Le vacanze estive, soprattutto quelle dopo la quarta e la quinta, furono momenti per fare le ultime ragazzate e furono anche l’occasione per provare esperienze irripetibili a giro per l’Italia e l’Europa.
Con Luca e due suoi amici, Andrea e Filippo, ne organizzammo una in campeggio, a Pinarella di Cervia, che ben presto si rivelò un corso di sopravvivenza.
L’appuntamento era a casa di Luca, che io raggiunsi la sera prima della partenza, prevista la mattina successiva.
Ricordo le parole di mia madre quando le telefonai per dirle che ero arrivato a casa di Luca:
“Hai preso tutto?”
“Sì.”
“E i soldi?”
“Anche troppi! 150.000 lire.”
“150.000 lire?! Disgraziato, ma dove vuoi andare con quelli? Chiedili ai genitori di Luca, che poi glieli restituiamo quando torni. Mi raccomando, non andare per il mondo senza soldi!”
“Va bene, glieli chiedo.”
Ma non lo feci, e con quei soldi partii per fare due settimane di vacanza.
Arrivammo a Pinarella e ci accampammo in uno dei pochi campeggi liberi, con pochi giovani e molta gente anziana. Sistemammo le tende, l’attrezzatura e poi via di corsa in spiaggia, dove conoscemmo alcune ragazze austriache molto carine. Nonostante i problemi linguistici, fissammo di uscire una sera. Pieni di entusiasmo ci recammo al posto fissato con la speranza di trascorrere una bella serata, ma quando giungemmo, le vedemmo già in compagnia di altri ragazzi dotati di un gran macchinone. Noi, invece, avevamo soltanto le nostre scarpette da ginnastica.
La guerra era dichiarata.
Luca, colto da un raptus, corse al campeggio e tornò con il barattolo della schiuma da barba. Cominciammo a vagare per le strade del paese per rintracciare la loro auto. La trovammo e in pochi minuti fu coperta di schiuma, con su scritto: “UCCELLONE!”.
Luca, alla fine, si rilassò e concluse: “Ecco, ora sto meglio.”
I raptus di Luca non si esaurirono lì.
I soldi scarseggiavano, mangiavamo poco e male, privandoci di tutto per poter tornare a casa in treno e non con il foglio di via dei carabinieri.
Una sera eravamo tutti e quattro al campeggio, pieni di noia e molto affamati. Ci eravamo seduti di fronte allo spaccio degli alimentari, che era chiuso, considerata l’ora.
“Io vado a dormire” dissi.
Anche Andrea e Filippo andarono nella loro tenda.
Luca rimase. “Io arrivo fra poco, prima devo fare la spesa per domani.”
Sul momento non capii cosa intendeva dire.
Mi ero già appisolato quando sentii aprire la tenda. Luca, in preda all’eccitazione, cominciò a balbettare: “R-R-Roberto, guarda qua, domani si mangia!”
Io, ancora insonnolito, mi girai verso di lui e lo vidi scaricare dalla maglietta una quantità imprecisata di patate e pomodori.
“Ma che cosa hai fatto?”
“Erano lì, nelle cassette, allora ho f-f-fatto la spesa!”
“Sciagurato, tu ci fai andare tutti in galera!”
“Non ti preoccupare, non m-m-mi ha v-v-visto nes-nessuno! Do-domani frittata di patate e insalata di pomodori!”
Il giorno seguente fu sufficiente comprare alcune uova e quello divenne il pranzo migliore di tutta la vacanza.
Luca mi sorprese di nuovo un giorno che andammo a trovare un’amica a Cesenatico. All’ora di pranzo ci recammo in una rosticceria il cui bancone era un po’ sguarnito. C’erano solo dei gamberetti fritti dietro il vetro.
Ordinammo delle patate fritte che la banconiera si apprestò ad andare a preparare dietro, in cucina. Allora Luca, con rapidità impressionante, allungò il braccio, aggirando il vetro, e andando a “pescare” i gamberetti: “Buoni questi gamberetti!”
I soldi stavano finendo, così io e Luca decidemmo di ripartire con alcuni giorni di anticipo.
Preparammo tutta la nostra mercanzia ed andammo a pagare il conto.
Subito ci accorgemmo che avevano fatto un errore, a nostro favore. Luca iniziò per dire qualcosa:
“R-Roberto…”
Girandomi verso di lui, per non farmi vedere dal campeggiatore, sottovoce gli dissi:
“Zitto, che qui bisogna tornare a casa!”
Grazie a quel conto sbagliato riuscii a riportare a casa 11.000 lire.
Se il conto fosse stato giusto non avrei potuto comprare il biglietto per il ritorno.
Nessun commento:
Posta un commento