venerdì 10 giugno 2016

La beffa



L’intervento chirurgico era programmato già da tempo. Giugno, mi avevano detto. Così mi ero adoperato per far ricadere in maggio i vari impegni da affrontare.
Maggio è un mese importante per le varie attività che seguo, perché quel periodo ne segna la fine e, come spesso accade, è il momento dei saluti, degli abbracci, delle feste, insomma è il momento delle “ultime puntate” che concludono un percorso portato avanti per tutta la stagione.
Una di queste, quella a cui tenevo di più, era lo spettacolo di fine anno preparato e curato con i ragazzi del dopocresima. Il mio gruppo aveva il compito di curare la parte teatrale, gli altri gruppi avevano il compito di curare altri lavori da inserire al momento opportuno, come se fossero degli spot, fra un atto ed un altro. Un progetto nato un anno fa, preparato e provato non senza difficoltà, che avrebbe visto la sua realizzazione il 21 maggio, data scelta appositamente per evitare giugno.
Ma la beffa era in agguato.
Una mattina mi è arrivata una telefonata con la quale vengo informato che la data dell’intervento è esattamente una settimana dopo, il 20 di maggio! Mi assalgono cento pensieri, ma quello più ingombrante è lo spettacolo da fare coi ragazzi. Ne ho anche altri ma, per quanto fossero importanti, non riesco a staccarmi da quello.
Allora chiedo mezzora di tempo per riflettere, voglio farlo con calma e non a caldo, parlando anche con mia moglie. Mi viene concessa ma vengo allo stesso tempo informato che, rifiutando, devo rimettermi in coda, ricominciando da zero e soprattutto senza la certezza del periodo in cui andrei ad operarmi.
Parlo con mia moglie e le idee mi si chiariscono subito, così richiamo l’ospedale e confermo la data.
Poi avverto ed informo della nuova situazione chi doveva cominciare a fare pubblicità allo spettacolo. Credo sia il caso di fermarsi e parlarne a voce. Cosa che avviene più tardi.
La proposta dei sacerdoti è quella di rimandare lo spettacolo a giugno, in occasione della festa parrocchiale. Ho detto sì, ma senza convinzione, chiedendo altri due giorni di tempo prima di far avvertire tutti quanti dello slittamento.
Questi due giorni mi servivano perché dovevo parlare dell’intervento col chirurgo, con il quale avevo già un appuntamento, e per chiedere se i ragazzi fossero stati disponibili per la data di giugno.
Ma durante la settimana, nella mia mente si è fatta strada l’idea di una sola soluzione: lo spettacolo deve andare avanti. Così ho studiato le varie soluzioni per dei rapidi cambi di ruolo. Chi è chiamato a sostituire si dimostra subito disponibile, anche se il tempo per prepararsi è poco. Mi sento alleggerito dentro. Adesso devo parlare con il sacerdote e con i ragazzi. Lo farò pochi giorni dopo, il sabato.
Ed il sabato arriva.
Ad inizio pomeriggio vado a parlare con il sacerdote.
“La mia idea è quella di fare lo spettacolo senza di me. Marco mi sostituirà in scena, Sara si occuperà del suggeritore e tu farai i sottofondi musicali al posto di Marco. Per il resto non cambia niente ed ognuno manterrà i ruoli assegnati. Io non me la sento di buttare all’aria il lavoro di tante persone, non c’è solo il mio gruppo ad aver lavorato a questo progetto. E poi quest’anno abbiamo lavorato sul gruppo, gruppo che deve andare avanti nonostante le avversità. Inoltre se a giugno dovessero esserci altre indisponibilità che cosa facciamo, sospendiamo di nuovo? Oppure andiamo in scena? E in questo caso, se fosse un ragazzo a mancare, che messaggio lasciamo passare? Che uno è indispensabile e l’altro no?
No, andiamo avanti. Più tardi, durante l’incontro, parlerò con i ragazzi e sentirò anche loro. Poi ti faccio sapere.”
“Va bene, dopo passo nella tua aula” è stata la risposta.
Avevo già informato i ragazzi dell’importanza di quell’incontro e si presentarono tutti tranne due, assenti per motivi di forza maggiore.
Non mi è stato facile parlare, anzi ad un certo punto sono stato costretto ad uscire perché un nodo alla gola mi ha impedito di parlare. Mia figlia mi ha seguito per confortarmi.
Poi ho ripreso, ho spiegato e ho fatto capire i motivi per cui desideravo andare avanti. Le parole che ci siamo detti rimarranno dentro quelle quattro mura, come avviene quando gli allenatori parlano ai giocatori dentro lo spogliatoio.
I ragazzi si sono guardati fra loro, poi hanno comunicato la loro decisione “Avanti!”.
Era quella che desideravo dentro il mio cuore. La commozione mi ha assalito di nuovo, ma un caldo abbraccio con tutti i ragazzi l’ha fatta svanire.
Abbiamo provato, abbiamo aiutato Marco nel suo nuovo ruolo e abbiamo concluso l’incontro con notevole ritardo.
Quando il sacerdote ci ha raggiunto in aula gli ho detto: “I ragazzi hanno deciso di andare avanti.”
“Bene” la sua semplice risposta.
E così lo spettacolo è stato fatto il 21 maggio.
Io stavo nel mio letto di ospedale quando è arrivata una telefonata, quella dei ragazzi: mi hanno fatto ascoltare il grido di battaglia che tanti attori fanno prima dell’inizio degli spettacoli ed io gli ho fatto gli auguri con una voce molto emozionata. Chissà se mi hanno sentito.
Successivamente ho cominciato ad accendere il telefono a più riprese, per vedere se arrivavano notizie.
Cinzia ogni tanto mi mandava delle foto e brevi filmati.
Alla fine ho ricevuto un messaggio: “Sono stati bravi!”.
Ne ero certo.
La mattina successiva, quando le infermiere mi hanno fatto alzare dal letto, mi sono seduto, ho chiamato il mio compagno di stanza che si è seduto accanto a me, ho preso il cellulare e, con una punta d’orgoglio, gli ho fatto vedere tutte le foto ricevute durante la notte.

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