Il caldo continuava ad imperversare e le nostre esercitazioni nel piazzale della caserma aumentavano di intensità con l’avvicinarsi del giuramento.
Un pomeriggio, durante le prove, il caporale mi avvicinò e mi disse:
“Seguimi, ti devo portare al comando.”
“Al comando? Perché?” domandai.
“Evidentemente sei uno importante” disse con tono di chi è costretto a subire un’ingiustizia da parte di un raccomandato.
Io non capivo e, un po’ irritato, gli dissi istintivamente in pistoiese:
“Senti, ‘oso, o tu me lo fai capire anche me o tu sta’ zitto. Io sarei uno importante? Ma proprio te tu me lo vieni a dire? Ma non l’hai visto che ho passato più tempo a fare servizi che fuori?”
“Ci sono visite per te.”
“Visite per me? E chi è?”
“E che ne so io!” chiuse il discorso lui.
Quando arrivai al comando fui accompagnato in una stanza e lì attesi alcuni minuti.
Poi entrò il capitano insieme ad un'altra persona vestita in borghese.
“Bene” disse il capitano. “Dunque è lei il soldato in questione!” Anche lui usò il tono che aveva usato il caporale. Io nel frattempo ero scattato sugli attenti. “Riposo! Adesso vi lascio soli.”
E così dicendo se ne andò.
L’altra persona si presentò, con nome e grado che non ricordo: era un militare.
“Sono un amico di Amedeo.”
Amedeo era un amico di famiglia. “Mi ha parlato di te, per vedere se potevo fare qualcosa per avvicinarti a casa.”
“Non ho mai chiesto questo tipo di aiuto” risposi orgogliosamente.
Per un attimo mi guardò e poi, come se io non avessi proferito parola, riprese:
“Oggi ho fatto visita qui e mi sono informato. Ascolta, la situazione è questa: la tua destinazione è Montichiari.”
“Montichiari? Ma dov’è?”
“È vicino a Brescia. Io non posso fare molto. Potrei solo farti andare a Ravenna. Saresti un po’ più vicino a casa, però non so se ti conviene. Non se ne dice un gran bene. Montichiari è più lontano, ma si dice che lì si stia meglio. Di Pistoia, o Firenze, non se ne parla. Più di questo non mi è possibile fare. Adesso dimmi tu.”
“Cosa devo dire? Sono sorpreso della sua visita, non ho chiesto niente a nessuno, ma la ringrazio per il suo interessamento. Se Montichiari deve essere, che Montichiari sia. Chilometro più, chilometro meno, cosa sarà mai?”
“Va bene, allora lasciamo le cose come stanno. Ti auguro buona fortuna.”
E mentre ci stringevamo la mano gli dissi:
“Grazie di nuovo. Quando vede Amedeo, lo saluti e lo ringrazi tanto da parte mia.”
Mentre me ne tornavo alla mia compagnia, camminavo a passo lento e con la testa bassa, ripassando, una ad una, le parole di quel dialogo, sperando di non dover pentirmi un giorno di quella orgogliosa scelta. Ma come spesso mi era accaduto in passato, anche quella volta fu solo questione di attimi, poi ripresi la normale “andatura” di sempre.
Nessun commento:
Posta un commento