domenica 10 giugno 2012

Quattro passi... con Ben - Settantunesima puntata


Il resto dell’anno proseguì in modo tranquillo, secondo la solita routine giornaliera.
Essendo diventato autista, mi ero definitivamente stabilito nell’ufficio in cui si gestiva tutto il carteggio degli automezzi, al Taliedo. Lì lavorava anche lo Squalo, così nei momenti di intervallo ci ritrovavamo al bar insieme a Federico, che lavorava al comando.
Eravamo diventati molto affiatati e più il tempo passava più ci legavamo.
Ognuno di noi faceva la sua corsa per tornare a casa il più possibile (ed in questo la “lingua” dello Squalo era imbattibile), a Federico fu concessa addirittura la licenza premio che, oltre per i suoi meriti, era un premio per tutto il nostro scaglione (così ci disse il capitano), ma riuscivamo addirittura a tornare a casa anche con un semplice permesso 8-12, cioè valido fino a mezzogiorno, ora in cui poi ci si poteva avvalere della libera uscita e rientrare poi molto tardi di notte, con qualche piccola complicità. Allora ci organizzavamo per ottenere quel permesso in modo tale da riempire una macchina, la mia o quella dello Squalo, per dividere le spese del viaggio. E così si partiva alla volta della Toscana, premendo sull’acceleratore per accorciare il tempo del viaggio ed arrivare prima, per sfruttare tutto quel poco tempo a nostra disposizione. Poi la sera, puntuali, si ripartiva per essere a mezzanotte in caserma.
Alcune volte però, invece di tornare a casa, andavamo a fare i turisti in alcune città.
Ed è così che ho visto per la prima volta Venezia e Milano, oltre a quelle un po’ più piccole, come Verona e Cremona, che in precedenza non avevo mai visitato.
Insomma cercavamo di far fruttare al meglio quell’esperienza militare.
Ogni occasione era buona per cercare di evadere, ma in senso positivo.
E con questo spirito partecipammo ad un torneo di calcetto a Montichiari, facendo una squadra che era costretta a cambiare formazione tutte le volte che giocava, a causa dei turni di guardia e dei servizi.
Ovviamente arrivammo ultimi nel nostro girone e fummo eliminati. Però ricordo ancora con piacere l’unica partita che giocai, anche se perdemmo 6 - 3.
Quella sera avevamo fatto fatica a trovare cinque giocatori da mettere in campo. Ed essendo in cinque bucati non avevamo la possibilità di effettuare cambi per riprendere fiato. Il quinto “atleta” era il maresciallo Esposito, che si credeva un giocatore, ma che doveva fare i conti con l’età avanzata.
Fino a quando ci resse il fiato giocammo alla pari con gli altri, fino al 3 - 3; poi ci fu il tracollo.
Io segnai due goals, di cui uno spettacolare, forse il più bello di tutti di quelli che ho segnato durante la mia attività amatoriale in tornei e campionati di calcio a 5.
Fu proprio Esposito che mi fece l’assist.
Iniziò l’azione sulla fascia sinistra del campo, triangolando con Giovanetti che gli rese la palla. Lui scese fino sul fondo, poi rimise la palla al centro rasoterra ed io, facendola passare  fra le gambe, la toccai di tacco facendola finire in fondo alla rete dal lato opposto a quello in cui era piazzato il portiere. Alzai le braccia al cielo per esultare ed anche il pubblico apprezzò quell’azione ed applaudì sportivamente.
Era poca cosa, di poca importanza, in fondo era un torneo insignificante, ma a me bastava per dare un senso a tutte le piccole cose che potevano aiutarmi a farmi trascorrere meglio quell’annata.
E così era utile anche una partita di calcetto.
Oggi, a distanza di tanti anni, mi sto rendendo conto che ricordo maggiormente tutto ciò che era positivo o allegro e quasi niente di ciò che mi dava fastidio, e di conseguenza posso dire che, nonostante tutto quello che si possa pensare sull’inutilità del servizio di leva, quell’anno è stato positivo ed utile.
Lì ho potuto veramente capire che tipo di persona sono quando me la devo cavare da solo, lontano da casa e sono contento di come mi sono comportato in quei frangenti. Ho conosciuto amici che ancora frequento, ho cercato di aiutare altri che invece soffrivano per la lontananza degli affetti familiari.
Quindi dal lato morale e sentimentale sono cresciuto molto riuscendo a capire e gestire i vari distacchi dai genitori, dal fratello, dalla fidanzata e dagli amici abituali.
Dal punto di vista squisitamente pratico sono grato a quell’anno perché sono riuscito a prendere la patente per guidare camion e autobus, cosa che in molti avrebbero voluto per le necessità nella vita normale. A me, grazie a Dio, non è mai servita, perché ho sempre lavorato per ciò che ho studiato. Ma essere riuscito a prenderla significa che anche in quel caso sono riuscito a fare qualcosa per il meglio.
E poi, sono soprattutto contento perché sono riuscito a rimanere me stesso, impegnandomi anche quando era facile fare il contrario, e rimanendo coerente al mio modo di pensare e di agire, rispettando me stesso e gli altri.
E il congedo era ormai alle porte. 

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