... che cosa ti spinge ancora ad accendere il computer per scrivere qualcosa sul tuo blog?
E' sempre più faticoso continuare, ma tu non vuoi lasciare, è più forte di te!
Non riesci proprio ad abbandonare quell'intimo luogo, quel ritrovo, quella piazza dove ritrovarsi per scambiare due parole.
Forse perché anche questo ha contribuito ad un cambiamento e, che tu lo voglia o no, fa parte di te.
Forse solo per una parola data, scritta in quelle prime righe virtuali, quando l'entusiasmo per un'avventura che stava iniziando era alle stelle.
O viandante, finché non ti darai la risposta continua a scrivere.
Scrivere: sembra una parola di un tempo lontano.
Scrivere su un Blog è come Pollicino che lascia i sassolini lungo il suo cammino.
RispondiEliminaTu vai avanti per la tua strada e non voltarti troppo spesso indietro a controllare se qualcuno li incontra lungo la via.
La strada è solo tua e solo tu la determini.
I tuoi sassolini incontrati da chi passava per caso per la tua via, come anche quelli "non raccolti",
sono più preziosi di quanto tu possa immaginare.
Con affetto
Josil
Ciao Josil,
RispondiEliminaben tornato! Grazie per le tue parole.
Scrivere su un blog è anche tentare di fare uno scambio, di interessi, di opinioni, di emozioni, ecc. e quando questo viene meno forse non ha molto senso scrivere in un posto che, potenzialmente, può essere letto ovunque. A quel punto potrebbe essere sufficiente scrivere su un blocco note.
Se potessimo paragonare un blog ad un'azienda, beh, diventerebbe facile immaginare la conclusione.
Ho usato la parola "faticoso", avrei potuto usare la parola "difficile", e quando si usano queste parole per qualcosa che si fa di spontanea volontà...
Ciao Josil, alla prossima, quando sarà.
Sta proprio in quel "..potenzialmente, può essere letto ovunque.." la forza del Blog e non del Blocco Notes.!!!
RispondiEliminaChissà quanti, pur non lasciando alcun segno, hanno trovato nei tuoi "sassolini" qualcosa di prezioso.
Grazie e ciao
Josil
Ma si ha la sensazione di parlare allo specchio.
RispondiEliminaCaro Ben,
RispondiEliminatrovo dell'amarezza in questo tuo post, nell'accenno alla "fatica" del blog e ai dubbi che si affacciano.
Sono affezionata al Rifugio, dunque non sono la persona adatta per esprimere valutazioni, ma se anche a te va, parliamone.
Smetto da ora di essere me stessa - la Ines affezionata al Rifugio - e divento una viandante che per caso si è imbattuta in questo tuo post.
La prima cosa che dico a me stessa? "Chi me lo fa fare a perdermi in chiacchiere con costui? Ho ben altro - di meglio! - di cui interessarmi, IO!"
Parliamone, se ti va.
Ciao
A me va, altrimenti non avrei immesso questo post.
RispondiEliminaC'è amarezza, inutile negarlo. Se dovessimo fare i conti con l'auditel si parlerebbe di fallimento.
Amarezza perché alcuni pensano al blog come a qualcosa di superfluo. Quello che dici tu è anche vero, ci sono cose più importanti da fare, ma bisogna vedere anche chi dice ciò, perché la sorpresa a volte è scoprire che, chi dice questo, non ha poi un granché da fare.
Una volta, una ex-amica (allora non era ex), mi disse che la sua vita, in confronto alla mia, le sembrava banale, dopo aver confrontato i suoi "tanti" impegni con quello che le dissi di me.
Amarezza, perché come è avvenuto talvolta anche per i libri, è venuto meno l'appoggio di persone (della realtà e non del mondo virtuale) che invece pensavo venisse quasi automatico, perché pensavo a quello che avrei fatto io a parti invertite.
Ma se penso che durante questo percorso ho incontrato persone che poi ho avuto il piacere di conoscere in carne ed ossa, beh, allora le amarezze restano un passo indietro.
La fatica è quella di non poter curare il Rifugio come vorrei, almeno in questo momento. Ci sono stati momenti in cui ero più creativo ed i post venivano con più facilità. Oggi questo mi viene meno spontaneo. Magari ho in mente qualcosa da scrivere, ma non trovo il momento per farlo e quindi sono costretto a rimandare, talvolta a rinunciare, perché l'attimo è passato.
Per un blog sarebbe bello che chi legge quasi costantemente trovasse anche l'attimo per intervenire, perché un blog è anche dinamicità, altrimenti diventerebbe statico come un sito internet che è solamente consultabile.
Partirei da una constatazione personale, caro Ben: c'è veramente poca umiltà in giro e troppe persone convinte che non abbiano nulla da imparare da uno scambio e dal confronto che un blog può offrire.
RispondiEliminaIn giro c'è anche poca volontà di esporsi, per il timore di essere giudicati: quante persone affrontano una conversazione - che sia appena poco più impegnativa ed elevata di quelli che chiamo "discorsi da ascensore" - esprimendo chiaramente il proprio pensiero, senza tergiversare e senza dare un colpo al cerchio e uno alla botte? Poche, credo: la superficialità e la genericità imperano, per timore ma anche per mancanza di disponibilità.
Disponibilità: non è legata agli impegni - è un inganno mentale bello e buono, mettiamocelo in testa - ma alla volontà di lasciarsi coinvolgere e di coinvolgere.
L'esperienza mi ha insegnato che quanto più un tema è delicato tanto più si evita: siamo una società che - per comodo personale - ha scelto di essere sorda e cieca.
Tutto ciò che costituisce un pericolo per il castello di carte immaginario, costruito a fatica, viene rifiutato a priori.
Alla prossima puntata. Ciao
Come non essere d'accordo con te. Umiltà è una parola quasi morta, tutti sanno tutto, e sempre qualcosa in più degli altri. Più che esporsi, in tanti preferiscono assistere per poi ergersi a giudici, anzi no, giudici è una parole troppo importante; direi piuttosto saggi, sì, ergersi a saggi della situazione e magari mettere l'ultima parola.
RispondiEliminaMi piace molto quello che hai detto riguardo alla disponibilità, e mi hai fatto capire meglio alcune sottigliezze legate a quella parola. Grazie Ines.
Caro Ben,
RispondiEliminavedo una sostanziale differenza tra un giudice (nel senso che comunemente diamo al termine) e un saggio: il giudice fa il morto a galla, il saggio fa il sub. :-)
Vorrei esprimere la mia opinione sulla questione del giudicare.
Tutti ci riempiamo la bocca di un luogo comune che, secondo me, andrebbe abbattuto: "Non giudico".
Giudichiamo sempre e dovremmo smettere di voler far credere agli altri che noi siamo esenti da questo comportamento, come se assumerlo fosse un peccato.
Non è un peccato e giudichiamo continuamente, per fortuna.
Quasi prevedo la tua risposta, ma attento! Sono pronta a controbattere ... :-)
Buona giornata
Guardiamo se è questa la risposta che prevedi.
RispondiEliminaIl saggio fa il sub, hai detto bene, ed è quello che intendevo dire. Se ne sta lì, sornione, e poi alla fine tira fuori la sua saggezza, in modo neutrale.
Nel momento in cui ci facciamo un'opinione di un fatto, per me abbiamo già giudicato.
In senso lato per giudicare bisognerebbe conoscere tutto prima di emettere la "sentenza", cosa alquanto difficile, se non impossibile. Per cui, penso che spesso giudicare sia un'azione parziale, cioè non sia altro che un ulteriore modo per esprimere il proprio punto di vista.
A te le armi!
Intanto prendo lo scudo. :-)
Niente armi e scudo, caro Ben, per carità! :-)
RispondiEliminaPer giunta con la tua risposta mi hai spiazzata, direi ... disarmata.
Aggiungo che il sub esplora le profondità, il morto a galla osserva restando in superficie.
Quanto al giudicare non significa emettere sentenze, poiché nessuno ha il diritto di farlo, ma - come tu hai detto - valutare le situazioni e le persone con la maggiore obiettività possibile, allo scopo di fare determinate scelte.
Se pensiamo alle persone care che abbiamo potuto scegliere (escludendo i familiari, dunque) non le abbiamo forse "giudicate" per capire se tra loro e noi potesse stabilirsi l'empatia necessaria in ogni buon rapporto?
Buona serata
Ma tu che risposta prevedevi?
RispondiEliminaDai, dai, scrivi, tanto siamo solo io e te, non ci legge nessuno! :-)
Caro Ben,
RispondiEliminacredevo che mi avresti risposto cantando "Nessuno ci può giudicare, nemmeno tu ...": Caterina Caselli, anni '60, più o meno. :-)
Parli della tua amarezza dovuta alla mancanza di appoggio da parte di persone sulle quali pensavi di poter contare come loro possono contare su di te.
Hai valutato gli altri basandoti su te stesso e i loro comportamenti basandoti sui tuoi: normalissimo, ma a volte (o spesso, dipende) ingannevole.
Le persone generose e disponibili spesso pensano che anche gli altri lo siano, ma non sempre è così.
Le persone egoiste spesso pensano che anche gli altri lo siano, ma ... non sempre è così.
Ah, da mesi che sto girando intorno a questa riflessione!:-)
Quanto alla superfluità dei blog, caro Ben: ci sono blog obiettivamente superflui, ma ci sono in giro anche molta, molta presunzione e una buona dose di invidia. Talvolta soltanto la prima, talvolta soltanto la seconda e talvolta le vedo passeggiare a braccetto, scambiandosi commenti sui blog ...
Ciao!
Cara Ines, alla Caselli, invidio il "casco"! :-)
RispondiEliminaCi si rimane male, ma credo di aver imparato la lezione, anche se sono un inguaribile ottimista ed uno che cerca di comprendere determinati comportamenti.
Già con i libri ho potuto far conoscenza con i "parolai": "dov'è che lo vado a comprare?" Ma i numeri parlarono chiaro. E quelli che lo avrebbero comprato "sicuramente" tramite internet? Dove li mettiamo?
Non sapevano che anche quelli provenivano dalla mia cantina.
E ci potrebbero essere altri casi da citare, ma il senso credo che si sia capito.
L'invidia. Ma perché? Eppure talvolta ho avuto la sensazione che l'assenza o il silenzio fossero strumenti per decretare un insuccesso.
Caro Ben,
RispondiEliminail caschetto della Caselli - chiamata allora "casco d'oro" - è passato alla storia.
"Parolai"? Un bell'eufemismo per "ciarlatani" e dubito che meritino attenzione, come del resto chiunque non faccia corrispondere alle promesse dei comportamenti, a mio modesto avviso.
Quanto all'invidia, caro Ben, sappiamo che ne esiste in abbondanza, sempre senza una ragione che non sia l'obnubilamento mentale.
Soltanto così mi spiego come si possa invidiare una persona di cui non si sa più di quanto quella persona abbia consentito di far sapere di sé, che sarà sempre troppo poco per giustificare l'invidia.
Quanto al blog, caro Ben, continua a scrivere, senza curarti di quanti seguono o partecipano, finché per te avrà senso farlo e il senso sarà superiore alla "fatica".
Ci sarà sempre qualcuno che giudicherà restando in superficie, perché vive la vita in superficie e teme le profondità.
"Puoi indossare sette camicie e nonostante quelle chi ti vuol male vedrà comunque il tuo fondoschiena": saggezza popolare. Copyright? Mia nonna, classe 1903.
Un caro saluto
Stasera ho imparato una nuova parola, grazie a te, Ines.
RispondiEliminaE che dire dell'invidia quando, invece, è rivolta verso qualcuno che si conosce a fondo?
Ve beh, meglio non farsi venire il sangue amaro.
Il copyright è bellissimo!
Da lunedì tutti in palestra per rassodare il fondoschiena, poi tutti a cena, conosco un ristorante dove fanno una pasta e fagioli favolosa! ;-)