E così mi
aggiunsi al gruppo, al quale dovevamo dare un nome.
Io
proposi il nome “Re-Ri Band” che era una sintesi del nome della caserma ed
inoltre era molto orecchiabile. Incontrai i favori del gruppo ed il nome fu
quello.
La
prima cosa era fatta.
Nei
giorni successivi cominciammo a mettere a punto i brani musicali da preparare, pensando
anche al tipo di pubblico che avrebbe assistito allo spettacolo e cioè tutti
militari di professione con le rispettive famiglie, “obbligati a partecipare”,
e i soldati di leva rimasti in servizio per consentire ad un’altra buona parte
di andare in licenza per le feste natalizie.
Lo
spettacolo, il cui titolo era “Aspettando la cometa”, era previsto per la
vigilia di Natale, e noi avevamo circa tre settimane per preparare tutto. Il
tempo non era tanto, ma fummo esonerati spesso dai servizi per fare le prove. Avevamo
attrezzato una stanza accanto al ristorante e lì ci riunivamo in tutti i momenti
liberi.
Un
giorno, durante le prove, irruppe improvvisamente il comandante.
“Buongiorno
ragazzi. Sono venuto a sentire a che punto siete. Fatemi ascoltare qualcosa che
avete preparato.”
Fummo
colti di sorpresa. Non avendo a disposizione gli spartiti, tutte le canzoni
dovevano essere imparate a memoria, e pur avendone provate alcune, queste erano
ancora in fase di studio.
Biagio,
per questo motivo, improvvisò un valzer con la fisarmonica suonando da solo.
“Sì,
va bene, ma fatemi sentire qualcosa che fate in gruppo.”
Partimmo
con Poster di Baglioni, ma il sergente steccò subito alla grande.
“Sergente
Pucci, ma proprio lei...” disse il comandante scuotendo la testa.
Riprovammo
ma non venne bene.
“Mamma
mia! Siete un disastro. Se avete preso questi giorni come una vacanza,
scordatevi la licenza, tutti quanti!” disse alterato, agitando freneticamente
le mani.
Il
sergente Pucci cercò di giustificarci: “Signor Comandante, dobbiamo provare,
non abbiamo gli spartiti e non abbiamo mai suonato insieme fino alla scorsa
settimana. Insomma abbiamo bisogno di un po’ di tempo.”
“Siete
un disastro. E non scordatevi la canzone natalizia: quella la voglio in tutti i
modi. Non ha importanza quale, ma deve essere fatta bene. Avete capito?”
“Sì,
signor Comandante. Abbiamo capito” rispose il sergente.
“Bene.
Sarà meglio per voi!”
E
così dicendo se ne andò via sbattendo la porta.
Quella
sfuriata fu una scossa salutare per il gruppo, e la voglia di fargli vedere che
non eravamo poi quel disastro che aveva detto ci ispirò. Così venne fuori il
repertorio.
Il
primo brano ad essere terminato fu la sigla dello spettacolo.
Era
composto da due canzoni, di due gruppi molto in voga a quei tempi, unite e
mixate tra loro, con cambio di ritmo fra la prima e la seconda. Giocammo molto
su questi cambi di ritmo all’interno dello stesso brano, facendo così anche per
la canzone natalizia che stava tanto a cuore al comandante.
Nacque
quasi per caso; infatti mentre stavamo pensando a quale fare, Biagio partì in
sordina suonando la tastiera. Dopo poche battute partì Ernani, che simulò,
incrociando le corde della chitarra, il suono delle campane. Poi gli altri uno
ad uno, ed infine io con la batteria.
Lavorammo
su quelle entrate, una successiva all’altra, fino a suonare tutti insieme, per
tornare poi, in una specie di percorso a ritroso, alla sola tastiera.
Venne
bellissimo, il brano più bello di tutti. E dietro a quello gli altri, da Vasco
Rossi a Baglioni, da Renzo Arbore a Ron e così via.
Il
repertorio era pronto. Non erano tante le canzoni che dovevamo fare in gruppo,
e non erano sufficienti a riempire tutta la serata, ma Biagio, con la sua
fisarmonica, sapeva tanti di quei brani, da fare una serata da solo. Io scrissi
una storiella utilizzando i doppi sensi dei cognomi degli ufficiali della
caserma, come ad esempio Gelato, Silvestro, La Triglia, Dell’Orso,
incastonandoli in una trama che li vedeva coinvolti tutti. Poi avrei dovuto
recitarla parlando con la voce di Beppe Grillo.
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