I giorni della gita arrivarono e per me e pochi altri furono due giorni di noia, a scuola in tre ad aspettare che suonasse la campanella per andare a casa.
Ebbi modo di conoscere meglio un ragazzo, il Moro, che non avvicinavo mai perché aveva l’aspetto di un mezzo delinquente. Aveva un sacco di problemi: a scuola non andava per niente bene, era ripetente e, secondo quello che si diceva in classe, aveva anche molti e gravi problemi in famiglia. Sembrava sempre addormentato, puzzava continuamente di fumo e credo che ogni tanto si facesse qualche spinello, per dimenticare tutto il resto.
Mi fece un ritratto caratteriale che nemmeno io avrei saputo fare meglio.
Mi stimava e mi invidiava per i risultati che sapevo ottenere a scuola, nelle materie e, a suo dire, con le persone. “Pendono tutti dalle tue labbra” disse. “Ma come fai?”
“Questa è bella! Veramente non credo di far niente. Dico quello che penso, niente di più, ma rispetto tutti e tutto ciò che pensano, anche se è diverso da come la vedo io.”
“Non è solo questo.”
“E cioè?”
“Tu riesci a mettere gli altri a loro agio. Con te si sentono sicuri. Tu sai mettere in risalto chi ti sta vicino!”
“Insomma, gli altri guadagnano dalla mia vicinanza, mentre nessuno vede me. È una bella consolazione!”
“È vero ti dico. Prendi Riccardo… la stessa Sabrina, quando sta con te è un’altra persona.”
“Non me ne parlare, ti prego.”
“D’accordo, come vuoi. Senti un po’, ma come fai tu a essere così bravo in tutte le materie?”
Gli spiegai il mio metodo di studio e lui disse che avrebbe provato a seguire i miei consigli.
Al rientro dalla gita ci furono i soliti momenti di intensa allegria quando, in pochi minuti, si raccontano tutte le cose avvenute.
“Mi sei mancato molto” mi disse Sabrina. “Avrei voluto che ci fossi anche tu.”
“Dispiace molto anche a me” le risposi. Ma non volli riaprire quella ferita, che in qualche modo volevo mettermi alle spalle più velocemente possibile, e così chiusi il discorso.
Per alcuni giorni fui intrattabile, costantemente arrabbiato e nervoso.
Fu proprio il Moro a farmi ritornare il sorriso.
Era giorno di interrogazione di storia. "Vengo io” si offrì lui.
Con molto stupore di tutta la classe, e della professoressa, si stava offrendo volontario.
“D’accordo, vieni tu” rispose la professoressa. L’occasione non bisognava farsela scappare!
Fece un’interrogazione magnifica, impeccabile.
“Vedi che quando vuoi e ti impegni riesci a fare qualcosa di buono?! Otto, puoi andare, e continua così!” lo liquidò la professoressa.
Tornando a posto, il Moro fece una deviazione e venne verso di me.
“Grazie” disse a voce alta. “Te lo avevo detto che con te gli altri fanno sempre un figurone!”
Gli sorrisi e gli detti il cinque con la mano; i compagni non capirono; mi tornò il buon umore.
Il Moro continuò a migliorarsi, e la sua rincorsa lo portò ad essere rimandato a settembre e, successivamente, ad essere promosso.
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