci fece una grande impressione e non ci legammo a lei.
Ci incuteva timore, forse più per il suo aspetto fisico che per la sua severità. Era burbera, scontrosa, sempre con la faccia triste: “Hai visto? Ha il muso lungo anche stamattina” era il nostro commento. Abbiamo sempre pensato che quel suo caratteraccio dipendesse dal fatto che era sola, senza un fidanzato, un marito; una “zitellaccia”, pensavamo noi, parola che ci sembrava perfetta per lei, poiché riassumeva in sé lo stato civile e il carattere di una persona.
Quell’anno facemmo molta attività teatrale. Io e Riccardo eravamo molto bravi a scrivere il copione delle recite e degli spettacoli dei burattini. Avevamo fantasia, inventavamo storie e dialoghi che erano molto apprezzati da tutte le insegnanti che li leggevano. Il riconoscimento per questa nostra bravura era quello di essere i protagonisti principali dello spettacolo, quando questo veniva messo in scena.
Fu molto bello quello che facemmo per la festa di Carnevale. C’erano tutte le classi riunite nel salone della scuola, tutti i ragazzi stavano seduti come al cinema, e noi, in cima, stavamo su un palco approntato alla meno peggio, senza quinte, o per meglio dire, senza niente.
La nostra era una classica storia di quelle che ci raccontavano i nonni: il principe, la principessa, il cattivo, l’eroe che salva tutti, … e vissero felici e contenti. Ma la cosa che mi rendeva orgoglioso, oltre ad averla scritta per la maggior parte, era l’aver interpretato l’eroe che salvava tutti.
Alla fine dello spettacolo mi sentivo davvero un eroe dalla contentezza.
“Bravo, sei stato bravissimo!” gridava la Fedi per farsi sentire mentre mi veniva incontro. Appena fu vicina, mi abbracciò e mi dette un bacino sulla guancia. “Diamine” pensai. “Vuoi vedere che ha trovato il fidanzato?”
A questo mio pensiero non ricevetti mai una risposta.

domenica 12 settembre 2010

Settembre in... musica

Settembre ha ispirato vari artisti musicali, forse perché è un mese particolare, crocevia fra l'estate, da sempre sinonino di gioia, energia, vitalità, allegria, divertimento e svago, e l'autunno, che invece vede il ritiro nelle case, in sintonia con una stagione dai toni più pacati.
A volte porta via con sè quell'allegria, a volte sta a significare un cambiamento. E non solo stagionale.

venerdì 10 settembre 2010

Quattro passi... con Ben - Prima puntata

Era il 2003 quando iniziai a scrivere Quattro Passi.
Dopo una premessacominciai così.


“Benassai Roberto!”
“Presente!” risposi.
Iniziò così la mia esperienza scolastica in un lontano primo di ottobre di non so più quale anno. Dovrei domandare a mia madre, lei sicuramente se lo ricorda con esattezza, perché ha una memoria quasi infallibile per gli appuntamenti importanti dei figli: scuola, lavoro, matrimoni, compleanni e tutto ciò che circola intorno alle ricorrenze. Si ricorda persino di come ci vestiva e quali scarpe portavamo a sette anni io e mio fratello Mauro.
Mi ricordo vagamente di quel giorno, così importante per tutti quanti i ragazzi; di anni ne sono passati circa trenta, però ho ancora scolpiti nella testa i primi passi fatti all’interno della classe e le emozioni che provavo, che in quel momento non avevano nessun valore. Non mi rendevo ben conto, ma pensandoci, qualche anno dopo, ho capito che erano emozioni dettate dalla curiosità e dal timore di cominciare a fare qualcosa di importante: fino ad allora la mia breve vita era stata vissuta alla scuola materna, in un mondo fatto di giochi. Adesso si cominciava a fare sul serio e bisognava farlo bene.
Mi guardavo intorno per vedere se c’erano bambini che conoscevo e per scrutare le facce nuove. Non ero attratto dalla maestra, non mi interessava più di tanto: lei era un punto fisso e non si poteva scegliere. Invece il compagno di banco era fondamentale. Volevo averne uno che conoscevo e fra tutte quelle bocche spalancate che piangevano (mi domandavo perché in tanti piangessero) riconobbi Riccardo, con il quale ero stato anche alla scuola materna. Era un bambino magro, alto e biondo, cioè l’esatto mio contrario: grassottello, piccolo e con i capelli castani.
C’erano anche altri ragazzini con i quali avevamo condiviso il tempo dell’asilo (così lo chiamavamo, scuola materna era troppo lungo da dire), ma con Riccardo c’era un feeling particolare, che sarebbe durato fino alla Ragioneria.
Ci salutammo e decidemmo di essere compagni di banco.

giovedì 9 settembre 2010

Dedicato...

A tutte le persone che arricchiscono la mia vita

Dunque, dove eravamo rimasti?

Ah, sì, ora ricordo!
A luglio vi salutai augurandovi buone vacanze e annunciando alcune novità che mi ronzavano per la testa.
La prima riguardava il look del blog e, in parte, qualcosa è cambiato, anche se accetto sempre volentieri suggerimenti per apportare migliorie, come Ben sapete.
Alla seconda novità invece sto lavorando e potrei cominciare nel breve volgere di pochi giorni o addirittura di poche ore. Si tratterà di adattare al web qualcosa che ho scritto in passato, inserendolo a... puntate.


Avete capito?

sabato 4 settembre 2010

... che sogna e NON SI ARRENDE MAI!

...
anche in fondo agli ospedali
nella nuova malattia
c'è una forza che ti guarda
e che riconoscerai
è la forza più testarda che c'è in noi
che sogna e non si arrende mai.
...
La forza è dentro di noi
amore mio prima o poi la sentirai
la forza della vita
che ti trascinerà con sé
che sussurra intenerita:
"guarda ancora quanta vita c'è!"

Bomboloniii!

Come sapete sono sempre alla ricerca di cose nuove, di esperienze, lecite, che possano arricchire le mie conoscenze. In queste serate di fine estate mi sto dedicando ad una attività "bombo-gastronomica":



Il Ben che non ti aspetti: non solo lettura e scrittura.