domenica 9 gennaio 2011

Così, per caso

Quante cose avvengono per caso?
O così almeno sembra, perché solo dopo un po' di tempo viene fuori che... "per caso" non lo fosse affatto.
Nel recente passato ho spesso pensato a queste casualità, a scelte fatte che poi hanno assunto un significato a posteriori, facendo pensare che, invece, niente viene per caso, e che tutto sembra avere una logica, che a noi spesso sfugge.
Oggi, una frase letta casualmente sulla pagina di una agenda ormai passata, mentre stavo annotando alcuni titoli di canzoni, mi ha fatto ripensare a recenti avvenimenti riguardanti l'amicizia:

Abbi la tua piccola cerchia di amici, ma che questa cerchia non sia una prigione.
(R. Claude)

Così, per caso.

4 commenti:

  1. Caro Ben e cari amici del Rifugio,
    buongiorno e buon anno a tutti.
    Credo che tutto ciò che non abbiamo scelto, voluto, programmato avvenga "per caso": affermazione lapalissiana, lo so. :-)
    È soltanto a posteriori - come tu scrivi, Ben - che rivestiamo le tante casualità della nostra esistenza di significati che, inizialmente, credevamo inesistenti.
    Certo sorprende, a ben ragionarci, come talvolta "il caso" possa - se non trasformare radicalmente - aggiungere al nostro percorso più (anche molto di più) di quanto potessimo immaginare.
    Bella e pienamente condivisa la citazione di Claude: gli amici - quelli veri, quelli con cui possiamo essere noi stessi fino in fondo - non possono essere che pochi, una "piccola cerchia", dunque.
    Naturalmente non è positivo restringere le proprie esperienze (sociali e relazionali) alla piccola cerchia di amici: significherebbe sacrificare opportunità di ampliamento di orizzonti, di vedute, di scambi e di confronto molto preziose.
    Naturalmente nessuna amicizia è sana se ci dà la sensazione di esserne prigionieri. Neanche quando a noi sembra che ci stia bene esserne prigionieri.
    Un caro saluto

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  2. Ben tornata, Ines.
    Ma questo caso, che ha indirizzato il nostro percorso in una certa maniera, potrebbe non essere un caso?
    In una canzone, che ho tenuto sul lato destro del blog fino a pochi giorni fa, vengono cantate le seguenti parole:
    "...dove sei tu, che disegni il destino degli uomini..."
    Rielaborando "Quattro passi" per il blog, ho incontrato delle "casualità" che non mi sembrano più tali.
    E anche alcuni avvenimenti degli ultimi anni non mi sembrano più casuali, ma piuttosti disegnati, proprio come dice la canzone.

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  3. Noi esseri umani semplici esecutori di un progetto predefinito, dunque, caro Ben?
    Si tratterebbe di un lavoro di pura manovalanza, cui avremmo la presunzione di dare il nome di "scelte personali" o - anche a volerlo chamare "caso" - "casualità" cui attribuiamo significati che esistevano già, ma a cui giungiamo soltanto dopo, per via della nostra "incapacità" a coglierne il senso con immediatezza?
    Cosa dire? Vado in brodo di giuggiole con questi discorsi, forse lo sai e forse lo hai capito.
    ;-)
    Sarà perché ci teniamo ad avere un ruolo decisionale nel nostro tragitto terreno...
    Cosa pensi/pensate, al riguardo?

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  4. Noi abbiamo un ruolo decisionale, la nostra collaborazione è necessaria in qualsiasi disegno.
    La nostra libertà ci pone delle diverse alternative, che possiamo accettare o rifutare.
    Esempi:
    se io non avessi dato retta alla vocina che mi diceva di andare a scuola a Firenze, avrei conosciuto la ragazza che poi mi ha fatto conoscere quella che sarebbe diventata mia moglie?
    Andai a FI per fare il programmatore, ho finito per fare il ragioniere, come il titolo che avrei preso continuando ad andare a PT. La mia strada doveva passare di là?
    E se là non fossi finito accanto al ns. amico Josil, probabilmente non avrei avuto modo di continuare quella strada.
    Ma si potrebbe continuare, fino a decisioni più recenti che, alla luce di eventi particolari, si sono rivelate necessarie, anche se, quando furono prese, sembravano dettate solo dalla voglia di sapere qualcosa in più, un arricchimento personale.

    Per chi crede, nelle scritture c'è un esempio molto chiaro:
    Io sto alla porta e busso, se tu mi apri io entrerò, mangerò con te e tu con me.
    In quel "se" c'è tutta la nostra libertà di decidere, la collaborazione dell'uomo di cui parlavo prima.

    Divagato troppo?

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