Mirella era simpaticissima, aveva una grande vitalità, che trasmetteva anche a chi la circondava, ed una intelligenza fuori dal comune. Era una persona molto bella dentro. Divenne l’amica del sabato pomeriggio, compagna di passeggiate nel centro della città.
Organizzammo anche una festa a casa sua. Lei abitava in città, in una casa molto vecchia dalle stanze enormi. In quel salone ampio e scuro, ci attrezzammo per ascoltare i dischi e per ballare. Quel pomeriggio volò via in un batter d’occhio e quelle occasioni si facevano sempre più rare. Il tempo mi sfuggiva, l’anno scolastico stava trascorrendo troppo in fretta. Forse cominciavo ad aver paura di cambiare scuola perché mi piaceva restare lì, con quei compagni. Ma, allo stesso tempo, ero troppo orgoglioso, non volevo ritornare sulle decisioni prese e quindi dovevo andare avanti ad ogni costo. Con il Saimon, cioè Stefano, così era soprannominato, ci saremmo visti, rigorosamente di sabato, negli anni successivi. Con Lorenzo, simpatizzante di Lotta Continua ed ottimo nuotatore, saremmo andati in discoteca insieme, poche volte per la verità, alcuni anni dopo. Oggi lavora in banca: cosa curiosa davvero per uno (ex?) di Lotta Continua.
Fra gli altri, un tipo curioso era sicuramente Nicola. Aveva uno stile tutto suo, sembrava quasi un Lord inglese di una volta, con quel suo portamento ed il suo modo di parlare.
Poi c’era Mario, amante dei cavalli. Ad una festa a casa di Cristina, per Carnevale, conobbi sua sorella, Monica, molto carina. Con lei ballai spesso quel giorno.
Non era mascherata, mentre io avevo un costume da giocatore di football americano. Mia madre era stata determinante per la sua riuscita: lo aveva cucito, aveva ricamato le scritte e attaccato i numeri sulla maglia. Poi una calzamaglia attillata, un paio di scarpette, calzini alti e tanta gommapiuma per riempire le spalle ed il petto. Sembravo l’omino Michelin.
Dopo aver trascorso la festa in casa, uscimmo e cominciammo ad andare per le strade del quartiere, alla Vergine, tirando coriandoli e stelle filanti.
Rividi Monica solo una volta, una sera d’estate in cui, al circolo del Nespolo, mettevo i dischi per una sfilata di moda. Niente di importante, ma per il paese fu una cosa fuori dal comune.
Non riuscii a parlarci, a causa di quel mio impegno. La salutai con la mano e lei ricambiò il saluto. Avrei voluto parlarle, ma anche quella, ahimè, fu un’altra occasione perduta.
Intanto con Riccardo, nel nostro perpetuo rapporto di avvicinarsi per poi allontanarsi di nuovo, prendemmo la decisione di invertire i nostri posti. Lui era entrato più in sintonia con Cristina, perché erano due mattacchioni che amavamo ridere e sparare battute a ripetizione, non prendevano e non si prendevano sul serio. Io ero entrato più in sintonia con Martina, anche lei molto simpatica, ma un po’ più seria (mica tanto) di Cristina. Oserei dire che era più riflessiva, prima di dire una bischerata, ma alla fine la diceva ugualmente.
Cominciò per me una nuova avventura. Martina era una compagna ideale e non avendo problemi sentimentali con lei, ero sciolto come non mai, parlavo di tutto senza nessun tipo di problema o di timore. Lei faceva altrettanto con me. Ad esempio il lunedì era il giorno del rapporto del fine settimana, quindi ci raccontavamo tutto ciò che avevamo fatto il sabato e la domenica. Lei stava insieme ad un ragazzo di quarta “B” ed ogni lunedì mi raccontava delle loro prodezze in discoteca, il Milleluci di Casalguidi. Ogni domenica timbrava il cartellino in quel locale ed ogni domenica si divertiva più della precedente. Ed io? Che cosa potevo raccontare delle mie domeniche? Il sabato uscivo ed andavo in centro, dove incontravo Mirella ed il Saimon, ma la domenica era spesso un giorno da dimenticare: la mattina studiavo, poi, dopo pranzo, andavo ad aiutare mio padre al circolo, dove faceva il barista. Quando avevo finito con il bar, gli altri ragazzi erano già partiti per raggiungere chi la discoteca, chi il cinema, chi altra gente chissà dove. Così mi ritrovavo ad ascoltare “Tutto il calcio minuto per minuto” alla radio e, successivamente, a guardare in televisione tutte le trasmissioni sportive. Nel mezzo magari un ripassino di storia o matematica. Ricordo tutti gli orari di quelle domeniche piene di noia e di solitudine. Nessun amico per passare il pomeriggio insieme e per uscire. Fuori dalla scuola continuavo ad essere una frana. La domenica scorreva e non vedevo l’ora di arrivare a tarda sera per andare a dormire e risvegliarmi il lunedì per andare a scuola, il solo posto dove riuscivo ad esprimermi. A Martina talvolta dicevo questo, e talvolta inventavo che ero andato in qualche posto; spesso dicevo che ero andato in centro, anche se non era vero, perché la città, si sa, è dispersiva ed è possibile non vedere una persona anche se c’è; figuriamoci se non c’è!
Inoltre aggiungevo: “... ma non ho incontrato nessuno che conoscevo.”
Non avevo visto nessuno e nessuno aveva visto me.
E come avrebbero potuto?