sabato 25 giugno 2011

Otto secondi

Sono trascorsi sette giorni dalla mia nuova, ultima esperienza.
Questa volta, insieme a tanti altri, c’era da animare una serata della festa parrocchiale con spettacoli vari. Così qualcuno ha ballato, qualcuno ha recitato, qualcuno ha letto poesie, e qualcuno ha cantato.
Io ero fra questi ultimi, accompagnato da due sole basi musicali.
Per la seconda volta davanti ad un pubblico per cantare, con una piccola novità: avrei cantato qualcosa scritto da me.
Quella sana tensione che precede gli eventi non mi ha attanagliato come altre volte, ero stranamente più tranquillo, tuttavia, non avendo avuto modo di provare, se non una decina di giorni prima di sabato, un po’ di apprensione c’era. Nel pomeriggio, durante la prova microfoni, avevo solamente accennato i brani, anche per non svelare subito il contenuto.
Con te, una preghiera scritta per l’occasione, era il primo brano in scaletta, all’interno della lettura dei brani di poesia.
Vivi, una canzone ricavata da un raccontino scritto quasi due anni fa, un invito a vivere e ad amare la vita, una ventina di minuti dopo perché più impegnativa, con una nota da tenere in cielo per circa otto secondi, meglio arrivarci con l’emozione già scaricata e con la voce già calda.
L’impressione era quella di essere fra tanti amici, e in parte era così, considerato che conosco tante di quelle persone, ma il fatto di dover cantare qualcosa di inedito mi faceva pensare che tutti fossero lì pronti a soppesare il brano e, se vogliamo, pronti ad emettere un responso. Soltanto il tecnico del suono aveva ascoltato i brani, oltre ad avermi aiutato a scegliere i due da fare, visto che quelli scritti erano tre.
Ancora di te, quello che mi piaceva di più, un'altra preghiera, lo abbiamo accantonato. Le parole delle due preghiere cambiavano perché adattate a musiche diverse, ma il contenuto era pressappoco lo stesso. Così, insieme, avevamo deciso di non fare la canzone che si prestava di più ad ambianti chiusi, più raccolti, perché molto più intima, su musica molto soft. In verità ce ne sarebbe stata anche un’altra, che avevo dato a musicare ad un amico, ma la musica inedita non è arrivata in tempo.
Ho provato che cantare canzoni note non è uguale a cantare qualcosa di proprio.
Nel primo caso non c’è un grande coinvolgimento emotivo, la gente conosce, anticipa addirittura le parole, partecipa, se ne ha voglia.
Nel secondo caso c’è la speranza di interessare il pubblico con qualcosa che non ha mai sentito, c’è la curiosità di vedere fino a che punto arrivano le parole e se arrivano a chi ascolta, c’è la curiosità di vedere se, in tre o quattro minuti, si riesce a far capire quello che era nelle proprie intenzioni. E soprattutto, al di là del successo delle canzoni, che in occasioni come queste vengono subito dimenticate, c’è la consapevolezza di svelare una parte di se stessi, i propri sentimenti, di mettere a nudo la propria anima, e diffonderli nell’aria fra una nota e l’altra, nella speranza che tutto non vada perduto.

6 commenti:

  1. Caro Ben,
    sicuramente ti sei cimentato in una esperienza interessante, in cui hai dovuto mettere alla prova non soltanto le tue doti canore, ma anche la capacità di creare testi che fossero adeguati per la manifestazione a cui hai aderito.
    Quanto alla diversità delle emozioni provate a seconda che si cantino canzoni scritte da altri o canzoni di cui si è autori, capisco che le seconde possono creare maggiore ansia ma - come osservi tu - anche maggiore coinvolgimento emotivo e affettivo.
    Volendo considerare le canzoni note, secondo me, bisognerebbe sempre cantare soltanto quelle che troviamo più significative, quelle che si avvicinano di più al nostro "sentire" di quel momento o di quel periodo. Credo sia l'unico modo per interpretarle con trasporto e intensità.
    Tornando alle due canzoni che hai creato e interpretato tu come ti è sembrata la reazione del pubblico? Credi di essere riuscito a trasmettere - tramite le parole delle canzoni, l'arrangiamento musicale e la tua interpretazione - le emozioni giuste, cioè quelle che tu sentivi e che avresti voluto lasciare negli spettatori?
    Grazie e buona serata

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  2. Ciao Ines, in linea di principio concordo con te, le emozioni sono diverse. Non ho molta... esperienza nel cantare canzoni proprie e poca di più nel cantare quelle altrui. A me piacerebbe cantare quelle che, come dico io, hanno spessore emotivo. Ma non sempre è possibile. Ad esempio: nello spettacolo che stiamo preparando ci sarà poco spazio per questo tipo di canzoni perché il pubblico vuole qualcosa di conosciuto, di popolare, di ballabile, di allegro e allora le possibilità di fare canzoni di quel genere si riduce al lumicino. Propiro per questo motivo penso di non fare una canzone scritta per quella serata, perché sono sicuro che scivolerebbe via quasi nell'indifferenza.
    Venendo alla tua domanda: ci sono stai applausi da parte del pubbico, quindi sono portato a pensare che siano piaciute. Qualcuno mi ha fatto i complimenti e qualcuno, nei giorni successivi, è tornato sull'argomento senza che io ci entrassi.
    Penso anche, in verità, che l'effetto sorpresa abbia giocato a mio favore, nel senso che molti non sapevano che fossi in grado di cantare e, soprattutto, cantare testi miei.
    Arrivare? Non saprei proprio; forse con qualche ascolto in più.
    Ma va bene così.
    A me piace la toccata e fuga!
    Ciao Ines.

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  3. Ciao Ben.
    Credo che, comunque, cantare sia liberatorio e che rispecchi lo stato d'animo di chi canta e di chi ascolta una canzone.
    C'è in ognuno di noi, forse, il momento in cui sentiamo il bisogno di una canzone che richiami emozioni intense e profonde, ma c'è anche il momento in cui preferiamo un genere musicale più allegro, anche ballabile, perché no?
    In fondo si tratta comunque di dare sfogo a un "sentire": rivolto a se stessi nel primo caso, rivolto verso l'esterno (e per questo "socializzante") nel secondo. Non credi anche tu?
    E comunque, considerato lo scopo delle vostre serate, l'aspetto "socializzante" predomina a prescindere dal tipo di canzone eseguita.
    Buona serata

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  4. Bisogna accettare il fatto che, in questo tipo di serate, bisogna fare quello che piace al pubblico, affinchè si diverta e rimanga fino alla fine, e lasciare da parte quello che ti piace personalmente. Per esempio non puoi fare "Trovare Dio", che potrebbe far tremar le gambe a cantarla, perché la gente si aspetta che tu faccia i Vatussi o Saint Tropez, che, invece, le gambe non le fanno tremare affatto.
    Il divertimento e la leggerezza prima di tutto.
    E comunque non è facile nemmeno riuscire in questo intento.

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  5. Beh, se permetti una battuta scherzosa, caro Ben (ogni tanto ci vuole, dai) anche Saint Tropez fa tremare le gambe ... ma è un tremare diverso, sia chiaro. :-)
    Un salutone!

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  6. Guarda come dondolo le fa tremare ancor di più.
    ;-)

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