Ed è stato grazie ad una frase di mia figlia che mi sono reso conto che questo periodo stava giungendo alla fine, quando, una sera che stavo scrivendo al computer, lei è rientrata in casa dall’allenamento di nuoto e, vedendomi, ha detto: “Babbo, e tu cosa ci fai a casa?”.
In quella domanda c’era il riassunto di vari mesi, durante i quali ho cercato di prepararmi per portare avanti un percorso che ho intrapreso alcuni anni fa, e che credo di poter far coincidere con l’inizio della scrittura. Allora mi sono reso conto di una realtà che prima non avevo preso in considerazione, la dimensione dell’altro, e da allora sto cercando di dare il mio piccolo contributo. Per alcune cose basta la buona volontà, per altre occorre la preparazione.
Sono contento di aver impiegato questo tempo per imparare qualcosa di nuovo, sperando di essere all’altezza quando occorrerà metterlo in pratica, nella realtà. Sono contento perché ho scoperto una parte di me fino ad ora sconosciuta, perché ho conosciuto molte altre persone accomunate dallo stesso spirito seppur con motivazioni diverse, perché ho visto che c’è una parte di giovani molto più attivi di quanto si possa pensare, sostenuti dalla freschezza e dal brio caratteristici di quell’età. Noi, gli adulti, prendiamo tutto più sul serio, forse perché ci sentiamo nell’obbligo di dover acchiappare un risultato positivo, perché il tempo che abbiamo a disposizione è poco ed è sottratto a quel poco che ci rimane dai molteplici impegni quotidiani.
E’ stata una bella cavalcata e, quando tutto è finito, ho potuto osservare i vari stati d’animo: la gioia incontenibile dei giovani, quella più misurata degli adulti, la tristezza di chi non ce l’ha fatta.
Spontaneamente mi è venuto di andare a parlare con uno di questi ultimi, perché, sono certo, nella stessa situazione avrei provato gli stessi sentimenti e avrei avuto la stessa tristezza negli occhi, per aver visto sfumare un obiettivo proprio sul traguardo. La vita è anche questo, a volte il nostro impegno non è sufficiente, ma non dobbiamo arrenderci e, come i bambini che cadono imparando ad andare in bicicletta, bisogna rialzarsi subito, montare in sella e ricominciare a pedalare.
Tornando a casa, ormai a tarda notte, ho rivisto mentalmente la pellicola di questi mesi: i volti nuovi, i momenti di sconforto, la stanchezza, ma anche aver riprovato, dopo tanti anni, quella sana tensione che precede i momenti importanti, la soddisfazione di riuscire ad andare avanti, in una evoluzione che ci sorprende sempre. Mi sono tornate in mente le parole di una persona che ha detto: “Ah, finalmente abbiamo finito!”
Ho capito il senso di quella frase, ma non ho potuto fare a meno di pensare che niente è stato fatto fino ad ora. La nostra vita è fatta di tappe: ne finisce una e subito ne comincia un’altra, più difficile della precedente. Bisogna continuare ad impegnarsi, consapevoli che seguiranno momenti di gioia e momenti in cui il nostro tutto non sarà mai abbastanza.
Quando tutto sembra finito, è allora che stai per cominciare.