“Martina” le dissi un giorno scherzando. “Ti devo confessare una cosa.”
“Sono tutta orecchie” rispose.
Le presi la mano sinistra e le dissi: “Mi sono innamorato di te, lascia il tuo ragazzo e mettiamoci insieme. Vedrai staremo bene noi due. Andiamo d’accordo e abbiamo molte cose in comune, esclusa la discoteca. Che ne pensi? Non voglio che tu mi dia una risposta affrettata, posso aspettare anche… dieci minuti.”
Lei rispose: “Non potrei mai mettermi con un compagno di classe.”
“Lo so. Per questo vado a Firenze l’anno prossimo. E, alla prima forca che farò, verrò a trovarvi qui in classe e ti chiederò di metterti insieme a me. A quel punto non avrai scuse.”
Ci mettemmo a ridere tutti e due per alcuni secondi, poi, di nuovo seria, mi chiese:
“Roberto, sei proprio sicuro di voler andare là?”
“Per la verità non sono più tanto sicuro. È un salto nel buio. Qui mi trovo bene, lo sai. Però voglio andare avanti con la decisione che ho preso, poi il tempo dirà ciò che sarebbe stato meglio per me.”
“Mi mancherai” rispose lei. “Sei il compagno di banco ideale…”
“Per copiare!” la interruppi. “A luglio non ti ricorderai più di me.”
Mi spinse all’indietro con entrambe le mani, come a volermi dire che non sarebbe stato vero.
Purtroppo avevo ragione io. La rividi solamente molti anni dopo e non la sentii più per telefono.
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