Era anche il tempo delle partite di calcio al campino.
Avevamo scoperto un nuovo campo e lo avevamo attrezzato di tutto punto. Era all’interno di un vivaio, e il titolare, Lorenzo, era un uomo molto burbero. Ci aveva dichiarato guerra.
“Se vi trovo ancora qui, chiamo i carabinieri!” aveva urlato l’ultima volta che ci aveva sorpresi. Noi eravamo scappati a gambe levate, ma non ci aveva impauriti più di tanto. Così ritornammo ancora molte volte.
Un giorno ci scoprì di nuovo, ma, contrariamente al solito, apparve senza urlare.
“Oggi qualcuno di voi tornerà a casa a piedi!” e così dicendo se ne andò.
Mentre andava via, vedemmo che dalla sua auto usciva qualcosa: sembrava una ruota.
Di colpo capimmo e corremmo verso le biciclette: alcune erano scomparse. Mancavano la mia e quella di mio fratello.
Quel giorno tornammo veramente a piedi, come aveva detto Lorenzo, ma non volevamo dirlo al babbo e alla mamma, perché sicuramente avrebbero dato ragione a lui e ci avrebbero brontolato per aver continuato ad andare al campino pur sapendo che il vivaista ce lo aveva impedito.
Non aspettammo un minuto di più e andammo, a piedi, a casa di Lorenzo.
Sul piazzale stavano lavorando; c’erano due camion che gli operai stavano caricando di piante. Io e Mauro ci appostammo dietro la siepe di recinzione per studiare la situazione e poco dopo vedemmo le nostre biciclette, appoggiate al muro della casa, proprio sotto una finestra, dentro la quale si intravedeva una cucina. Dovevamo attraversare tutto il piazzale per arrivare fin là e questo non era semplice; ci avrebbero visti sicuramente e addio biciclette.
Dovevamo inventare qualcosa. Allora ci venne in mente che dalla casa di Elena c’era una stradina che portava fino alla casa di Lorenzo. La prendemmo e arrivammo a circa dieci metri dalle biciclette. Era quasi fatta, ma ad un tratto uscì Lorenzo, che si sedette sulla sua panchina per vedere le operazioni di carico.
“Accidenti, proprio ora!” esclamò Mauro.
“Che facciamo?” domandai.
“Aspettiamo, prima o poi si dovrà alzare” rispose.
Nel frattempo ci eravamo mimetizzati fra dei filari di edere, ma non potevamo stare lì per molto tempo, perché gli operai ci avrebbero potuto vedere, richiamando l’attenzione di Lorenzo.
“Ho un piano” dissi. “Lui ha le biciclette, ma non sa che sono le nostre. Avviciniamoci a lui normalmente e quando siamo vicini corriamo velocemente verso le biciclette, le prendiamo, scappiamo via e buonanotte Lorenzo!”
“E se le ha legate?” disse Mauro dubbioso.
“Faremo una figura di cacca e gli chiediamo anche scusa” risposi sorridendo.
“OK.”
Era deciso. Avremmo riconquistato le nostre biciclette. Il mio cuore batteva a mille all’ora, ma più per la eventuale figuraccia che per la paura.
Uscimmo fuori dalle edere e ci incamminammo verso Lorenzo, che capì subito. Fece la mossa di alzarsi dalla panchina, ma noi fummo più svelti di lui; cominciammo a correre e divorammo quei pochi metri che ci separavano dalla meta. Prima Mauro, poi io, saltammo sopra le biciclette, che fortunatamente non erano legate, e scappammo via urlando: “Sono nostre queste, ci rivediamo al campino, caro Lorenzo!”
Egli si mise a ridere e ci urlò dietro a tutta voce: “Non penso, delinquenti!”
Ebbe ragione lui. Infatti, alcuni giorni dopo, il campino non c’era più. Le porte non c’erano più, le bandierine del calcio d’angolo erano accatastate da una parte ed al posto del campo c’erano tanti solchi. Lo aveva lavorato per piantarci le piante.
E così dovemmo dare l’addio alle nostre partitelle.
Per giocare un po’ a pallone, dovemmo iscriverci in una squadra di calcio, ma non fu altrettanto divertente.
Le medie stavano terminando, c’era un esame da affrontare, ma soprattutto c’era da scegliere come proseguire gli studi. C’era una nuova scuola che si stava facendo strada e che attirava particolarmente la mia attenzione: era quella per Ragionieri Programmatori. Si stava entrando nell’era dei computer ed io volevo entrarci in prima persona.
Sapevo che a Pistoia non c’era quella scuola, che avrei dovuto fare il biennio della scuola di Ragioneria e poi andare a Firenze. Quest’avventura mi affascinava e fui deciso scegliendo Ragioneria per proseguire poi in quel progetto. Anche Riccardo, Andrea e Gigi fecero la mia stessa scelta. Così anche Elena e Maria Grazia. Fabrizio decise di smettere per andare a lavorare, mentre Gianpiero scelse Geometri.
Le nostre strade cominciavano a separarsi. Eravamo di fronte a scelte importanti per il nostro futuro. Gli ultimi tempi delle medie furono caratterizzati più da questa ansia, che dalla paura dell’esame.
Nemmeno la gita di Ravenna ci rese quella serenità che avevamo alcuni mesi prima.
Fui promosso con il massimo dei voti: “Ottimo”.
I miei genitori, al settimo cielo per quel risultato, non influenzarono la mia decisione per il proseguimento degli studi e di questo non smetterò mai di ringraziarli.
Ero pronto per le superiori.
A TE, caro/a amico/a che hai nelle corde il romanzo e la tastiera scalpitante tra pancia e cervello, regalo questa pillola letteraria colta nel Corriere (16.10.10-pag 51 Antonio Debenedetti)
RispondiEliminaSEGRETI DEI GRANDI SCRITTORI…..
Faulkner alla formidabile intervistatrice Jean Stein
“Forse ogni romanziere attraversa un momento iniziale in cui vuole scrivere poesie, poi scopre che non è in grado di farlo, e allora prova con i racconti, che dopo la poesia sono il genere più impegnativo. E solo allora, dopo aver fallito anche in quello, comincia a scrivere romanzi”.
La Stein incalza Faulkner per sapere se esista una “ricetta” da seguire per diventare un buon romanziere.
Faulkner, con piglio deciso, poco intonato al suo fisico straordinariamente piccolo e fragile, rispose dettando un comandamento
“Novantanove per cento talento….novantanove per cento disciplina….novantanove per cento lavoro. Non devi mai essere soddisfatto di quello che fai: potresti sempre farlo meglio”.
Non dice Faulkner cosa fare del 1% delle “risorse” rimanenti :-)
Ed ora non guardarmi interrogativo, Mica posso dirti tutto io ! :-)
Vabbe’, Buon uikènd :-)
Che dire, caro/a aaaaaaaa........, Faulkner, se così ha detto, ha evidenziato poca dimestichezza con la matematica. Per il resto non ha detto niente di nuovo.
RispondiEliminaIn quanto ai fallimenti prima di scoprire cosa si è in grado di fare, beh, io sono messo parecchio maluccio, visto che adesso sto tentando con il musical.
Caro Ben, ma cosa mi dici mai...(ti ricorda niente?)anche il musical adesso? Un inedito? Il rifacimento di uno dei tanti. Un "Mamma mia" o "West side story", tanto per intenderci, o una storia creata da te?
RispondiEliminaSu, racconta.
Buona domenica a tutti,
M.
P.S.: Ben, dammi notizie quando puoi.
Ah, riguardo ai segreti dei grandi scrittori...non azzardo opinioni giacchè sono solo una modesta lettrice. Quel che scrivo lo tengo per me: al massimo lo rileggo io nei momenti di nostalgia.
RispondiEliminaCiao Maria.
RispondiEliminaSi tratta di un inedito, ed io sto aiutando chi lo ha scritto, cioè mio fratello.
Quindi è tutto fatto o quasi.
Però mi ha dato nuovo entusiasmo in un momento in cui "vorrei, ma è meglio di no".