martedì 29 maggio 2012
sabato 26 maggio 2012
Mi sarebbe piaciuto
Stasera, in un teatro non molto lontano da qui, si svolge un incontro dedicato al dono della scrittura. Ad animare la serata Stefano Benni e Daniel Pennac. Ho cercato di comprare i biglietti, qualche giorno fa. Niente da fare: tutto esaurito. Un vero peccato ma, tenendo presente che la capienza del teatro è di circa 850 persone, sono rimasto piacevolmente sorpreso, perché non immaginavo che la scrittura "tirasse" così tanto. Quelli sono numeri da eventi musicali, teatrali, o comunque spettacolari.
Che considerazione fare?
lunedì 21 maggio 2012
Quattro passi... con Ben - Sessantanovesima puntata
E così mi
aggiunsi al gruppo, al quale dovevamo dare un nome.
Io
proposi il nome “Re-Ri Band” che era una sintesi del nome della caserma ed
inoltre era molto orecchiabile. Incontrai i favori del gruppo ed il nome fu
quello.
La
prima cosa era fatta.
Nei
giorni successivi cominciammo a mettere a punto i brani musicali da preparare, pensando
anche al tipo di pubblico che avrebbe assistito allo spettacolo e cioè tutti
militari di professione con le rispettive famiglie, “obbligati a partecipare”,
e i soldati di leva rimasti in servizio per consentire ad un’altra buona parte
di andare in licenza per le feste natalizie.
Lo
spettacolo, il cui titolo era “Aspettando la cometa”, era previsto per la
vigilia di Natale, e noi avevamo circa tre settimane per preparare tutto. Il
tempo non era tanto, ma fummo esonerati spesso dai servizi per fare le prove. Avevamo
attrezzato una stanza accanto al ristorante e lì ci riunivamo in tutti i momenti
liberi.
Un
giorno, durante le prove, irruppe improvvisamente il comandante.
“Buongiorno
ragazzi. Sono venuto a sentire a che punto siete. Fatemi ascoltare qualcosa che
avete preparato.”
Fummo
colti di sorpresa. Non avendo a disposizione gli spartiti, tutte le canzoni
dovevano essere imparate a memoria, e pur avendone provate alcune, queste erano
ancora in fase di studio.
Biagio,
per questo motivo, improvvisò un valzer con la fisarmonica suonando da solo.
“Sì,
va bene, ma fatemi sentire qualcosa che fate in gruppo.”
Partimmo
con Poster di Baglioni, ma il sergente steccò subito alla grande.
“Sergente
Pucci, ma proprio lei...” disse il comandante scuotendo la testa.
Riprovammo
ma non venne bene.
“Mamma
mia! Siete un disastro. Se avete preso questi giorni come una vacanza,
scordatevi la licenza, tutti quanti!” disse alterato, agitando freneticamente
le mani.
Il
sergente Pucci cercò di giustificarci: “Signor Comandante, dobbiamo provare,
non abbiamo gli spartiti e non abbiamo mai suonato insieme fino alla scorsa
settimana. Insomma abbiamo bisogno di un po’ di tempo.”
“Siete
un disastro. E non scordatevi la canzone natalizia: quella la voglio in tutti i
modi. Non ha importanza quale, ma deve essere fatta bene. Avete capito?”
“Sì,
signor Comandante. Abbiamo capito” rispose il sergente.
“Bene.
Sarà meglio per voi!”
E
così dicendo se ne andò via sbattendo la porta.
Quella
sfuriata fu una scossa salutare per il gruppo, e la voglia di fargli vedere che
non eravamo poi quel disastro che aveva detto ci ispirò. Così venne fuori il
repertorio.
Il
primo brano ad essere terminato fu la sigla dello spettacolo.
Era
composto da due canzoni, di due gruppi molto in voga a quei tempi, unite e
mixate tra loro, con cambio di ritmo fra la prima e la seconda. Giocammo molto
su questi cambi di ritmo all’interno dello stesso brano, facendo così anche per
la canzone natalizia che stava tanto a cuore al comandante.
Nacque
quasi per caso; infatti mentre stavamo pensando a quale fare, Biagio partì in
sordina suonando la tastiera. Dopo poche battute partì Ernani, che simulò,
incrociando le corde della chitarra, il suono delle campane. Poi gli altri uno
ad uno, ed infine io con la batteria.
Lavorammo
su quelle entrate, una successiva all’altra, fino a suonare tutti insieme, per
tornare poi, in una specie di percorso a ritroso, alla sola tastiera.
Venne
bellissimo, il brano più bello di tutti. E dietro a quello gli altri, da Vasco
Rossi a Baglioni, da Renzo Arbore a Ron e così via.
Il
repertorio era pronto. Non erano tante le canzoni che dovevamo fare in gruppo,
e non erano sufficienti a riempire tutta la serata, ma Biagio, con la sua
fisarmonica, sapeva tanti di quei brani, da fare una serata da solo. Io scrissi
una storiella utilizzando i doppi sensi dei cognomi degli ufficiali della
caserma, come ad esempio Gelato, Silvestro, La Triglia, Dell’Orso,
incastonandoli in una trama che li vedeva coinvolti tutti. Poi avrei dovuto
recitarla parlando con la voce di Beppe Grillo.
domenica 20 maggio 2012
Avvertire e sentire
A volte capitano avvenimenti strani. Magari cerchi di fare qualcosa e non riesci a combinare niente pur provandoci. Passa il tempo e smetti di provare, ma continui per la tua strada. E scopri, senza cercarle, nuove situazioni, provi nuove emozioni, conosci nuove persone e senti che cresce la fiducia intorno a te, ti senti coinvolto e vieni coinvolto, anche quando non te lo aspetti, perché non hai fatto niente o perché non hai nessuna esperienza in quello che ti viene richiesto. E ti domandi se sarai all'altezza.
Avverti la fiducia.
Senti la responsabilità.
domenica 13 maggio 2012
Quattro passi... con Ben - Sessantottesima puntata
Ero di
guardia al Taliedo in una notte fredda di autunno.
Il
caporale Ernani, come spesso accadeva in questi casi, aveva portato con sé un
mangianastri per rendere più piacevole (o meno spiacevole) il turno.
Lui
amava particolarmente la musica rock, di quella un po’ pesante, di gruppi che
nemmeno conoscevo. Mise una cassetta ed incominciò a canticchiare. Io cominciai
a battere le mani sul materasso del letto, come se stessi suonando la batteria,
andando a ritmo. Lui continuò, poi ad un tratto spense il mangianastri ed
esclamò: “Porco zio, ma sei un batterista?”
Io,
sul momento, pensai di avergli dato fastidio.
“Oh,
scusa; non pensavo di darti tanta noia.”
“Ma
cosa dici! Sei forte! Andavi perfettamente a tempo. Ma tu suoni le
percussioni?”
“No,
mi è sempre piaciuta la batteria, ma non l’ho mai suonata, e nemmeno vista da
vicino.”
“Accidenti!
Dai che rimetto la cassetta e la rifacciamo.”
Dopo
il piccolo concerto, Ernani mi disse:
“A
Natale dobbiamo fare uno spettacolo in caserma. Siamo io, Amadoro, Parisi,
Leonetti e il sergente Pucci. Leone suona la testiera e la fisarmonica, Amadoro
il basso, Parisi la chitarra ed io la batteria. Però a me piacerebbe suonare la
chitarra elettrica; il sergente è il cantante. Se tu provassi a suonare la
batteria io suonerei la seconda chitarra. Lo sai che forte che sarebbe?! Che ne
pensi?”
Io
feci il primo calcolo che mi passò per la testa: “Se suono per Natale, poi vado
in licenza per l’ultimo dell’anno!” pensai. E subito dopo dissi:
“Ok,
per me va bene, ma tieni conto che non ho mai suonato.”
“Non
ti preoccupare, tanto dovremo fare un po’ di prove prima di Natale. Domani
andiamo dal sergente e glielo diciamo.”
Così
cominciai ad immaginarmi al “comando” di una batteria, e solamente all’idea mi
gasavo di brutto, perché questo poteva conciliare due desideri in un colpo
solo: farmi suonare uno strumento che avevo sempre amato, ma troppo ingombrante
e rumoroso per poterlo mettere in casa ed imparare, e l’altro passare l’ultimo
dell’anno, cioè il giorno più atteso di tutti, insieme a Cinzia, magari a
qualche festa o in qualche posto particolare.
Il
giorno successivo andammo dal sergente Pucci per proporre questa cosa. Ernani
gli spiegò la situazione, ma il sergente era un po’ scettico, così volle farmi
una specie di colloquio, che più che altro fu un interrogatorio, botta e
risposta.
“Così
tu vorresti suonare la batteria?” iniziò.
“Sì”
risposi.
“Però
non l’hai mai suonata fino ad ora.”
“È
vero, non l’ho mai suonata.”
“Hai
studiato musica?”
“Alle
medie.”
“Sai
suonare uno strumento?”
“Sì,
il flauto.”
“Lo
hai suonato in una banda?”
“No,
lo suonavo alle medie.”
“Mi
prendi per il culo?”
“No,
non mi sognerei mai di farlo. Tu mi hai fatto delle domande alle quali io ho
risposto, dicendo le cose come stanno. Ti chiedo solo di farmi provare, se poi
non va, voi non perdete niente e Ernani suonerà la batteria come avevate deciso
di fare in partenza.”
Intervenne
quest’ultimo, dicendo: “Dai Angelo, nessuno qui è professore di musica, tutti
facciamo del nostro meglio; fallo provare!”
“Mah!”
disse il Pucci. “Non sa la musica, non ha mai suonato la batteria, dice che
conosce solo il flauto, ma che figura ci faccio io con il comandante?”
“Non
gli dici niente. Facciamo due prove, e alla fine lo informi.”
“Ok,
facciamo così.”
sabato 12 maggio 2012
Abbi cura di te
Io
strade bianche
corro in libertà
ma una persona è qui
sempre qui
la madre mia
e la voce con cui
disse a me
"Abbi cura di te".
domenica 6 maggio 2012
Basta poco
Giornata piovosa, una pioggia continua che non ha dato tregua. E la mia giornata?
Mattinata con Messa per la vestizione dei nuovi confratelli della Misericordia, poi giro del paese a sirene spiegate per inaugurare un nuovo mezzo adibito ai servizi sociali, dopo la benedizione di rito. Al rientro pranzo in sede. Il tempo di andare a casa e rivestirsi in... borghese e via, al campino della parrocchia a vedere giocare a calcio i ragazzi, sotto una pioggia battente, partita valida per un torneo parrocchiale. Niente di più povero, niente di più semplice.
E adesso? E adesso in tuta e ciabatte, al tavolo a scrivere sul blog, con mia moglie che ricama sul divano sul quale siede anche mia suocera che guarda la tv. Da poco è rientrata anche mia figlia, anche lei "in tribuna" al campino, che si è tolta gli abiti bagnati e che si sta sedendo davanti a me con le cuffiette del lettore mp3 nelle orecchie.
A molti una giornata così sembrerebbe noiosa da morire.
A me basta poco.
martedì 1 maggio 2012
Quattro passi... con Ben - Sessantasettesima puntata
Il
Ciaffa si prestava spesso per aiutarmi nel mio compito di autista, offrendosi
per aprire i cancelli durante il percorso che facevamo con il camion dal comando
al fortino, ma come era mia abitudine io non mi facevo aiutare e facevo tutto
da solo, anche se comportava un maggior impiego di tempo.
Questo fatto contribuiva a farmi rispettare
senza dover ricorrere alla forza dell’anzianità, e faceva sì che i nuovi mi
considerassero una specie di fratello maggiore.
Così Ciaffa spesso saliva in cabina con me.
Avendo saputo che si era messo con la figlia
del capitano, un giorno scattò la “trappola”.
“Ciaffa, oggi sali davanti con me?”
“Va bene, ma i cancelli chi li apre?”
“Come al solito.”
“Ok!”
Così una volta saliti e partiti, iniziai a
fischiettare.
“Che cosa hai da fischiare? Sei contento?”
domandò lui.
“Se sono contento? Eccome! Ho conosciuto una
ragazza a Ghedi l’altra sera. Stai a sentire: sono uscito con la Horizon, Biagio
mi aveva detto che c’è una piazzetta con un bar-pizzeria, che è un po’ il ritrovo
dei ragazzi e delle ragazze del posto. Visto che ero da solo, mi sono detto di
andare a vedere la situazione. Oh, ma mi stai a sentire?”
“Certo, anch’io conosco quel bar” rispose lui.
“Bene. Allora sono arrivato e c’era una
ragazzetta a sedere, tutta sola. Ho parcheggiato la macchina lì davanti e sono
andato al tavolo vicino al suo. Dopo un po’ le ho chiesto, con la solita scusa
di averla già vista, se potevo unirmi al suo tavolo offrendole da bere. Lei mi
ha detto di sì e ho cominciato a baccagliarla.”
“Grande Bena. Che cavallo!” disse Ciaffa
incuriosito dal racconto.
“Aspetta il bello deve venire. Ora apro il
cancello e poi ti finisco di raccontare.”
Scesi, feci quello che dovevo fare e risalii
per spostare il camion oltre il cancello.
Risalendo gli dissi: “Ma lo sai chi era quella?
Era la figlia del capitano. Aspetta che richiudo il cancello.” E così scesi
nuovamente, chiusi il cancello dietro il camion e poi rimontai su.
Avevo insinuato un tarlo dentro di lui.
Appena sul camion, con indifferenza buttai
un’occhiata sulla sua faccia: era un po’ più pallido e sorrideva meno di prima.
Allora affondai la lama:
“Insomma, per fartela breve, dopo averla
baccagliata per benino, siamo andati in macchina in un campo a Calvisano, tu mi
capisci…, e ci siamo rimasti fino a quando sono dovuto ripartire per rientrare
in caserma.”
Ormai era una mummia, una faccia impietrita
senza espressione.
“Oh, questa ci stava! Lo sai, però, che mi ha
detto? E questo mi ha lasciato un po’ perplesso. M’ha detto che io potevo
andare con lei quando volevo, ma che il suo cuore era per un altro. Ma non ti
sembra che una così, che fa questi discorsi, sia una sgualdrina? Ciaffa, ma mi
ascolti? Lo sai che le ho detto? Che se voleva stare con me doveva lasciare
quell’altro, il cornuto. Lei mi ha risposto che ci avrebbe pensato, ma solo
dopo avermi rivisto. Così domani si ritorna a Calvisano. E vai! Allora che ne
pensi? Secondo te, si mette con me, o
resta con quel cornuto, anche se viene a letto con me?”
Ormai eravamo arrivai al fortino e tutti erano
scesi dal camion.
Anch’io, ma non vedendo scendere il Ciaffa,
andai dal lato passeggero e aprii la sua porta.
“Beh? Non scendi?” gli domandai.
“Anch’io sto con una figlia del capitano” disse
tristemente.
“Ma dai!” esclamai. “Allora si diventa
cognati!”
Poi facendo finta di riflettere dissi: “Per la
verità non mi ha detto di avere una sorella!”
“Nemmeno la mia” disse ancor più tristemente.
“Porca miseria, Ciaffa, questa qui allora c’ha
preso per i fondelli tutti e due” dissi facendo finta di adirarmi.
“Che zoccola!” continuò. “Ecco perché mi diceva
che non voleva fare l’amore con me! Perché l’aveva già fatto con te!”
“Chi l’avrebbe creduto. Allora sei tu il
cornuto! Che schifosa!”
Dopo averla apostrofata varie volte per uno e
vedendo che ancora era seduto sul camion, gli dissi:
“Ciaffa…, io la figlia del capitano non la
conosco, non so nemmeno come è fatta! Tu c’hai creduto, eh? Burba che non sei
altro. Era uno scherzo! Dai, scendi dal camion, che non è vero niente!!”
“Davvero? Era uno scherzo?”
“Certo, io sto con la Cinzia, e non ci penso
nemmeno lontanamente ad andare con un’altra, stai tranquillo!”
Un bel vaffa… da parte sua ci sarebbe stato più
che bene e invece, come per una forma di rispetto nei miei confronti:
“Era uno scherzo? Meno male, tu mi hai fatto
prendere un colpo. Grazie, grazie.”
Povero Ciaffa, mi stava ringraziando perché era
contento che la storia che gli avevo raccontato non era vera!
Questi sono i veri scherzi del cuore!
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