«C’era una volta un uomo che doveva
lasciare il suo paese. Viveva lì da circa venti anni. Era una persona
importante e ben voluta da tutti. Ma un giorno, per il suo lavoro, che non era
un vero e proprio lavoro, gli fu imposto di andare in un’altra città. Questo lo
rattristò molto, ma decise di organizzare una festa per avere modo di salutare
tutti gli amici. La serata fu molto allegra, ma quell’allegria terminò quando,
con l’ultimo saluto, si consumò anche l’ultimo atto della sua vita in quella
città. Tutti se ne andarono, riprendendo la strada di casa. Lui si coricò nel
suo letto, incrociò le braccia dietro la testa e si mise a fissare la luna
attraverso la finestra aperta. Era una bella, limpida e mite notte d’estate e
nel cielo stazionava una grande luna piena. Guardandola, gli tornarono in
mente, uno dietro l’altro, tutti i momenti belli trascorsi in quella città.
Immerso in quei ricordi, non si rese conto del tempo che era trascorso, così rapido
ed intenso da sembrargli una breve eternità. Si risvegliò da quei pensieri e
subito fu colto dall’ansia di ciò che lo attendeva, l’ansia dell’ignoto. La
luna aveva già percorso una curva nel cielo e la voce del campanile lo avvertì
che era tardi, che era ora di dormire. Aveva sentito tante volte quella voce,
ma quella volta gli parve più dolce, più gentile. Si alzò per chiudere la
finestra, ma prima indugiò ancora un attimo, con la maniglia in mano, fissando
di nuovo la luna attraverso il vetro, prima di accompagnarla fuori con un lento
movimento delle braccia. Fu in quel momento che la sua faccia formò un solo
volto con quella sfera luminosa che sembrava immobile nel cielo stellato.
Quell’uomo sorrise e gli sembrò che la luna ricambiasse quel sorriso. Poi si
rimise nel letto, mentre la luna riprese il suo cammino
nel cielo, lasciando una impercettibile scia, simile ad un filo rosso. Da
allora ogni volta che si sentiva solo guardava la luna; in quel modo riviveva i
bei momenti trascorsi con i vecchi amici e la solitudine svaniva. Il giorno
seguente, salendo in auto per partire verso la nuova destinazione, indugiò
ancora un po’. Riguardò la sua casa, i suoi luoghi, il campanile e pensò:
“Stasera una nuova luna sorgerà”. Si accomodò sul sedile, chiuse la porta e
mise in moto. Rimase alcuni istanti immobile con le mani sul volante, poi
ingranò la marcia e partì».
«Wow!» esclamò il Gattino. «Che storia. È
già finita?»
«Oh, è tardi, devo rincasare. Forse anche
tu devi farlo» disse Nico.
Sollevò il gattino dalla sua pancia e lo
mise in terra.
Questi lo guardò, miagolò e gli andò a
tirare qualche colpetto con la testa, strofinandosi poi alle Zampelunge.
«Ciao Gattino, torna a trovarmi. Mi ha
fatto piacere parlare con te. Non avevo mai parlato così tanto con qualcuno.
Buonanotte amico mio».
«A presto, Piccoloumano».
I loro incontri continuarono per molte sere, durante le quali se ne stavano insieme a parlare e a guardare il cielo fino a tardi, quando si salutavano dandosi appuntamento per la sera successiva. Andarono avanti così fino al periodo delle vacanze estive.
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