giovedì 22 novembre 2018

L'angolo d'infanzia - Terza parte


Un giorno tuo padre convocò tutta la famiglia per comunicare una notizia.

«Presto anche noi avremo una macchina. Sono andato in città e ne ho comprata una. È bellissima, di colore grigio metallizzato ed è molto adatta per le nostre necessità».

«Ma babbo, tu non hai la patente», replicasti.

«La prenderò», rispose in maniera perentoria. «Mi sono stancato di essere accompagnato dagli altri o di portare te o tua madre sulla sella posteriore del motorino!»

Lo disse guardandola negli occhi e a te parve che i loro sguardi, per un attimo, si accarezzassero.

«Dovremo fare una rimessa», riprese.

«E dove la facciamo?» domandasti.

«In realtà non dobbiamo costruirne una nuova, ma fare un garage al posto della capanna della legna», rispose.

«Non è giusto!» gridasti. E scappasti via, di corsa, senza voler sentire nessuna ragione. In pochi secondi raggiungesti il tuo rifugio e, con un movimento acrobatico che conoscevi a memoria, balzasti dentro alla tua trincea, questa volta per difenderla. Da un po’ di tempo dovevi fare più attenzione del solito nell’effettuare quel salto, perché avevi l’impressione che quel luogo si fosse fatto più piccolo ed era molto facile graffiarsi o sbattere da qualche parte.

Tuo padre ti chiamò varie volte, poi decise di lasciarti il tempo per farti sbollire la rabbia.

Tirasti fuori dalla scatola un mangianastri e infilasti una cassetta. Premesti il tasto PLAY e alzasti il volume al massimo. Iniziò una canzone di Patrick Hernandez che stava spopolando nelle discoteche e che era molto ballata anche nelle feste in casa: It’s good to be alive, to be alive, to be alive, it’s good to be alive.

Quelle parole sembravano prendersi gioco di te. Spengesti tutto e lasciasti che il mondo restasse fuori.

Non riuscivi a immaginare che uno stupido garage prendesse il posto del tuo rifugio. Per te non era una semplice rimessa di legna, ma un luogo capace di abbracciarti e coccolarti, che di tanto in tanto dovevi rimodellare per renderlo nuovamente accogliente dopo che altri pezzi venivano accatastati per rimpiazzare quelli utilizzati per scaldare le fredde giornate d’inverno.

Con l’auto, arrivò anche un nuovo impianto di riscaldamento alimentato a gas, così la legna e il tuo rifugio se ne andarono insieme.

Il giorno in cui avvenne tutto questo tu eri in gita scolastica, ma prima di partire prendesti la tua macchinetta fotografica. C’era solo uno scatto disponibile in quel rullino. Con attenzione, per non sciuparla, scattasti la foto al tuo rifugio.

Al tuo rientro non c’era più niente e provasti un gran vuoto.

Quella foto in bianco e nero, un po’ ingiallita dal tempo, giace nella soffitta, in uno scatolone che non hai più aperto dopo l’ultimo trasloco.

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