Increduli. Quella notizia ci ha lasciato increduli.
Una giornata come tante, forse una mattina fra le più belle di questo lungo inverno.
Inebetiti, storditi, ancora incapaci di rendersi conto.
Ma tu sei già sul freddo asfalto, colpito da un muletto che ha spento la tua luce, gettandoti nel buio.
Le ore passano, scandite dall’arrivo delle autorità, dei giornalisti, delle televisioni.
Ma non è uno spettacolo.
E arriva la sera del giorno dopo, quando i tuoi compagni di lavoro, gli amici di tanti anni, rientrano sedendosi ai soliti posti, al grande tavolo della vostra sala. Ti lasciano la sedia libera, la tua, come tutte le sere fino ad ieri. Forse aspettano che tu rientri, magari un po’ più tardi del solito.
Non avverrà.
Si sente solo lo squillo del telefono e lo strappo dei cartellini, accompagnati da un insolito silenzio.
Ed è arrivato oggi, quando il tuo mondo si è fermato per un po’ per salutarti ancora una volta.
A me sono tornati in mente i dispetti che ci facevamo, il tuo senso dell’umorismo, le nostre dispute verbali quando, vicendevolmente, ci prendevamo in giro in caso di sconfitta della nostra squadra del cuore. Oppure quando ti chiedevo come si chiamavano gli abitanti di Piazza, paese che ti ha ospitato per un po’. “Piazzali”, era la tua risposta. Oppure il brindisi d’auguri con tutti gli altri per la vigilia di Natale nella nostra stanza ovale.
Mentre tu stai entrando in chiesa, nella strada passano i camion, i trattori con le piante nei carrelli posteriori: come ieri, come domani.
Oggi in tanti ti hanno accompagnato; la chiesa era colma di gente, ma anche di tristezza.
La faccia bianca dei tuoi figli e di tua moglie. Bianca, come i fiori che gli amici di tuo figlio, il più piccolo, hanno deposto ai tuoi piedi. Bianca, come la tua morte.
Lo sguardo vuoto di chi non sa darsi pace. Vuoto, come la risposta che non verrà mai data ad un perché.
Tutta una vita si è fermata in un attimo.
Ma oggi è solo una sosta, giusto il tempo dei saluti, perché il tuo viaggio sta per riprendere, questa volta in una luce nuova.
Sono i tuoi compagni di lavoro che ti aiutano a fare i primi metri. A turno ti porteranno a spalla fino a quella che a noi sembrerà la tua nuova dimora, mentre tu sei già altrove.
La terra, come quella che hai lavorato per tanto tempo, comincia a tamburellare su di te, prima più forte poi sempre più piano, fino a sfiorare il silenzio, come quello che avvolge tutti quanti, prima che ognuno riprenda la sua strada.
La sosta è finita.
Il pomeriggio è alto, come il sole nel cielo ancora celeste. Sento un rumore che proviene da lassù. Alzo lo sguardo ed un aereo, volando a bassa quota, passa di sopra e se ne va.
Il tuo nuovo cammino è iniziato.
Buon viaggio.
Una giornata come tante, forse una mattina fra le più belle di questo lungo inverno.
Inebetiti, storditi, ancora incapaci di rendersi conto.
Ma tu sei già sul freddo asfalto, colpito da un muletto che ha spento la tua luce, gettandoti nel buio.
Le ore passano, scandite dall’arrivo delle autorità, dei giornalisti, delle televisioni.
Ma non è uno spettacolo.
E arriva la sera del giorno dopo, quando i tuoi compagni di lavoro, gli amici di tanti anni, rientrano sedendosi ai soliti posti, al grande tavolo della vostra sala. Ti lasciano la sedia libera, la tua, come tutte le sere fino ad ieri. Forse aspettano che tu rientri, magari un po’ più tardi del solito.
Non avverrà.
Si sente solo lo squillo del telefono e lo strappo dei cartellini, accompagnati da un insolito silenzio.
Ed è arrivato oggi, quando il tuo mondo si è fermato per un po’ per salutarti ancora una volta.
A me sono tornati in mente i dispetti che ci facevamo, il tuo senso dell’umorismo, le nostre dispute verbali quando, vicendevolmente, ci prendevamo in giro in caso di sconfitta della nostra squadra del cuore. Oppure quando ti chiedevo come si chiamavano gli abitanti di Piazza, paese che ti ha ospitato per un po’. “Piazzali”, era la tua risposta. Oppure il brindisi d’auguri con tutti gli altri per la vigilia di Natale nella nostra stanza ovale.
Mentre tu stai entrando in chiesa, nella strada passano i camion, i trattori con le piante nei carrelli posteriori: come ieri, come domani.
Oggi in tanti ti hanno accompagnato; la chiesa era colma di gente, ma anche di tristezza.
La faccia bianca dei tuoi figli e di tua moglie. Bianca, come i fiori che gli amici di tuo figlio, il più piccolo, hanno deposto ai tuoi piedi. Bianca, come la tua morte.
Lo sguardo vuoto di chi non sa darsi pace. Vuoto, come la risposta che non verrà mai data ad un perché.
Tutta una vita si è fermata in un attimo.
Ma oggi è solo una sosta, giusto il tempo dei saluti, perché il tuo viaggio sta per riprendere, questa volta in una luce nuova.
Sono i tuoi compagni di lavoro che ti aiutano a fare i primi metri. A turno ti porteranno a spalla fino a quella che a noi sembrerà la tua nuova dimora, mentre tu sei già altrove.
La terra, come quella che hai lavorato per tanto tempo, comincia a tamburellare su di te, prima più forte poi sempre più piano, fino a sfiorare il silenzio, come quello che avvolge tutti quanti, prima che ognuno riprenda la sua strada.
La sosta è finita.
Il pomeriggio è alto, come il sole nel cielo ancora celeste. Sento un rumore che proviene da lassù. Alzo lo sguardo ed un aereo, volando a bassa quota, passa di sopra e se ne va.
Il tuo nuovo cammino è iniziato.
Buon viaggio.
Caro Ben,
RispondiEliminaleggo ora questo tuo articolo. Difficile trovare le parole giuste di fronte al dolore. Mi dispiace per il tuo amico e per la tristezza dei suoi cari. Sono momenti in cui non si trova conforto in niente e in nessuno.
Un pensiero per lui.
E a te che lo hai ricordato un grazie per la condivisione.
Maria
Ben, avevo lasciato un commento ma vedo che non compare. Forse c'è qualche problema. Torno domani se riesco.
RispondiEliminaCiao. Maria
Mi spiace tanto per il tuo amico e per la sua famiglia... toccante il tuo scritto: hai voluto (e saputo)condividere questa dolorosa perdita.
RispondiEliminaUn carissimo saluto a voi, ciao Ines e Maria, ciao Ben.
Le parole non ci sono, e quelle poche sembrano essere di troppo. E' quello che rimane non detto che assume importanza e valore differenti.
RispondiEliminaGrazie.
Caro Ben,
RispondiEliminale parole del dolore, della perdita, delle risposte mancate ai tanti "Perché?" che premono quando il destino ha voluto colpire crudelmente.
Sono le parole che stentano ad uscire, le più difficili da pronunciare e da scrivere, forse perché entrano nel vivo dei sentimenti e dei ricordi più cari, ancor più cari quando una persona che amiamo ci lascia.
Le hai dette con dolcezza, con l'essenzialità necessaria, ché - in simili circostanze - la ridonzanza suonerebbe come un oltraggio.
Ti abbraccio con affetto, se permetti.
Un caro saluto a Bianca e a Maria.
Permetto.
RispondiEliminaGrazie.
Un saluto a tutte.
Caro Roberto
RispondiEliminaL'avevo avuta dalla tele la notizia di quella terribile tragedia. E l'avevo commentata in casa. Ma leggerla qua stasera è stato choccante: il tuo scritto mi ha fatto sentire l'incredulità, la costernazione, tutto il dolore della famiglia, dei compagni, della comunità tutta e anche il tuo personale. Ti/Vi sono vicina.
dania
Ciao Dania,
RispondiEliminabenvenuta.
Ti ringrazio per la visita e per le tue parole.
A presto.