Il momento, mercoledì 3 luglio 1985, arrivò. Destinazione Chieti.
Era un momento che volevo tenere lontano, volevo che non arrivasse mai. Lontano da casa, lontano da Cinzia, lontano da tutti, per svolgere un servizio che ritenevo inutile.
Avevo avuto anche la possibilità di poter scegliere di farlo più vicino, attraverso certe persone, ma non mi andava di arricchirle per le loro manovre sottobanco. Così, quando mio padre mi prospettò quella eventualità, dissi di no, decidendo che avrei accettato qualsiasi posto. Un anno sarebbe comunque passato in fretta.
Nei giorni che precedettero la partenza conobbi, tramite la radio, un altro ragazzo di Pistoia che, come me, era destinato a Chieti, con partenza lo stesso giorno, e che, come me, si chiamava Roberto. Fissammo di ritrovarci alla stazione per prendere il treno insieme.
Con Cinzia mi salutai il giorno prima della partenza.
Non volli che venisse a salutarmi alla stazione, anche perché partivo a notte fonda, da Prato, e lei abitava a Scandicci. I miei invece mi accompagnarono al gran completo.
Era una notte calda. Ero vestito con dei jeans ed una maglietta gialla, ed avevo una borsa con il minimo indispensabile dentro.
Strano, mi ricordo come ero vestito, cosa che abitualmente non mi succede.
Arrivai alla stazione che era più o meno mezzanotte. C’era poca gente, per lo più militari come me in partenza per svariati posti d’Italia. Arrivò anche Roberto.
Il treno arrivò puntuale, direzione Bologna, fino a Pescara. Da lì dovevamo prendere l’autobus per andare a Chieti. Dovevamo essere in caserma di mattina presto, credo entro le 9.
Salutai in modo sbrigativo i miei genitori e mio fratello, per non rendere troppo lungo e pesante quel momento, ben sapendo che li avrei rivisti uno o due mesi più tardi.
Con Roberto salimmo sul treno e cercammo uno scompartimento libero dove sistemarci. Ci accomodammo e non mi affacciai al finestrino per gli ultimi saluti con il treno che parte. Non volli vedere le mani dei miei che si agitavano per salutarmi.
Da quel momento avrei dovuto cavarmela da solo, per cui preferii un distacco netto, senza tanti fronzoli, come era nel mio carattere. E dopo pochi minuti ero già calato nella nuova “parte”. Di Cinzia, comunque, avevo portato una fotografia che le avevo fatto durante una nostra gita al Lago Trasimeno, una delle nostre prime uscite. Ancora oggi ho in casa quella foto, ritagliata e incastonata dentro una scatola dei Baci Perugina a forma di cuore che trasformai in un porta fotografie.
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