Nel giorno di San Valentino mi sono tornati in mente due episodi vissuti alcuni anni fa.
Il primo, quello più divertente, riguarda una serata di karaoke in una pizzeria, all’inizio della quale spiegai, alla maniera di Piero Angela, sulle note della musica di Superquark, chi era San Valentino e perché dava il nome alla festa degli Innamorati.
Il secondo, quello
più intenso, è legato ad una rappresentazione teatrale tratta da “La bottega
dell’orefice”. Lessi quel libro molte volte per riadattarlo al palcoscenico per
quell’occasione e per tentare di non tralasciare il messaggio teologico che
trasmetteva.
Qui quello che scrissi allora.
Il titolo della
rappresentazione era “Cerca alla voce: Amore”.
Ricordo quanto fu difficile arrivare in fondo a quell’esperienza, ma anche quanto fu bello arrivarci.
Ricordo che alla fine avrei voluto mettermi in un angolo, da solo, lontano dagli altri che si stavano prendendo i meritati applausi, e lasciarmi andare.
Qui quello che scrissi dopo lo spettacolo.
Per il finale erano previste alcune parole:
Scandagliamo dentro di noi, cerchiamo nel nostro cuore.
E se i
nostri sentimenti fossero raccolti in un grande dizionario, cerchiamo alla voce:
Amore, perché l’esperienza umana dell’amore è quanto più ci avvicina alla
condizione divina.
Cerchiamo alla voce: Amore, e preghiamo per restare uniti allo Sposo e trarre da lui la forza per sconfiggere tutte le nostre umane fragilità.
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