domenica 30 dicembre 2018

30 dicembre, quasi 31.

Ci siamo, amici del Rifugio e non: l'ultimo dell'anno, il giorno più atteso di trecentosessantacinque, è alle porte. Se ne sta lì sornione ad aspettarci tutti, chi con le sue storie da dimenticare, chi con le sue speranze da avverare. Chi non vede l'ora di lasciarsi alla spalle un anno, magari andato così così o male, chi spera in tutt'altra musica. Chi è solo, chi è in compagnia, chi è malato, chi non lo è, chi non si accorgerà di niente, chi non vede l'ora di brindare. In fondo è un giorno uguale agli altri, cambierà solamente il foglio del calendario, con un mese dal nome diverso e un numero aumentato di uno.
Però, dai, quanto è bello sperare!


Auguri di Buon Anno!

sabato 22 dicembre 2018

E' Natale ancora

Gli artisti, i cantanti, hanno cercato sempre di raccontare il Natale a modo loro, ponendo e ponendosi, a volte, delle domande. C'è chi si perde dietro a cieli stellati, chi alla straordinarietà della festa, chi al clima di pace che si respira in quel giorno, chi davanti alla faccia sorpresa di un bambino, chi rivolge l'attenzione agli ultimi, chi cerca di guardare meglio dentro di sé.

A Natale puoi
fare quello che non puoi fare mai.

     Se ogni giorno fosse come Natale
     che mondo meraviglioso sarebbe.

      E' tempo di Natale,
      ma loro sanno che è Natale?

"Buon Natale", 
se vuoi,
quello vero che è dentro di noi.

Ma qual è il Natale vero? Dove dentro di noi?
Ognuno di noi ne avrà uno tutto suo, e ognuno sarà diverso dall'altro.
Ma per chi crede in questa festa, una sola cosa, anzi, una persona, accomuna tutti quanti: 
il Festeggiato.


E allora Buon Natale a tutti!


domenica 2 dicembre 2018

L'angolo d'infanzia - Sesta e ultima parte


La scrittura, con la quale avevi spesso giocato, divenne il grimaldello per aprire il tuo forziere.

Tutto quello che avevi tenuto dentro per anni volle uscire, come un fiume in piena. Volevi condividere tutto e scrivevi dappertutto, sulla carta e sul web. Ma questo divenne presto insufficiente, volevi scendere in prima linea, agire di persona. Eri in sintonia con alcuni versi dei Negramaro: Dimmi a che serve restare lontano in silenzio a guardare la nostra passione che muore in un angolo e non sa di noi.

Così scopristi altri mondi che ti misero faccia a faccia con tante persone, dai più giovani ai più sconosciuti, con i quali condividere interessi comuni, provare sensazioni nuove del tutto inesplorate in precedenza, ed instaurare con loro qualcosa di speciale.

Adesso ti trovi davanti a quel garage costruito al posto del tuo rifugio.

È vuoto. Non c’è più nessuna auto. Le pareti di metallo sono macchiate dalla ruggine. C’è un vecchio armadio con le ante spalancate, quasi volesse mostrare il niente che c’è dentro. Dal tetto rovinato entra un pallido sole.

Prendi il tuo smartphone per scattare una foto, poi desisti.

Il tempo delle corse nei campi è lontano.

Quell’angolo d’infanzia è ancora vivo dentro di te, ti riporta alla mente tanti ricordi, ma non rimpiangi il tuo rifugio, spazzato via da un veloce susseguirsi di novità.

Tu hai ancora voglia di giocare, di metterti in gioco, di meravigliarti, di sorprenderti, di dare spazio alle tue passioni, di far uscire il fanciullo che è in te, di scoprire che giorno sarà domani.

Riponi il tuo smartphone. Sali in macchina. Metti in moto e accendi la radio. Ornella Vanoni sta cantando una canzone:

Giorno per giorno

Senza sapere

Cosa mi aspetta

Ma voglio vedere
Avresti voluto essere tu a scrivere quelle parole.

giovedì 29 novembre 2018

L'angolo d'infanzia - Quinta parte


Quando sentivi gli altri ragazzi parlare delle loro avventure, te ne stavi sempre in silenzio senza fiatare. Poi, quando loro ti chiedevano delle tue, rispondevi sempre che non avevi niente da raccontare.

Oh, quanto avresti voluto avere qualcosa da dire! Quanto avresti voluto condividere con gli altri qualcosa di bello, invece di tacere per non esternare la tua solitudine. Vedevi tutto buio, ma non perdesti la speranza che presto qualcosa di bello sarebbe capitato anche a te.

Forse per questo motivo ti rimasero impresse nella mente alcune parole di una canzone dei Matia Bazar: C'è tutto un mondo intorno che gira ogni giorno e che fermare non potrai. E viva viva il mondo tu non girargli intorno ma entra dentro al mondo. Dai!

E così decidesti di fare. Ti convincesti che pensare in maniera positiva potesse aiutarti e che mostrarti agli altri sorridente, propositivo e allegro, ti potesse rendere anche più simpatico.

Ti ci volle un po’ di tempo, per te non fu affatto facile, e qualcosa cambiò quando conoscesti una ragazza carina che, dopo un po’ di tempo di corteggiamento, divenne la tua fidanzata.

Love is the light, scaring darkness away – yeah, I’m so in love with you, purge the soul. Make love your goal. The power of love… 

Sembrava che i Frankie Goes to Hollywood avessero scritto quei versi per te: l’amore che è la luce, che diventa la meta, la forza dell’amore!

Dopo un periodo trascorso nel grigiore, chiuso in te stesso, quella ragazza ti aprì le porte del mondo. Ritrovasti la voglia di giocare, protagonista di interminabili tornei di ping-pong, di tennis e di calcio. Ti piaceva trascorrere la sera del sabato, insieme ai tuoi amici e alla tua ragazza, passando da un gioco di società ad un altro. La musica ti appassionava a tal punto che facesti un provino ad una radio, diventando, per un po’ di tempo, un dj radiofonico. Ti divertivi anche con la scrittura: ogni cartolina che spedivi dalle vacanze diventava qualcosa di originale, non uno scontato saluto.

Come Dalla e Morandi, anche tu potevi cantare Vita in te ci credo, le nebbie si diradano.

Attraverso quel modo di giocare riuscivi a sdrammatizzare la vita stessa, dando importanza a quello che veramente contava e aveva valore per te. Fu proprio questa riflessione che ti fece prendere coscienza della piattezza della tua vita: tutto sembrava trascorrere in maniera regolare, erano arrivati famiglia e figli, ma dentro di te mancava ancora qualcosa. Ti vergognavi quasi ad ammetterlo.

Una domenica in chiesa, ascoltando una lettura, capisti cosa ti mancava: Dio.

I've tried to go on like I never knew you. I'm awake but my world is half asleep… But without you all I'm going to be is incomplete.

Le parole che cantavano i Backstreet Boys sembravano parlare di quel tuo sentimento tutto nuovo. Avevi provato ad andare avanti come se non lo avessi mai conosciuto, eri sveglio ma il tuo mondo era mezzo addormentato e, senza di Lui, tutto ciò che avevi intenzione di essere era incompleto.

Riscopristi la fede. Adesso ti sentivi completo. Tutto cambiò.

domenica 25 novembre 2018

L'angolo d'infanzia - Quarta parte


In occasione dell’ultimo giorno di scuola facesti quello che non avevi mai fatto: invitasti tutti i tuoi compagni di classe a casa tua. Volevi dare una festa per festeggiare la fine dell’anno scolastico, ma tutti risposero che non sarebbero venuti. Tutti, tranne la ragazza per la quale avevi preso una bella cotta.

«Guarda che non devi sentirti obbligata», le dicesti.

«No, che dici, ci vengo volentieri», replicò.

«E come verrai a casa mia? Prenderai l’autobus?»

«In qualche modo farò».

Ti guardò e, sorridendo, se ne andò.

Quella notte non riuscisti a chiudere occhio. Provasti e riprovasti a immaginare quello che avresti fatto, quello che le avresti detto. Eri talmente emozionato che decidesti di alzarti per andare nel tuo rifugio. Avevi già infilato le ciabatte quando, con un barlume di lucidità, ti ricordasti che non c’era più, rimpiazzato da un garage, freddo come il metallo di cui era fatto, che ti aveva reso nomade per molto tempo.

La mattina seguente ti guardasti allo specchio.

«Che schifo, non le piacerai di certo con quella faccia», ti dicesti guardando le enormi borse sotto gli occhi che stavano lì, livide, a testimoniare la tua notte insonne.

Il pomeriggio arrivò e l’ansia per l’attesa di quella visita era alle stelle. Non c’era più nessuna festa da fare, ma qualche ora da trascorrere insieme, tu e lei.

Sentisti il rumore di una Vespa che si avvicinava.

«Eccola».

Ti precipitasti fuori ad attenderla, ma quello che vedesti di lì a poco ti lasciò basito, perché non era arrivata da sola, ma accompagnata da un vostro compagno di classe.

«Ciao», ti disse scendendo.

«Ciao!» disse di nuovo non ricevendo nessuna risposta da te.

«Ciao», ti disse anche lui.

Ma a te vennero fuori soltanto poche parole: «Vattene, non c’è niente da festeggiare!»

Ti rivolgesti a lei, senza curarti di lui, poi ti girasti e ti incamminasti verso casa.

«Ma cosa dici, sei impazzito?» disse lei dopo un attimo di smarrimento. «Dove vai? Guarda che non è come pensi! Lui è stato gentile ad accompagnarmi. Mi ha soltanto accompagnato. Ehi! Girati! Ascoltami!»

Ma, non ottenendo nessuna reazione da parte tua, concluse: «Vai al diavolo, vai! Sei uno stupido ragazzino!»

Non ti girasti e non rispondesti. Un gesto della mano parlò al posto tuo. Non sentivi nemmeno più le parole che lei e lui ti gridavano dietro. Sentisti soltanto il rumore della Vespa che ripartì pochi istanti dopo.

Per anni, in seguito, ti sei chiesto che cosa sarebbe accaduto se l’avessi ascoltata.

giovedì 22 novembre 2018

L'angolo d'infanzia - Terza parte


Un giorno tuo padre convocò tutta la famiglia per comunicare una notizia.

«Presto anche noi avremo una macchina. Sono andato in città e ne ho comprata una. È bellissima, di colore grigio metallizzato ed è molto adatta per le nostre necessità».

«Ma babbo, tu non hai la patente», replicasti.

«La prenderò», rispose in maniera perentoria. «Mi sono stancato di essere accompagnato dagli altri o di portare te o tua madre sulla sella posteriore del motorino!»

Lo disse guardandola negli occhi e a te parve che i loro sguardi, per un attimo, si accarezzassero.

«Dovremo fare una rimessa», riprese.

«E dove la facciamo?» domandasti.

«In realtà non dobbiamo costruirne una nuova, ma fare un garage al posto della capanna della legna», rispose.

«Non è giusto!» gridasti. E scappasti via, di corsa, senza voler sentire nessuna ragione. In pochi secondi raggiungesti il tuo rifugio e, con un movimento acrobatico che conoscevi a memoria, balzasti dentro alla tua trincea, questa volta per difenderla. Da un po’ di tempo dovevi fare più attenzione del solito nell’effettuare quel salto, perché avevi l’impressione che quel luogo si fosse fatto più piccolo ed era molto facile graffiarsi o sbattere da qualche parte.

Tuo padre ti chiamò varie volte, poi decise di lasciarti il tempo per farti sbollire la rabbia.

Tirasti fuori dalla scatola un mangianastri e infilasti una cassetta. Premesti il tasto PLAY e alzasti il volume al massimo. Iniziò una canzone di Patrick Hernandez che stava spopolando nelle discoteche e che era molto ballata anche nelle feste in casa: It’s good to be alive, to be alive, to be alive, it’s good to be alive.

Quelle parole sembravano prendersi gioco di te. Spengesti tutto e lasciasti che il mondo restasse fuori.

Non riuscivi a immaginare che uno stupido garage prendesse il posto del tuo rifugio. Per te non era una semplice rimessa di legna, ma un luogo capace di abbracciarti e coccolarti, che di tanto in tanto dovevi rimodellare per renderlo nuovamente accogliente dopo che altri pezzi venivano accatastati per rimpiazzare quelli utilizzati per scaldare le fredde giornate d’inverno.

Con l’auto, arrivò anche un nuovo impianto di riscaldamento alimentato a gas, così la legna e il tuo rifugio se ne andarono insieme.

Il giorno in cui avvenne tutto questo tu eri in gita scolastica, ma prima di partire prendesti la tua macchinetta fotografica. C’era solo uno scatto disponibile in quel rullino. Con attenzione, per non sciuparla, scattasti la foto al tuo rifugio.

Al tuo rientro non c’era più niente e provasti un gran vuoto.

Quella foto in bianco e nero, un po’ ingiallita dal tempo, giace nella soffitta, in uno scatolone che non hai più aperto dopo l’ultimo trasloco.

venerdì 9 novembre 2018

L'angolo d'infanzia - Seconda Parte


Il grido di tua madre ti risvegliò.

«Dai, smetti di giocare e vieni in casa a fare i compiti!»

«Mi sono addormentato», pensasti. «Ma quanto tempo ho dormito?»

«Arrivo subito, metto a posto una cosa e vengo!» rispondesti a tua madre.

Non lo dicesti così, tanto per dire, dovevi sistemare veramente alcune cose.

In quella baracca fatta di plastica e tenuta in piedi da pali e travi di castagno, montata da tuo padre per riporvi la legna da ardere, avevi costruito la tua trincea. A te bastava stare seduto lì dentro, circondato da tanti pezzi di legna, per sentirti al sicuro e per lasciare spazio alla tua fantasia.

Lì giocavi, sognando le avventure più impensabili. A volte immaginavi di essere a bordo di una navicella spaziale, altre di essere al volante di un’auto da corsa. Lì cominciasti a scoprire la musica, ascoltandola alla radiolina gialla che tuo padre aveva comprato da un venditore ambulante. Era più piccola della tua mano, ma a te, che non ne avevi mai viste prima, sembrava qualcosa che provenisse dal futuro. Lì, ascoltando le partite la domenica pomeriggio, fantasticavi di diventare un calciatore.

Lì ti facevi coraggio per dichiarare il tuo amore a quella bambina che piaceva anche a tutti i tuoi compagni di classe. Lì speravi che lei, dopo aver guardato tutti, rispondesse “Sì” rivolgendosi a te, soltanto a te. Lì sognavi di stare su una spiaggia con lei, accoccolati ad ascoltare il mare, proprio come cantava Claudio Baglioni in quella canzone che era nella hit parade e che ti piaceva tanto.

Prendesti la radiolina, alcuni giornalini a fumetti e li riponesti in quella vecchia scatola da scarpe che tua madre, invano, aveva tanto cercato. Poi nascondesti tutto con cura sotto uno strato di legnetti.

«Ma insomma, quante volte devo ripetere le stesse cose?» incalzò tua madre.

«Arrivo!»
Con un balzo scendesti e ti avviasti verso casa, dove un quaderno, un sussidiario e un astuccio con tante matite e qualche penna ti stavano aspettando.

giovedì 1 novembre 2018

L'angolo d'infanzia - Prima parte

«Scappa, non devono raggiungerti!»

Ripetevi queste parole dentro di te mentre correvi a perdifiato attraverso i campi per raggiungere il tuo rifugio. Ogni tanto ti voltavi indietro per vedere se i tuoi inseguitori si fossero avvicinati. Non vedevi nessuno, ma non rallentavi la tua corsa. Come in una danza, ti abbassavi per schivare i rami alti delle piante e poi saltavi per non sentire la frustata di quelli in basso nelle tue gambe nude.

Ti sembrava di non arrivare mai. Correvi a testa bassa, guardando i tuoi piccoli piedi dimenarsi, con la terra che entrava dagli occhi dei tuoi sandali blu. Più forte correvi, più forte sentivi il tuo cuore che batteva all’impazzata, quel cuore che batteva così solo per quella bambina che a scuola era nella tua stessa classe, quel cuore che batteva così quando lei ti salutava con la sua flebile voce.

Il fiato si faceva sempre più grosso, ma la meta si avvicinava sempre più, ormai era alla portata dei tuoi occhi, bagnati da calde gocce di sudore che scendevano dalla tua madida fronte.

Eccolo! Finalmente il rifugio era lì. Entrasti di corsa e spiccasti un balzo per afferrare la trave, una mezza piroetta e ti ritrovasti al sicuro, seduto in quella buca scavata fra tanti pezzi di legna, tagliati uno ad uno dalle braccia forti e vigorose di tuo nonno. Nessuno adesso poteva vederti, nessuno poteva trovarti. Non c’era più paura.

Rimanesti ad occhi chiusi per alcuni minuti. Non sentivi rumori fuori. I tuoi inseguitori erano stati seminati. Il cuore tornò a battere regolarmente ed il respiro fece di nuovo pace col tuo corpo.
Il silenzio, poi una sensazione di pace.

domenica 28 ottobre 2018

Riparliamo di scrittura

Nel sottotitolo di questo blog c'è scritto: per parlare di scrittura, lettura, musica e... altro.
Oggi vorrei riprendere a parlare di scrittura, attraverso un episodio bello che mi è capitato.
Tempo fa, un po' sfiduciato, provai a scrivere un racconto per mandarlo ad un concorso letterario organizzato nel comune in cui abito. Avevo bisogno di ritrovare antichi stimoli, per vedere se ero ancora capace di scrivere qualcosa che non fosse la rielaborazione di una sceneggiatura o un testo da riadattare su musica.
Questo concorso venne prorogato e non ne seppi più niente fino a pochi giorni fa.
Ieri c'è stata la giornata conclusiva.


E' poca cosa, lo so, ma voglio condividere con voi anche questo momento.
Prossimamente inserirò sul Rifugio il racconto in questione.

domenica 7 ottobre 2018

E tu da grande cosa vuoi fare?

Questa domanda era un tormento!
Quando mi veniva fatta, perché mi veniva fatta dagli allora adulti, non sapevo mai cosa rispondere. Ma come potevo saperlo? Ero ancora un bambino e non sapevo cosa c'era oltre quel poco che avevo visto e vissuto. 
Oggi potrei pormi una domanda al contrario: hai fatto quello che volevi fare quando eri piccolo?
La risposta è no, perché qualcosa alla fine ho fatto, mentre allora non sapevo cosa fare.
Allora vorrei cambiare leggermente il senso delle domande.
Da piccolo, ad esempio, sognavo di diventare un grande batterista.   
Non lo sono diventato, e se mi chiedessero se si è avverato il sogno di quando ero piccolo, risponderei ancora no, ma aggiungerei: "Molto di più!"


venerdì 5 ottobre 2018

I dieci anni del Rifugio - Il tavolo e il libro


Dieci anni fa cominciai l’avventura del Rifugio parlando di David Grossman.
Oggi, nel giorno del decimo compleanno, vorrei raccontare un aneddoto che, in qualche modo, vede coinvolto Grossman.
Tempo fa mi stavo aggirando in un negozio di mobili d’epoca. Stavo curiosando per vedere se c’era qualche pezzo che faceva al caso mio. C’erano delle madie, delle credenze, dei tavoli. Proprio uno di quelli stavo cercando. Mi avvicinai, poi frugai nel mio borsello per prendere il metro per misurarlo. Ma la mia mano non trovò il metro. Lo avevo dimenticato a casa. Così mi voltai per andare a chiederne uno al titolare del negozio.
Fu in quel momento che vidi un libro su una libreria. La sua copertina mi colpì. Ebbi come una visione che mi fece tornare alla mente una foto in bianco e nero di mia madre, quando era ancora giovane.
Era incredibile la somiglianza che c’era fra la ragazza raffigurata in copertina e mia madre! Mi avvicinai, perché i miei occhi vedono meglio dalla giusta distanza. Così riuscii a leggere anche autore e titolo del libro:
David Grossman, “Col corpo capisco”.
Il negoziante mi venne incontro: “Posso aiutarla?”
“Sì, grazie” risposi. “Sarei interessato a quel…”
Indicai il tavolo, ma non terminai la frase, perché mi uscirono dalla bocca altre parole.
“Questo libro… anche a lei piace Grossman?”
“Chi?” domandò.
“Grossman, questo libro” dissi indicandolo.
“Ah! No, non lo conosco. La persona che mi ha dato la libreria in conto vendita mi ha dato anche i libri.”
“Ecco, a me interesserebbe quel tavolo, ma non ho le misure con me. Ripasserò. Ma posso chiederle un piacere?”
“Dica” rispose pazientemente il negoziante.
“Mi interesserebbe acquistare quel libro. È in vendita?”
“No, non è in vendita, ma lo prenda pure” rispose.
“Grazie, lei è molto gentile.”
Oggi il tavolo e il libro hanno trovato la loro collocazione in casa: il primo in taverna, il secondo nella libreria del mio studio, che io amo chiamare, più confidenzialmente, “stanza della pace”.


lunedì 24 settembre 2018

L'addio di A. Moresco - Nessuna pagella

Delusione.
La prima parola che mi viene in mente.
Dall'inizio alla fine.
Libro dai toni cupi, esagerati, con un susseguirsi di domande, sempre le stesse, con un susseguirsi di immagini, sempre le stesse, fino alla fine dove, anche l'ultimo capitolo, non lascia niente.
Niente appunto, la seconda parola che mi viene in mente.
Non so cosa dire di questo libro. 
Non saprei nemmeno che voto dare, sarebbe troppo basso.
Come succede in borsa, quando i titoli vengono sospesi per eccesso di ribasso.



sabato 18 agosto 2018

Bye bye ferie

Agosto è il periodo in cui la maggior parte delle persone va in ferie, parola che spesso coincide con vacanza.
C'è chi le aspetta tutto l'anno per godersele, per viaggiare, per rilassarsi, per divertirsi, o soltanto per staccare dalla quotidianità. C'è chi non ce la fa proprio a restare a casa, c'è chi si indebita pur di potere accarezzare un sogno.
Poi c'è chi non ce l'ha proprio le ferie, per motivi a volte anche tristi, c'è chi è costretto a restare a casa, c'è chi affronta il mese delle ferie (degli altri) senza nessun cambiamento.
Le città si svuotano, o così almeno sembra, e chi resta a casa pare apprezzare di più la nuova situazione, diventando "padrone", per un po', di qualcosa che durante tutto il resto dell'anno gli viene negato. C'è chi si sente più solo e c'è chi si sente ancora più solo.
Insomma, ce n'è per tutti i gusti, come durante tutto il resto dell'anno, per cui mi limiterò a parlare delle mie, di ferie. 
Il posto dove abitualmente trascorrevo parte di questo periodo adesso non esiste più, devastato dal terremoto.
Da allora, ogni anno, il ricordo torna inevitabilmente a quel luogo e quelle persone.
Da allora io la mia famiglia trascorriamo il periodo delle vacanze semplicemente a casa.
E in quel "semplicemente" ci sta un po' tutto, dal desiderio di godersi la famiglia tra le mura domestiche all'opportunità di godersi il silenzio delle strade, dalla possibilità di dedicarsi a quello che durante il resto dell'anno non riesce mai a quella di poter fare qualche lavoretto di casa che fa sudare e fa avvertire la fatica, ma che alla fine dà tanta soddisfazione.
Per pochi giorni è possibile riappropriarsi del proprio tempo, come quello di riprendere di nuovo in mano un libro (era ora, da quanto tempo!) e provare nuovamente il gusto di leggere senza dover guardare l'orologio, o come quello di riprendere a scrivere qualcosa, qui, in questo Rifugio deserto.
Alla fine ti rendi conto che di riposo, fisicamente parlando, ce n'è stato ben poco, ma quel poco ti ha fatto fare il pieno di carica e di energia per riprendere le attività abituali, quelle nuove e quelle che ritornano.

Bye bye ferie.
Alle prossime.



venerdì 3 agosto 2018

Sere d'estate


"Di giorno si prodigava e non faceva trapelare nessun disagio, ma spesso la notte, prima di andare a dormire, si sedeva sulla porta della sua capanna e si metteva a guardare il cielo e a pensare.
Da lì, con la fantasia si metteva a volare, a calcolare la distanza fra una stella e l’altra, la distanza che c’era fra la sua terra e quella terra. In breve tempo si perdeva completamente in quell’immenso mare di quelle piccole luci della notte. Ogni stella rappresentava la faccia di una persona e la più luminosa assomigliava a quella di sua madre." (da Al di là delle ombre)


Immagina una sera d'estate. Immagina di essere sdraiato su un lettino, con le braccia incrociate dietro la testa. Immagina di guardare il cielo dove sbrilluccicano tante piccole stelle.
Ecco, adesso smetti di immaginare e lascia volare la fantasia.

martedì 22 maggio 2018

Caro Rifugio, rieccomi qua...

Non sono tante le cose da dire, proprio perché sarebbero tante.
Fosse stato un anno fa, sicuramente avrei scritto che un altro anno di attività stava giungendo al termine, ma questa volta non posso dire così.
Non sono tante le cose da dire, proprio perché sarebbero tante, ma sono rimaste dentro di me, per mancanza di interlocutori interessati ad ascoltarle.
Se si trattasse di questioni sportive, potrei dire di aver trascorso una stagione in tribuna, guardando giocare gli altri, senza la possibilità di entrare in campo. Per entrare occorre almeno essere in panchina.
Eppure sono convinto che non sia stato un anno passato invano.

A presto Rifugio, ti saluto con... una voglia matta di tornare a giocare.

martedì 27 marzo 2018

Si avvicina la Pasqua

Risurrezione.
Una parola che ha cambiato il corso della storia, dai molteplici significati se applicata alla vita, quella di tutti i giorni.
Potremmo trovare le metafore più disparate, ma la parola dà adito anche a molti dubbi e domande.
Personalmente, mi piacerebbe sapere, ad esempio, se coloro che si dichiarano credenti credono veramente nella risurrezione, o se questa non è altro che una parola da tirare fuori di tanto in tanto per dare un senso a una rinascita, interiore o comunque personale, che riguarda qualche risvolto della propria o della altrui vita.
Leggendo qua e là, sembra che tanti giovani, pur dichiarandosi credenti, non credono nella risurrezione.
Mi piacerebbe sapere se i credenti credono nei miracoli. Anche la parola miracolo desta dubbi e perplessità, ma spesso è usata ed abusata, soprattuto in casi in cui di miracoloso c'è ben poco.
Forse è soltanto un modo per farci capire che qualcuno ci è vicino. 
Leggendo qua e là, sembra che tante persone, pur dichiarandosi credenti, non credono nei miracoli.


Eppure, quando arriva Pasqua...