A farmi riprendere un po’ dal grigiore in cui ero caduto fu una delusione.
Una mattina che non andai a Firenze, perché avevamo deciso di fare sciopero non so bene per quale motivo, decisi di andare a trovare i miei vecchi compagni di classe a Pistoia.
Entrai all’ora dell’intervallo. Ero convinto che gli altri avrebbero avuto piacere di vedermi e mi avrebbero fatto un po’ di festa, invece non andò così. Tutti si dimostrarono presi da altre cose, o persone, che dovevano vedere per forza in quei minuti di ricreazione. Solo Sandra stette con me per quei pochi minuti, nemmeno Riccardo mi curò più di tanto. Sembrava quasi che non si ricordassero più di me e questo mi rattristò molto. Così decisi di allontanarmi prima che finisse la ricreazione, rinunciando a salutare qualche vecchio professore.
Ebbi una svolta da quell’incontro: i miei compagni erano andati avanti e non voltavano indietro i loro ricordi. Io, purtroppo, ai ricordi ero ancora legato e questo mi impediva di spiccare quel salto per lasciarmi alle spalle ciò che era stato e non era più. Mi resi conto che vivevo più nel passato che nel presente.
Ancora una volta un fatto negativo mi fece cambiare rotta. Avrei voluto evitarlo, nel senso che avrei accettato volentieri anche un evento positivo, ma evidentemente non avevo quella che si definisce una fortuna sfacciata.
Per l’ennesima volta dovetti farmi coraggio e ripartire. E ripartii.
Mi lasciai alla spalle i ricordi di Pistoia e accettai dentro la mia testa la mia nuova vita. Ero in ballo e decisi di ballare. Non chiesi aiuto a nessuno e forse in pochi si accorsero del mio disagio.
Il secondo quadrimestre andò decisamente meglio. Incominciavo ad ingranare come era sempre accaduto fino all’anno precedente, anche se Matematica rimaneva sempre al limite della sufficienza.
Durante l’anno approfondii nuove amicizie. Mi trovavo molto bene con Stefania ed Elena, perché erano persone molto semplici e, allo stesso tempo, simpatiche.
Con Luca ci accomunava il fatto di provenire di scuole diverse dal Galilei e con lui ebbi un rapporto che ci tenne uniti fino a qualche tempo dopo la scuola.
Con il Giuba invece stabilimmo un’amicizia che dura ancora oggi.
Lui era un vero e proprio rubacuori, tutte le ragazze cadevano ai suoi piedi; eppure lui, apparentemente, non faceva niente per attirarle.
Intanto cominciavo a conoscere meglio anche Cristina, la vecchia Tina, come la chiamavo io. Con lei ci siamo frequentati fino al momento in cui lei è diventata madre.
L’anno scolastico volse al termine senza clamori.
La gita, in Val d’Aosta, non fu un granché, nel senso che non ci furono avventure di nessun tipo, come invece era stato in passato, nel bene e nel male.
Rimediai le poche insufficienze, tranne Matematica, per la quale fui rimandato a settembre: un’onta per uno come me da sempre abituato ad essere il primo della classe; studiai con impegno e fui promosso senza problemi.
Il Piax, all’esame di riparazione, voleva che facessi bene la prova scritta, cioè quella in cui avevo manifestato le indecisioni più evidenti. Infatti, il giorno della prova orale, mi disse:
“Benassai, oggi non ho niente da chiederti. Andavi già bene durante l’anno scolastico. La prova scritta è andata bene. Potevo promuoverti direttamente a giugno, ma ho preferito fare così perché in quarta potrai ripartire già rodato.”
Queste, più o meno, furono le sue parole ed il significato del suo discorso e non ci fu interrogazione. In un primo momento fui pieno di rabbia, perché avrebbe potuto evitarmi di studiare per un’estate intera. Ma, successivamente, dovetti ringraziare il suo comportamento, perché effettivamente affrontai gli anni successivi senza particolari problemi.
In molti furono respinti, e la classe subì un netto calo di presenze.
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