Abbiamo provato alcuni mesi per questo spettacolo, e non sono mancati momenti di tensione, soprattutto negli ultimi giorni prima dell’evento. Le canzoni scelte, anche troppe per il tempo a disposizione, non destano preoccupazione, come i tre balletti preparati. Il pezzo forte della serata, invece, dopo la prima prova fatta solo pochi giorni prima della rappresentazione, non convince, bisogna cercare di cambiare qualcosa.
Arriva un nuovo copione, che ricevo giovedì sera mentre sto friggendo i bomboloni per la festa. Alla ragazza che me lo consegna dico che lo leggerò, aggiungendo che “domani mi vedrai come non mi hai mai visto.” Ormai ho capito che quello spazio andrà riempito con improvvisazione, sul momento, traendo spunto dal pubblico, dai concorrenti e da chi sarà in scena con me.
Arriva venerdì, con quella sana tensione che mi accompagna sempre prima di ogni evento. All’ora di pranzo telefono a Giancarlo per dirgli di un’idea che mi è venuta in mente e che vorrei proporre anche agli altri, quando saremo tutti, prima di andare in scena. E lui risponde semplicemente che “tu sei quello creativo, andrà bene di sicuro.”
E così lo spettacolo prende la sua forma definitiva pochi minuti prima dell’inizio.
L’impianto audio fa i capricci prima di farsi domare, costringendoci ad iniziare la serata con qualche minuto di ritardo e a tagliare subito due canzoni per mantenere i tempi previsti.
Si inizia cantando, poi arriva il primo numero: si manda in scena “10 ragazze” di Lucio Battisti. Due di noi la cantano, mentre gli altri, in pista, la recitano e la ballano. Io devo interpretare la ragazza che “ha conosciuto tutti tranne me”, così mi devo travestire da… donna “spargi amore”.
Il numero piace, poi subito a vestirsi per il successivo. Il continuo cambiarsi d’abito ci ha accompagnati per gran parte dello spettacolo.
Ancora un paio di canzoni e poi è il momento del pezzo forte. Io devo interpretare un personaggio televisivo che dovrà fare il giudice di una gara di ballo. Dovrei parlare con un accento un po’ americano, strascicato, avere un atteggiamento un po’ effeminato e coabitare in scena con una valletta, interpretata da un uomo barbuto con parrucca biondissima. Vengo chiamato in scena e lì subito mi libero dell’accento americano, perché “da piccolo ho vissuto in Toscana”. Ho bisogno di spontaneità per improvvisare e il dialetto può aiutarmi. Poi dedico la mia canzone “Vai” al pubblico perché quella canzone “è stata scritta appositamente per la Festa dell’Uva, con particolare riguardo alle persone che, come me (mi tolgo il cappello) cominciano ad avere qualche capello bianco, ma che hanno ancora voglia di divertirsi e di sognare.”
Era questa l’idea dell’ultimo momento: portare in scena quella canzone che in precedenza avevo fatto ascoltare agli altri senza insistere per inserirla nello spettacolo perché non c’era uno spazio adatto per ospitarla, visto che era incentrato tutto al puro divertimento, e quella poteva sembrare troppo seria in quel contesto. Ma lì, adesso, ci può star bene.
Poi, via con la gara di ballo (o presunta tale). Con la... valletta subito ci rendiamo conto che possiamo osare e nascono dialoghi spontanei e qualche battuta. Non dobbiamo necessariamente fare ridere, non siamo comici, ma la prontezza che dimostriamo non causa tempi morti. Io comincio veramente a sorprendermi. Le parole escono dalla mia bocca come un fiume in piena, ispirato da qualsiasi cosa: le persone, i ballerini, la mia stessa maglietta. Copro la scena correndo là dove c’è la necessità di coprire uno spazio. Alla fine mi faranno male le gambe come dopo un allenamento sportivo.
Poi, via con la gara di ballo (o presunta tale). Con la... valletta subito ci rendiamo conto che possiamo osare e nascono dialoghi spontanei e qualche battuta. Non dobbiamo necessariamente fare ridere, non siamo comici, ma la prontezza che dimostriamo non causa tempi morti. Io comincio veramente a sorprendermi. Le parole escono dalla mia bocca come un fiume in piena, ispirato da qualsiasi cosa: le persone, i ballerini, la mia stessa maglietta. Copro la scena correndo là dove c’è la necessità di coprire uno spazio. Alla fine mi faranno male le gambe come dopo un allenamento sportivo.
Ho voglia di giocare, allora lo faccio con i concorrenti, durante la gara e quando devo eliminarli, e con il pubblico, che cerco di coinvolgere. In uno di questi momenti mi siedo ad un tavolo poiché “sono sfinito, portatemi una teglia di lasagne che devo riprendermi”, e lì sento una voce da dietro che dice “siete bravissimi”. Altro che lasagne! Quella sì che è un’iniezione di energia. E allora, via di nuovo in pista, più pimpante di prima, fino alla fine del gioco. Quindi a cambiarsi per il balletto successivo e lì, dietro una tenda, mentre ci spogliamo, sudatissimi, mi viene spontaneo andare ad abbracciare alcuni compagni, prima fra tutti la persona che, inizialmente, avrebbe dovuto condurre quel gioco. Ci complimentiamo a vicenda, la sensazione è che, con tutte le imperfezioni del caso, il pubblico sia rimasto lì a guardare. Con quali risultati? Non so, c’è sempre qualcuno che gradisce e c’è sempre qualcuno che non gradisce, ma le sensazioni sono buone.
Ci sono dei momenti che a volte non riesco a spiegarmi e uno di questi è quella magia, sì, magia, di essermi ritrovato al centro di uno spettacolo, quasi senza volerlo, in grado di improvvisare con una prontezza ed uno spirito che non pensavo di possedere.
Credo che siano momenti che capitano una sola volta, e non soltanto per l’improvvisazione.
La musica riprende, poi un balletto, altra musica, altro balletto e siamo alla fine, anticipata a causa di alcune gocce d’acqua irriverenti.
Tutti i vestiti indossati sono madidi di sudore, la voce ed il fiato fortunatamente ci sono ancora, quel tanto che basta per cantare l’ultima canzone, appositamente scritta per questa occasione, con testo ricavato sulla musica di un noto gruppo italiano. E mentre io canto sul palco, tutti gli altri scendono in pista con uno striscione per l’ultimo saluto: Arrivederci, goodbye!
Che performance stupefacente, caro Ben! Si vede che sei in splendida forma e questo non può che rallegrarmi. Complimenti.
RispondiEliminaOra toglimi una curiosità: chi è "la rossa" con le calze (rosse anch'esse) che appare in una foto?
A prescindere da questa domanda da rivista "gossip", la tua esperienza dimostra, mi sembra, che ciò che conta è saper mettersi in gioco, non prendersi troppo seriamente e divertirsi.
Ecco una riflessione: credo che sia quasi impossibile far divertire gli altri (o almeno intrattenerli gradevolmente) se a divertirci non siamo innanzitutto noi stessi.
Ma, in generale (non riferendomi, cioè, a questa tua bella esperienza), sappiamo ancora veramente divertirci e far divertire?
Ah, che domandacce mi escono! :-)
Un caro saluto
Ciao Ines,
RispondiEliminain primo luogo bisogna essere i primi ad aver voglia di divertirsi, poi servono alcuni ingredienti semplici, ma importanti.
E a tal proposito ti metto qui sotto alcune parole della canzone che, senza pretese, ho scritto e cantato per chiudere lo spettacolo.
LA SERATA, ANCHE QUESTA,
STA FINENDO
ED UN’ULTIMA CANZONE
STO CANTANDO
UNA SPERANZA DENTRO
AVERTI FATTO DIVERTIR
UN ULTIMO SALUTO
E POI A DORMIR
UNA FESTA, TANTI CANTI
E QUALCOS’ALTRO
UNO SCHERZO, QUALCHE GIOCO
E QUALCHE BALLO
SOLTANTO FRA UN MOMENTO
A DOMANI PENSERAI
ANCORA DUE MINUTI
POI TE NE ANDRAI
.......
CANTI E DANZE, MUSICA, BALLI
FATTI COL CUORE
UN PO’ DI FANTASIA
E BUON UMORE
DIVERTIRSI INSIEME
NON E’ DIFFICILE LO SAI
TI DICO ARRIVEDERCI
TI DICO GOODBYE
.....
INTORNO A ME PERSONE CARE,
DI OGGI E DI IERI
CON LE QUALI ANCOR
SI PUO’ SOGNARE
DIVERTIRSI INSIEME
NON E’ DIFFICILE LO SAI
TI DICO ARRIVEDERCI
TI DICO GOODBYE
......
P.s: "la rossa" è una tipa con la quale si lavora Ben insieme.