domenica 25 novembre 2018

L'angolo d'infanzia - Quarta parte


In occasione dell’ultimo giorno di scuola facesti quello che non avevi mai fatto: invitasti tutti i tuoi compagni di classe a casa tua. Volevi dare una festa per festeggiare la fine dell’anno scolastico, ma tutti risposero che non sarebbero venuti. Tutti, tranne la ragazza per la quale avevi preso una bella cotta.

«Guarda che non devi sentirti obbligata», le dicesti.

«No, che dici, ci vengo volentieri», replicò.

«E come verrai a casa mia? Prenderai l’autobus?»

«In qualche modo farò».

Ti guardò e, sorridendo, se ne andò.

Quella notte non riuscisti a chiudere occhio. Provasti e riprovasti a immaginare quello che avresti fatto, quello che le avresti detto. Eri talmente emozionato che decidesti di alzarti per andare nel tuo rifugio. Avevi già infilato le ciabatte quando, con un barlume di lucidità, ti ricordasti che non c’era più, rimpiazzato da un garage, freddo come il metallo di cui era fatto, che ti aveva reso nomade per molto tempo.

La mattina seguente ti guardasti allo specchio.

«Che schifo, non le piacerai di certo con quella faccia», ti dicesti guardando le enormi borse sotto gli occhi che stavano lì, livide, a testimoniare la tua notte insonne.

Il pomeriggio arrivò e l’ansia per l’attesa di quella visita era alle stelle. Non c’era più nessuna festa da fare, ma qualche ora da trascorrere insieme, tu e lei.

Sentisti il rumore di una Vespa che si avvicinava.

«Eccola».

Ti precipitasti fuori ad attenderla, ma quello che vedesti di lì a poco ti lasciò basito, perché non era arrivata da sola, ma accompagnata da un vostro compagno di classe.

«Ciao», ti disse scendendo.

«Ciao!» disse di nuovo non ricevendo nessuna risposta da te.

«Ciao», ti disse anche lui.

Ma a te vennero fuori soltanto poche parole: «Vattene, non c’è niente da festeggiare!»

Ti rivolgesti a lei, senza curarti di lui, poi ti girasti e ti incamminasti verso casa.

«Ma cosa dici, sei impazzito?» disse lei dopo un attimo di smarrimento. «Dove vai? Guarda che non è come pensi! Lui è stato gentile ad accompagnarmi. Mi ha soltanto accompagnato. Ehi! Girati! Ascoltami!»

Ma, non ottenendo nessuna reazione da parte tua, concluse: «Vai al diavolo, vai! Sei uno stupido ragazzino!»

Non ti girasti e non rispondesti. Un gesto della mano parlò al posto tuo. Non sentivi nemmeno più le parole che lei e lui ti gridavano dietro. Sentisti soltanto il rumore della Vespa che ripartì pochi istanti dopo.

Per anni, in seguito, ti sei chiesto che cosa sarebbe accaduto se l’avessi ascoltata.

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