Facemmo altre feste: da Andrea, da Riccardo, da Elena.
Già, da Elena: fu la festa più triste.
Lei aveva preparato tutto molto bene, in garage: musica, tramezzini, bibite, luci, c’erano persino i festoni attaccati da una parete all’altra. La musica iniziò e noi ragazzi volevamo ballare con le ragazze, solo che loro ormai non ci consideravano più, poiché si sentivano molto più grandi di noi. Ma allora perché ci avevano invitati? Probabilmente i genitori avevano voluto soltanto i ragazzi compagni classe. Cominciarono a ballare fra loro e noi lì, come dei fessi, a guardarle. Chiedemmo nuovamente di ballare, ma alcune ci chiamarono “piccoletti”, mentre Elena cercò di mediare. Ormai era guerra dichiarata e così iniziammo a chiamarle di tutti i colori, fino alle offese. Intervenne la mamma di Elena che, in quattro e quattr’otto, mandò tutti a casa.
Ho ancora il ricordo di Elena seduta sulla sedia con le lacrime agli occhi. La sua festa era terminata nel peggiore dei modi e noi maschi eravamo stati davvero stupidi. Era triste, quasi ciondolava su quella sedia. Mi avvicinai a lei, mentre me ne andavo. “Mi dispiace” dissi. Non seppi dirle altro. Lei non mi rispose. Si alzò e se ne andò in casa senza salutare. Non venne più alle nostre feste.
Nessun commento:
Posta un commento