«Ma allora miagoli! Per un attimo ho
pensato che non potessi farlo».
«Beh, sai com’è, anche noi gatti…»
«Dai, salta qua» disse Nico indicando le
sue gambe magre, anzi magrissime.
«Aspetta, non avere fretta, fammi
inquadrare la situazione. Quelle due Zampelunge sembrano dure. Quelle due
Zampeunpopiùcorte si agitano spesso, è impossibile atterrarci e trovarle lì,
pronte ad afferrarmi. La parte più morbida sembra nel centro, sopra
Ilcuscinochesialzaepoisiabbassa. È lì che atterrerò».
Si caricò posizionando le zampe posteriori
e spiccò un balzo andando a ricadere proprio là dove aveva deciso di atterrare.
«Bravo, ti sei deciso, finalmente!» disse Nico.
E subito cominciò ad accarezzarlo.
Al gattino piacque tanto quel movimento
lento e regolare. Facendo le fusa, chiuse gli occhi e si lasciò coccolare.
Appena fu buio, la luna non tardò ad
apparire nel cielo. Dapprima mandò in avanscoperta il suo alone lucente, poi si
affacciò timidamente sfiorando la sagoma dei tetti che, controluce nell’oscurità,
formarono un’unica figura tutta nera. Infine ruppe gli indugi e si innalzò
manifestandosi in tutta la sua luminosità.
«Eccola, guarda come è bella» disse Nico facendo
sobbalzare il gattino.
«Ehi, ma che modi! Stavo proprio bene. Ma
cosa vuoi che mi interessi della Grandesferagialla! Non ci devo mica andare, io!
Né devo dedicare poesie a nessuna gatta».
Ma fu proprio allora che Nico cominciò a
parlare tanto, anzi tantissimo.
«Sai, Gattino, un giorno mi piacerebbe
andarci. Lo so che sembra una cosa impossibile, eppure qualcuno prima di me c’è
già stato ed anche a lui i genitori avranno detto che non era possibile andarci».
Dopo una pausa riprese: «Mi piace un sacco
con quei colori così… così… Chissà se tuoi puoi vederli. Dicono che i gatti
vedono in bianco e nero».
«Eccone un altro che pensa di sapere
tutto» replicò il gattino. «Guarda che noi vediamo a colori… da sempre! Certo
che li vedo, ma a me non dicono niente. A me piacciono colori tipo… il grigio
topo, il verde lucertola o il giallo canarino, un po’ più accesi e vivaci. Se a
te piace quell’affare lassù, nell’oscurità, è affar tuo».
«I grandi non sempre sanno ascoltare i
sogni dei lori piccoli» continuò Nico. «C’è sempre qualcosa di più importante
dei nostri sogni. A volte ci prendono per scemi, come se sognare fosse qualcosa
di cui si può fare a meno».
Il Gattino si mise seduto sopra Ilcuscinochesialzaepoisiabbassa, guardando in faccia il Piccoloumano, senza proferire parola. Non gli sfuggì il velo di tristezza che era apparso sul volto del suo nuovo, quasi, amico. Cercò di consolarlo a modo suo, muovendo la coda e colpendolo ritmicamente su una delle due Zampeunpopiucorte. Poi si mise a massaggiare Ilcuscinochesialzaepoisiabbassa, prima con la zampa sinistra e poi con la zampa destra, per poi ricominciare. Così facendo i suoi artigli venivano fuori quel tanto per essere notati, senza che riuscissero a pungere o a graffiare il Piccoloumano.
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