In occasione
dell’ultimo giorno di scuola facesti quello che non avevi mai fatto: invitasti
tutti i tuoi compagni di classe a casa tua. Volevi dare una festa per
festeggiare la fine dell’anno scolastico, ma tutti risposero che non sarebbero
venuti. Tutti, tranne la ragazza per la quale avevi preso una bella cotta.
«Guarda che non
devi sentirti obbligata», le dicesti.
«No, che dici,
ci vengo volentieri», replicò.
«E come verrai a
casa mia? Prenderai l’autobus?»
«In qualche modo
farò».
Ti guardò e, sorridendo,
se ne andò.
Quella notte non
riuscisti a chiudere occhio. Provasti e riprovasti a immaginare quello che
avresti fatto, quello che le avresti detto. Eri talmente emozionato che
decidesti di alzarti per andare nel tuo rifugio. Avevi già infilato le ciabatte
quando, con un barlume di lucidità, ti ricordasti che non c’era più,
rimpiazzato da un garage, freddo come il metallo di cui era fatto, che ti aveva
reso nomade per molto tempo.
La mattina
seguente ti guardasti allo specchio.
«Che schifo, non
le piacerai di certo con quella faccia», ti dicesti guardando le enormi borse
sotto gli occhi che stavano lì, livide, a testimoniare la tua notte insonne.
Il pomeriggio
arrivò e l’ansia per l’attesa di quella visita era alle stelle. Non c’era più
nessuna festa da fare, ma qualche ora da trascorrere insieme, tu e lei.
Sentisti il
rumore di una Vespa che si avvicinava.
«Eccola».
Ti precipitasti
fuori ad attenderla, ma quello che vedesti di lì a poco ti lasciò basito,
perché non era arrivata da sola, ma accompagnata da un vostro compagno di
classe.
«Ciao», ti disse
scendendo.
«Ciao!» disse di
nuovo non ricevendo nessuna risposta da te.
«Ciao», ti disse
anche lui.
Ma a te vennero
fuori soltanto poche parole: «Vattene, non c’è niente da festeggiare!»
Ti rivolgesti a
lei, senza curarti di lui, poi ti girasti e ti incamminasti verso casa.
«Ma cosa dici,
sei impazzito?» disse lei dopo un attimo di smarrimento. «Dove vai? Guarda che
non è come pensi! Lui è stato gentile ad accompagnarmi. Mi ha soltanto accompagnato.
Ehi! Girati! Ascoltami!»
Ma, non
ottenendo nessuna reazione da parte tua, concluse: «Vai al diavolo, vai! Sei
uno stupido ragazzino!»
Non ti girasti e
non rispondesti. Un gesto della mano parlò al posto tuo. Non sentivi nemmeno
più le parole che lei e lui ti gridavano dietro. Sentisti soltanto il rumore
della Vespa che ripartì pochi istanti dopo.
Per anni, in
seguito, ti sei chiesto che cosa sarebbe accaduto se l’avessi ascoltata.
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