giovedì 2 giugno 2011

Quattro passi... con Ben - Quarantacinquesima puntata

Dopo i tempi della scuola bisognava cominciare a pensare a trovare un lavoro,
visto che avevo deciso di scartare l’ipotesi Università per i problemi che avrebbe potuto causare in famiglia. Le possibilità economiche non erano tali da prevedere un futuro roseo per uno studente universitario.
Prima però di proiettarmi a descrivere quei pochi anni che mi separavano dall’età adulta vera e propria, vorrei rivolgere uno sguardo indietro, versi i miei ultimi compagni d’avventura, cioè verso i miei compagni di classe, e ricordarne alcuni episodi.
Di tutti ho ricordi.
Di Carmine, per i suoi aiuti dati in momenti di difficoltà, con il quale ancora oggi ci vediamo, anche se abitiamo in posti troppo lontani.
Di Simone, quello di Firenze, schivo e riservato, con il quale trascorsi un Carnevale, insieme ad altri, girando in maschera nel centro storico fiorentino.
Di Cecilia. Iniziavamo in autobus la nostra giornata “fiorentina”. Immagini legate al suo sorriso e alla sua aria malinconica. Alcuni anni fa ci siamo rincontrati per caso in un negozio di Pistoia: ci siamo guardati, ci siamo riconosciuti e salutati, e da allora regolarmente ci sentiamo.
Di Giovanni, il Giuba.
Beh, con lui siamo ancora amici e di episodi da raccontare ce ne sarebbero molti, alcuni già trattati, molti altri no. Però il più curioso fu quello in cui cercò in tutti i modi di portarmi a giocare a rugby.
Io non sapevo da che parte rifarmi in quello sport, ma lui me lo descrisse talmente bene che sembrava che fosse il re di tutte le discipline sportive: agonismo, rispetto per l’avversario, intelligenza tattica.
Tanto fece che mi convinse e così andai a fare un paio di allenamenti con la squadra della scuola.
Per onor di verità tentai di fare un paio di allenamenti.
Tornando un attimo indietro, devo dire che il mio fisico, oggi come allora, non era dei più appropriati per questo sport; infatti sono piccolo, anche se massiccio, ma pur sempre un tappo in confronto ai giganti che lo praticano. Ma Giovanni vedeva nella mia rapidità e velocità un’arma eccezionale. Lui mi vedeva ricevere la palla fra le mani sulla fascia e poi con corsa veloce arrivare in meta con gli avversari incapaci di fermarmi. Forse era il suo modo per convincermi a provare.
Così andai al primo allenamento: corsa, riscaldamento, ginnastica, scatti, tutte queste belle cose, poi... partitella. E lì cominciarono i dolori, in tutti i sensi. Presi tante di quelle botte, senza riuscire a fare niente, che subito capii che non era banda. Non conoscevo le regole, non sapevo gli schemi, avevo paura di farmi male, insomma, un vero disastro. E tutto questo senza toccare palla!
Gli feci capire che era meglio per me giocare a calcio o a tennis.
Al secondo allenamento feci tutto, esclusa la partitella. A quella preferii la doccia, con la scusa che dovevo in tutti i modi riprendere un certo treno.

2 commenti:

  1. Il rugby, eh, Ben?
    Sai che trovo sia uno sport affascinante? Guardato in tv, naturalmente, giacché praticarlo deve essere tutta un'altra storia.
    Che bello, però, aver conservato almeno alcuni contatti con i compagni di scuola e dell'adolescenza. Penso che dia quel senso di continuità alla storia personale: girare pagina in modo totale - soprattutto se per necessità e non per scelta - può essere un allontanamento poco gradevole, perché comunque si tratta di una parte di noi, del nostro passato. Non credi?
    Ciao!

    RispondiElimina
  2. In effetti mi sono rimasti dei contatti con quei ragazzi, pardon, uomini e donne.
    Altri, persi di vista, sono rispuntati fuori grazie a delle rimpatriate in occasione delgli anniversari del diploma.
    Lo stesso con alcuni commilitoni, con incredibili figuracce e colpi di fortuna per rintracciarli. Forse ne ho anche scritto tempo addietro.
    Tuttavia non è facile tenere in piedi questo tipo di contatti e la volontà di farlo deve essere reciproca. Spesso manca questa reciprocità e allora mi tornano in mente le parole di un personaggio in "Nel mezzo della notte".
    C'è comunque una bella cosa che caratterizza questo tipo di contatti, al di là di tutto: quando l'incontro riesce, non ci sono mai quegli attimi di imbarazzante silenzio. Il feeling subito si instaura di nuovo. E' come se il tempo non fosse trascorso.
    Con quelli con i quali invece c'è stata continuità di rapporti, beh, quelli sono passato e presente, fanno parte della nostra vita, e c'è il piacere di pensarli con noi anche nel futuro.
    Buonanotte Ines, e buonanotte anche agli altri avventori del Rifugio.

    RispondiElimina