Piove, tira un forte vento, non penso proprio di uscire.
Allora perché non scrivere qualcosa? Scrivere, ad esempio, dell’ultima pazzia dalla quale mi sono lasciato insidiare.
A volte ci sono dei ricorsi che, a distanza di anni, fanno ripercorrere strade già percorse.
Questo ho pensato quando accettai, circa due mesi fa, di andare a fare le prove per cantare ad una festa che si sarebbe tenuta, sentite un po’, il 17 dicembre, venerdì.
Le prove terminarono, ma il tempo quella sera fu inclemente ed una grande nevicata vanificò ogni sforzo: la festa fu annullata.
Ormai pensavo che un tale debutto non avrebbe più avuto luogo, ma, in tutta fretta, un’altra data fu trovata, cinque giorni più tardi, il 22 dicembre.
Non posso negare di aver provato quella che io chiamo una sana tensione, quella che precede gli eventi. Ma ci pensate? Cantare, per la prima volta, alla mia età, davanti ad un centinaio di persone (centosessanta, ho saputo successivamente), un terreno sul quale, decisamente, non sono abituato a camminare.
Ma il feeling che si era instaurato fra noi musicanti e la presenza di molte persone conosciute mi ha convinto che, in fondo, avrei giocato in casa e anche qualche stecca, nel caso, sarebbe stata perdonata.
Mi sono divertito davvero, liberando quella voglia di giocare che anima il fanciullo che è dentro di me e quella voglia di mettermi in gioco, andando a cercare nuove e sane emozioni, rischiando anche un po’.
Venticinque anni fa, sotto la naia, suonai per la prima volta la batteria, senza averla mai suonata prima.
A distanza di anni mi sono lasciato tentare di nuovo dalla musica e, per la prima volta, mi sono trovato a cantare. Il risultato qui non ha importanza: quello che conta è che sono riuscito ancora a sorprendermi.
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