sabato 16 aprile 2011

Quattro passi... con Ben - Quarantunesima puntata

Gli esami finali si stavano avvicinando a grandi passi.
Il periodo del ripasso era iniziato ed io facevo spesso avanti e indietro fra Pistoia e Firenze per studiare con gli altri, a casa di Giovanni, oppure dal Borzo o dall’Elena. Eravamo affiatati nello studio e quelle ore che passavamo insieme ci facevano sentire meno l’ansia per l’esame. Sì perché qualsiasi cosa se ne voglia dire, un esame è sempre importante, e per quanto si voglia tenere lontano il pensiero, l’attesa è sempre forte, soprattutto quando ci si gioca il futuro.
Il grande giorno arrivò.
La prima prova scritta fu Italiano, la seconda, il giorno seguente, per la prima volta in assoluto, fu Informatica. Fra le materie per prova orale, scelsi Italiano e Scienza delle finanze sperando che non venissero cambiate.
Per la prima ed unica volta sbagliai il tema d’Italiano.
Il membro della commissione, durante la prova orale commentò così:
“Signor Benassai, la sua prova scritta sarebbe stata da 10, solamente se il tema avesse avuto un altro titolo; non abbiamo fatto correzioni a quanto lei ha scritto, ma è andato fuori tema!”
Io già lo sapevo: il titolo si rifaceva agli scopi pacifici dell’energia nucleare, ed io mi ero soffermato troppo sugli scopi attuali di quei tempi, cioè scopi di guerra fredda. Cercai di spiegare il motivo di come fossi incappato in quell’errore e, molto tempo dopo, l’anno successivo quando andai a far visita agli insegnanti trovandomi a Firenze, seppi dalla mia professoressa di lettere che quella spiegazione era stata considerata come una polemica, una mancata accettazione di quella loro valutazione: roba da matti! Evidentemente non ero stato l’unico ad andare “fuori tema”! Comunque anche per quello fui “punito” oltre misura.
Le altre prove erano andate bene. Non avevo da temere una bocciatura nonostante il brutto voto preso nel tema, ma sapevo che sarebbe stato duro ottenere un buona valutazione finale.
Ero deluso ed il giorno dei risultati ero anche molto teso. Avevo studiato per anni con ottimi risultati ed ora che il voto contava veramente rischiavo di uscire dal mondo scolastico con un risultato bugiardo. La rabbia era enorme.
Arrivato a scuola mi venne incontro il Giuba: “Siamo passati tutti e diciannove. Siamo risultati la miglior classe di tutta la scuola. Vedessi che voti!”
Arrivai davanti al tabellone e scorrendo dall’alto cominciai a leggere i nomi cercando il mio. C’erano un sacco di 60/60, mi sembra sei, poi un sacco di 56/60 fino a 50/60. Infine, l’ultimo dei diciannove alunni: Benassai Roberto 48/60.
Ero arrivato ultimo, e nonostante tutto, con 48/60. Voti esageratamente gonfiati, compreso il mio. Gente che a fatica era stata ammessa all’esame aveva preso 54/60, addirittura 56/60. Ma come aveva fatto? Ed i risultati degli anni precedenti in che misura erano stati presi in considerazione?
Ero arrabbiatissimo, mi sentivo defraudato, soprattutto non sopportavo il fatto che tutti mi fossero passati avanti. Fu una bella botta per il mio orgoglio. Abituato ad essere fra i primi, se non il primo, mi ritrovai ultimo.
Tutti rimasero a festeggiare, io ripresi la vecchia Horizon del babbo e me ne tornai a Pistoia.
Arrivato a casa raccontai tutto quanto ai miei genitori e non ricordo chi di loro disse quelle poche parole che mi fecero prendere coscienza di una ulteriore realtà:
“Non te la prendere, 48/60 è un buon voto, non eri in gara con i tuoi compagni di classe. Dimostrerai il tuo valore quando andrai a lavorare. Il lavoro sarà il vero esame e lì, chi ha veramente imparato, lo dimostrerà.”
I giorni che seguirono non furono facili.

4 commenti:

  1. Caro Ben, ciao!
    Ma comunque 48/60 era un gran ben voto!
    Poi sicuramente saggia e incoraggiante la risposta dei tuoi genitori, consapevoli - per esperienza personale - che altri esami ti attendevano (e che esami!) e che in essi avresti potuto "riscattare" la tua delusione per il voto di maturità.
    Alla prossima :-)

    RispondiElimina
  2. Ciao Ines,
    quel voto comunque mi impedì di accedere a qualche concorso o a posti di lavoro che allora erano molto ambiti.
    Ma fui fortunato e a settembre già lavoravo.
    In un modo o in un altro, ho trovato quasi sempre la forza di reagire agli eventi negativi, spesso con le mie sole forze e, quando questo era troppo per me, senza rifiutare l'aiuto di chi mi voleva bene.

    RispondiElimina
  3. Ciao Ben,
    chissà che quel voto, dunque, non sia stato un bene...chi può dirlo, visto che a settembre avevi già un lavoro?
    Sicuramente per reagire alle difficoltà ci vogliono sia una grande forza interiore sia umiltà: la prima per cavarsela da soli, finché è possibile; la seconda per non disdegnare l'aiuto altrui in caso di bisogno.
    E comunque penso, caro Ben, che nell'umiltà stessa ci sia una grande forza. Non credi?
    Buona serata

    RispondiElimina
  4. Ciao Ines, sì credo anch'io
    L'umiltà è una grande forza, rende consapevoli, non fa rinunciare e non impedisce di andare avanti.
    Fa essere sinceri e onesti con se stessi, fa riconoscere i propri limiti e le proprie debolezze, ma allo stesso tempo è fonte di grande stimolo.

    Per alcuni, non per tutti.
    Ciao

    RispondiElimina