Una
canzone degli anni Ottanta diceva più o meno così:
Words, don’t come easy, to me
This is the only way for me to
say…
È
così anche per me. Quando le parole non mi vengono facilmente, l’unico modo che
ho per dirle è scriverle.
Sono
stato un po’ titubante, ma poi ho deciso di scrivere.
Appena
ho saputo sono andato subito ad aprire i nostri ultimi messaggi scambiati su
whatsapp. Chissà perché l’ho fatto. Forse perché non mi sembrava possibile, non
volevo crederci.
Te
ne sei andata nella notte, eppure il messaggio che appariva era “ultimo accesso
oggi alle 9,05”. Allora vedi che anche per il social non era vero?
Ma
sappiamo bene che non è così.
Te
ne sei andata in silenzio, come quel silenzio che ha caratterizzato gli ultimi
anni, dopo che avevi dovuto abbandonare la nostra comunità per tornare alla
sede generale. Già questo non faceva presagire niente di buono, ma tu, in quelle poche volte che era stato possibile parlare per telefono, dicevi che stavi
benino, cosa che hai continuato a scrivere, quando i nostri dialoghi sono
diventati messaggi.
Volevo
venire al tuo funerale, ma circostanze quotidiane me lo hanno impedito. So già
che non averti accompagnato in questo tuo ultimo viaggio terreno mi peserà a
lungo.
E
così è cominciata la ricerca dei ricordi, per sentirti più vicina. Non è stato
facile trovare qualche foto. Tu, sempre schiva, cercavi di evitarle. Mi ricordo
le tue parole quando inserii, per tua sorpresa, una tua foto fra i
collaboratori di uno spettacolo che avevamo portato avanti insieme. La didascalia
era “Quelli che pregano per i Custodi della Via”. Avevi un bel sorriso in
quella foto. E come poteva essere altrimenti?
Invece
non ho trovato una foto che ci ritrae insieme. Mi sarebbe piaciuto tanto, sai?
Ma
poi ho pensato che non ne avevo bisogno, perché i ricordi più belli sono già
dentro di me.
È
stato come un susseguirsi di immagini: i nostri incontri per parlare degli
spettacoli da fare in Parrocchia, per farmi dire da te se un messaggio sarebbe
passato o meno, per farti ascoltare le canzoni o leggere i testi che avevo scritto. E
tu, paziente e cortese, mi dicevi quello che c’era da dire e le modifiche da
apportare, come quella volta che volevo un finale diverso dal testo e tu mi
facesti cambiare idea. Avevi ragione tu.
I
tuoi suggerimenti sono stati sempre preziosi per me, anche quando ti parlavo delle
attività che portavo avanti con i ragazzi, mossi dal comune desiderio di cercare "il suo Volto e il bene dei ragazzi". Mi hai
insegnato tanto.
Ma
quando ci incontravamo parlavamo anche di altro, come un figlio fa con una
madre. E tu avevi tanti altri figli. A volte non era facile parlare con te:
tutti ti volevano, tutti ti cercavano, dai più piccoli ai più grandi.
Hai
ascoltato i miei dubbi, le miei gioie, le mie arrabbiature, le mie esperienze,
ti sei sempre interessata a me, alle mie passioni, ai miei problemi, alla mia
famiglia.
Le
tue parole mi rasserenavano, sapevi sempre tirar fuori la parola giusta al
momento giusto. Qualche volta hanno asciugato delle lacrime prima che avessero
la forza di venire fuori.
Ricordo
quelle volte che ci siamo abbracciati, con quella strana sensazione di non poter
entrare in contatto con la tua pelle a causa del tuo particolare abito.
Ricordo
quando dicevi “Prega!” ed io ti rispondevo “Ci provo, ma le mie non
sono buone, non arrivano a destinazione. Le tue invece arrivano, sono potenti!”
E
tu ridevi.
Già, il tuo sorriso. Ricordo
il tuo sorriso.
Oggi
ho riletto gli ultimi messaggi della chat: io ti avevo inviato l’ultimo racconto e
tu mi avevi risposto “Grazie Infinite”.
Sono
io che ti ringrazio, di cuore, per tutto.
Appariva
la scritta “ultimo messaggio mer ore 9,05”.
Il
tuo telefono si è spento.
Per
sempre.
Ciao
Suor Anna.