giovedì 31 marzo 2011

Aspettando la notte

Stasera prove di canto e adesso sto aspettando di ritrovare un certo equlibrio per prendere sonno. Probabilmente adrenalina da smaltire, ma non solo.
Il fatto è che da un paio di giorni sto elaborando un'iniziativa parallela all'evento di cui alla foto posta in alto a destra, una commedia musicale scritta da mio fratello, e allora il mio cervellino si è rimesso in moto per organizzare tutto quanto: la locandina, lo slogan, la disposizione delle immagini, le copie da portare, perché è una specie di salto nel buio: quanti altri pazzi avranno osato tentare di vendere libri prima e dopo uno spettacolo teatrale? Sarò io un pioniere o ci saranno stati altri incoscienti prima di me?
Non importa: mi sento vivoooo!
Però, che bello! Mi sembra di essere tornato a circa due anni fa, quando mi ero messo in viaggio con il mio Treno, che ancora una volta mi accompagnerà... al di là delle ombre (questa è venuta abbastanza ben!).

E poi si sente dire che i libri conciliano il sonno.
Ma quando mai?!

martedì 29 marzo 2011

Quattro passi... con Ben - Trentottesima puntata

L’indomani visitammo alcune località, ma la più bella fra tutte fu l’isola di Capri: il luogo era incantevole, la compagnia ideale. Stavo veramente bene e decisi di godermi quei momenti che non sarebbero tornati mai più. Per un momento provai a pensare come sarebbe stato, alcuni anni prima, se ci fossi stato con Sabrina.
Stavamo ancora navigando su quel piccolo traghetto che ci portava all’isola quando Serena si avvicinò a me. Non le detti il tempo di dire niente e le presi subito la mano; insieme ci mettemmo a guardare la costa che si stava lentamente allontanando.
Lei mi sorrise e mi abbracciò. Cedetti di fronte all’atmosfera che si era venuta a creare e capitolai.
Contraccambiai quell’abbraccio e lì, in mezzo al mare, la baciai.
Un bacio vero, il mio primo bacio.
Passammo tutto il giorno insieme e questo fece ingelosire Cecilia, come ebbe modo di dirmi molti anni dopo.
Capri era meravigliosa: la costa, il panorama, le strade, le piazze, tutto mi sembrava più bello. Forse perché ero in compagnia di una ragazza.
Il tempo passò velocemente, ancora poche ore e anche la gita sarebbe terminata.
Una volta rientrati a scuola, con Serena ci incontrammo per pochi giorni nei minuti dell’intervallo.
All’inizio della settimana successiva mi recai in classe sua, ma lei non c’era.
Non tornò più. Smise di venire a scuola, senza un motivo apparente, senza dire niente nemmeno ai suoi compagni di classe.
Scomparve dalla mia vita con la stessa rapidità con cui c’era entrata, senza un avviso, senza una ragione, senza lasciarmi un recapito.
Pensai che non volesse di rivedermi. 
Non cercai di rintracciarla.
Di lei mi rimane il ricordo del primo bacio.
Ed una fotografia sfocata.

sabato 26 marzo 2011

Quattro passi... con Ben - Trentasettesima puntata

Si chiamava Serena.
Passeggiammo insieme per tutta la sera, ed una volta rientrati in albergo restammo a parlare con altri compagni nella hall.
Parlava con voce molto pacata, quasi sottovoce, ed aveva un’aria molto riflessiva ma sognatrice.
Quando mi guardava i suoi occhi mi penetravano dentro, in profondità, ed ogni parola che dicevo, soppesata in ogni sua sillaba, trovava la sua approvazione e il suo accordo. Qualsiasi movimento facessi, ero sempre accompagnato dalla sua mano, che trovavo sulla mia, oppure sulla coscia o sulle spalle. Si stava avvicinando a me sempre più, in tutti i sensi. Il suo sguardo incrociava sempre il mio, anche quando non ero io il protagonista della scena.
Provavo un po’ d’imbarazzato per tutte quelle attenzioni.
La Stefania e l’Elena capirono che forse era meglio andar via e ci salutarono. Io cercai di trattenerle, ma invano. Luca stava parlando con la Cecilia, il Giuba era con Francesca e gli altri chissà dove.
Rimanemmo lì io e Serena, finché una sua compagna venne a chiamarla per andare in camera.
Lei mi salutò augurandomi la buona notte. Poi appoggiò le sue mani sulle mie spalle e mi dette un sonoro bacio sulla guancia, che ricambiai.
Andò via dimenticando la borsetta sul divano. Pochi istanti dopo me ne accorsi, così la presi per riportargliela.
A rapidi passi cercai la sua camera e quando entrai era già in pigiama (che velocità!) e le sue amiche non c’erano più. Sembrava tutto così facile, troppo facile.
“Hai dimenticato la borsetta” le dissi.
“Appoggiala lì, grazie.”
Ma la sua risposta fu priva di sorpresa, come se già sapesse che qualcuno gliela avrebbe riportata.
Allora immaginai che lo avesse fatto di proposito, con l’intento che a riportarla fossi proprio io, cioè l’unico che, trovandola, avrebbe saputo chi fosse la proprietaria.
D’istinto realizzai che era tutto troppo studiato: la borsetta dimenticata, lei che era già in pigiama, le amiche che non c’erano più. Tutto sembrava portare ad un incontro in camera tra noi due. Questo intuii, non so se a ragione oppure no, ma non mi piacque.
Va bene che non ero avvezzo a questo tipo di rapporti, ma la facilità di quella ragazza mi faceva pensare che, comunque, non sarebbe stata quella ideale per me.
Tutte queste sensazioni le ebbi in una frazione di secondo, tant’è vero che risposi freddamente:
“Prego, buonanotte!”
E così dicendo me ne andai in camera mia, lasciandola, allora sì, con un’espressione di vera sorpresa.
Lì mi ritrovai con altri compagni di classe per fare notte fonda.
Quello era ciò che ancora preferivo, piuttosto che un’avventura isolata e senza senso. Forse perché non ero ancora pronto per un rapporto con una ragazza. Forse ero ancora un po’ troppo ingenuo per capire certe situazioni. Ad ogni modo, ero stato coerente con ciò che pensavo e provavo.
Prima di addormentarci, commentammo in camera quella giornata.
Luca ci raccontò di come aveva imbroccato la Francesca, o meglio, come gli spiegammo, come aveva creduto di averla imbroccata, Carmine non aveva avuto grandi emozioni, ma si stava divertendo, il Giuba si era già innamorato di Francesca, che ricambiava, ed io avevo conosciuto Serena.
“Le piaci” disse il Giuba.
“Non mi convince” risposi.
“È cotta, Bobby. Dai retta a me!”
“Mah, sarà...” conclusi.
E così, continuando a parlare, ci addormentammo senza nemmeno rendercene conto.

domenica 20 marzo 2011

Una domenica dedicata a...

Che energia!
Ieri ho trascorso, insieme a mia moglie, un altro pomeriggio con i bambini, più di cento. Sono stati suddivisi in vari gruppi e poi abbiamo trascorso una giornata di "ritiro", fra riflessioni, attività, giochi, merenda e Messa finale. 
Un intero pomeriggio, uno di quelli che stanca. Quando sono rientrato a casa, però, non mi sono sentito stanco, ma carico di un'energia che ho dovuto riversare subito raccontando quello che era stato fatto.
Questa mattina avevo ancora una certa carica e allora ho sentito che era giunto il momento di scrivere. Così ho ripreso in mano un vecchio progetto che avevo solamente iniziato. Curioso: quel poco che avevo scritto non mi apparteneva più e ho dovuto modificarlo prima di riprendere con il nuovo.
Ho scritto qualche pagina senza sosta, come mi accadeva un po' di tempo fa.
Durante una pausa ho sviluppato un'idea che mi balenava per la testa da ieri. Questa sera ho dovuto metterla nero su bianco e ne è nato un testo che vorrei abbinare ad una certa musica.
Era tanto tempo che non mi sentivo così creativo: una bella sensazione che spero possa continuare anche in seguito. 
Nel frattempo mi sono goduto questa domenica e, soprattutto, l'energia che i bambini mi hanno trasmesso. 

Quattro passi... con Ben - Trentaseiesima puntata

Arrivati finalmente in Campania, cominciammo ad andare a visitare le zone ritenute più interessanti. Mentre passeggiavo con in compagnia delle solite amiche, alle quali si erano aggiunti la vecchia Tina, Carmine e Luca, vedi avvicinarsi sempre più al nostro gruppetto una ragazza della P2, che fino a quel momento non avevo notato sul pullman.
Andammo in vari posti quel primo giorno, poi nel pomeriggio ci recammo in albergo per l’assegnazione delle camere.
L’albergo era situato nel cuore del porto di Sorrento, in una posizione molto bella, a ridosso del mare. Lì intorno era tutto un intrecciarsi di stradine e piccole scalinate: quel luogo era disposto su vari livelli.
Dalla nostra camera si poteva godere di un bellissimo panorama. Si vedeva tutto il porticciolo, con tutte le barche e le persone caratteristiche che lo frequentavano, soprattutto i pescatori con il loro abbigliamento tipico ed i loro cappellini inconfondibili; più in là il mare di uno splendido colore azzurro.
Io ero in camera con il Giuba, Luca e Carmine. In altre camere, allo stesso piano, si trovavano gli altri compagni di classe. Le terze, invece, erano su piani diversi dal nostro.
All’ora di cena ci portammo in sala ristorante e mi sedetti insieme ai miei compagni di stanza ad un tavolo qualunque. Accanto a noi il gruppetto con Elena e Stefania e dall’altra parte un gruppetto della terza P2, fra cui, nel posto più vicino al nostro tavolo, la ragazza misteriosa. Pensai che, come tante altre, anche lei tentasse di avvicinare il Giuba.
Dopo la cena organizzammo una passeggiata al porto ed in paese.
Noi partimmo come se stessimo andando in centro a Firenze, con disinvoltura, ed i gestori dell’albergo, vedendoci uscire, ci dissero qualcosa in mezzo dialetto campano che più o meno suonava così:
“Occhio ragazzi, qui non siamo a Firenze, siamo a Napoli. Attenzione a non fare brutti incontri.”
La traduzione simultanea fu di Carmine, che era originario di quelle parti.
Decidemmo così di uscire, ma di stare uniti il più possibile, cercando di rimanere sempre in gruppo, senza avventurarsi in gite solitarie.
Ed infatti dei loschi figuri cercarono di fare conoscenza con le nostre ragazze, le quali, vedendosi avvicinare da queste persone, si strinsero al braccio del primo di noi che capitava a tiro.
La Francesca si strinse a Luca, ed il Giuba ci rimase un po’ male.
Luca invece, che non si era reso conto di quanto avveniva, si sentì inorgoglito di viaggiare con una bellissima ragazza sotto braccio e, se possibile, diventò ancora più alto del solito; ma la sua leggera balbuzie ebbe un’impennata per l’emozione. Era talmente convinto di aver fatto colpo sulla ragazza che, una volta rientrati in albergo dovemmo spiegarli quanto era accaduto e, suo malgrado, questo lo fece ritornare con i piedi per terra.
Il mio braccio fu catturato dalla ragazza misteriosa.

venerdì 18 marzo 2011

Quattro passi... con Ben - Trentacinquesima puntata

Quell’anno scegliemmo di andare in gita a Pompei e sulla Costa Amalfitana, esattamente dove alcuni anni prima i miei genitori mi avevano impedito di andare. Andammo insieme a due terze, la P1 e la P2.
Già dai primi minuti, in pullman, cominciammo a “studiare” le ragazze, perché la situazione che si prospettava era alquanto felice.
Simone faceva il grosso, come sempre, e cercava di accalappiare qualsiasi ragazza.
Paolo puntava la Manola, il Borzo tallonava l’Antonella, entrambe della P2.
Luca parlava con la Cecilia, Giuliano filava la Gigliola.
“Giuba, guarda, guarda: Giuliano baccaglia la Gigliola” dissi sorpreso a Giovanni, che mi sedeva accanto.
“E allora? Cosa c’è di nuovo?” rispose lui, per niente sorpreso.
“Vuoi vedere che imbrocca la Gigliola?”
“Capirai che novità. Stanno insieme da oltre un anno!” concluse.
Non c’è che dire! Per capire le questioni di cuore ero un mago!
La maggior parte delle ragazze cercava di incontrare i favori del Giuba. Ma lui aveva occhi solo per Francesca, anche lei della P2. La voleva avvicinare, ma non voleva essere respinto, e così studiammo un piccolo piano per vedere se anche lei era interessata a lui.
Così lui cambiò posto e si andò a sedere accanto ad Elena, mentre io rimasi a vedere come si comportava la Francesca.
Lei lo cercò con lo sguardo al solito posto e, vedendo che non c’era più, cominciò a girarsi da ogni parte fino a individuarlo di nuovo. A quel punto era evidente che anche lei era interessata a lui.
Mi alzai e da buon complice lo informai. Da quel momento in poi furono inseparabili per tutta la durata della gita, poi si misero insieme, ma quando si lasciarono, molti mesi dopo, per lui fu un brutto colpo.
Io, nel frattempo, non avevo individuato nessuna ragazza che mi colpisse piacevolmente, e mi stavo apprestando a trascorrere la gita come l’anno precedente, vale a dire in simpatica compagnia di alcuni compagni e alcune compagne di classe.
Ma l’imprevedibile era in agguato.

domenica 13 marzo 2011

Una bella giornata

Alcuni anni fa non lo avrei potuto immaginare.
Invece oggi, in una domenica piena di pioggia, ho provato una di quelle gioie della vita che derivano da piccole cose semplici e che fanno dimenticare i momenti in cui metti in dubbio determinate scelte.
Una festa speciale per bambini alle prese con una loro prima volta. Erano tutti tesi, alcuni impauriti, per la loro prima confessione. Ma tutto è passato subito dopo e i loro volti sono tornati liberi di sorridere, sbarazzini come sempre. A stento ho trattenuto la commozione durante l'incontro, perchè anche per me era una prima volta, la prima volta che portavo un gruppo di bambini a questo punto.
Poi è seguita la festa per tutti loro, mentre noi adulti  ci siamo trasformati in pizzaioli e camerieri.
Che bello! 
Come il saluto di una bambina che, di corsa, è entrata in cucina per venirmi a salutare prima di ritornarsene a casa.

martedì 8 marzo 2011

lunedì 7 marzo 2011

Serata strana

Dopo tanto silenzio bisogna che scriva pur qualcosa, altrimenti gli avventori potrebbero pensare che il Rifugio ha chiuso i battenti. E tutte le puntate del Quattro passi... con Ben danno quasi l'idea di assistere ad un programma registrato, con l'assenza di una qualsiasi diretta. Non vi pare?
Allora parto dalla sensazione più immediata di questa sera: l'abbondanza di tempo.
Strano, vero? Da un po' di tempo mi sono quasi abituato a non averne, e trovarmi ad avere una sera (!) libera mi fa sembrare strana la cosa.
Oddio, stasera che faccio? E' un bel dilemma, soprattutto se vado a considerare che le altre donne della famiglia stasera sono assenti. Curioso anche questo, no? Loro ci sono e io no, io ci sono e loro no. Ma fra poco ci riuniremo, giusto il tempo per andare a letto.
Dovrò prendere seriamente in considerazione l'idea di lasciare delle lettere sul tavolo.
Qualcuno è rientrato in casa. Vado a vedere chi è.
Passo e chiudo.


domenica 6 marzo 2011

Quattro passi... con Ben - Trentaquattresima puntata

Quell’anno, al Nespolo, fu organizzato un torneo di tennis.
Si giocava su una pista di pattinaggio, con il pavimento fatto di mattonelle.
Nel singolare fui eliminato nei quarti; nel doppio ero in coppia con Gianluca, e facemmo un torneo bellissimo.
Superammo i primi turni senza problemi ed approdammo in semifinale; ad aspettarci c’era la coppia in cui militava mio fratello Mauro, insieme a Roberto, un altro ragazzo del paese. Per i valori espressi quella era la vera finale. E per me si trattava di un derby in famiglia.
La sera della semifinale giocammo magistralmente, e dopo una partita avvincente, io e Gianluca vincemmo ed andammo in finale, dove ad attenderci c’era una coppia formata da due ragazzi contro i quali avevamo sempre vinto in precedenza.
Sembrava una formalità ed invece non fu così.
La partita iniziò nel migliore dei modi e vincemmo senza problemi il primo set: 6-2.
Sembrava tutto facile ed invece cominciammo a sbagliare le cose più semplici, soprattutto Gianluca,
andato in piena crisi.
Correvo anche per lui e cominciai ad accusare la stanchezza, oltre a un certo nervosismo.
Perdemmo il secondo set: 7 – 5.
Il terzo set fu equilibrato fino a quando mi ressero le gambe, poi capitolammo. Gianluca era in campo fisicamente, ma non mentalmente e non combinava niente di buono; era andato completamente in bambola e tutti i miei tentativi per scuoterlo furono vani. E pensare che lui era più grande di me!
Perdemmo malamente quella partita.
Non riuscii a digerire quella sconfitta, perché eravamo effettivamente più bravi degli altri, ma non riuscimmo a vincere. Quella notte non riuscii a chiudere occhio.
La mattina seguente, in autobus, Cecilia si accorse subito che qualcosa non andava ed indagò:
“Che brutta cera che hai stamani. Che cosa hai combinato stanotte?”
“Niente di particolare. Ho dormito poco, anzi, non ho dormito affatto.”
“Perché?”
“Sono andato a donne con una brasiliana!” risposi.
Si mise a ridere, perché sapeva che non era vero.
Poi continuai:
“Ho perso una partita incredibile” e così le raccontai tutto.
E lei:
“Era il torneo di Wimbledon?”
“No.”
“Roland Garros?”
“No.”
“Internazionali di Roma?”
“No.”
“E allora, che diavolo di torneo era?” domandò di nuovo.
“Del Nespolo!” risposi.
“Ma vai a fare una girata, il torneo del Nespolo, chissà cosa mi credevo!” e così sdrammatizzando e enfatizzando quelle sue espressioni, riuscì a farmi capire che, in fondo in fondo, non avevo perso niente di importante, e non valeva la pena di prendersela così tanto.