Oggi non è stato facile lavorare.
Ho dovuto resistere alle
distrazioni che tentavano di far breccia in me a seguito delle molte emozioni
provate ieri sera e che volevano riportare lì la mia mente, in tutti i modi.
A me piace scrivere, ma scrivo
altro, così mi sono ritrovato a leggere due mie poesie, poeta quasi per caso.
L’ambiente ed un’atmosfera
familiare ed informale mi hanno fatto sentire a mio agio, ma l’emozione di una
prima volta mi stava già facendo compagnia.
Sì, una prima volta.
Sui tavoli stazionavano
libretti di poesie ed altro. Io avevo un foglio sulle cui facciate c’erano le
parole che avrei dovuto leggere. Ho pensato: «Caro mio, tu vuoi fare il poeta,
ma qui c’è chi lo è per davvero.»
Dopo aver salutato la cara
Dora, regista, madrina della serata ed anche mia indimenticata insegnante, mi
sono seduto ad un tavolo, dove sono stato raggiunto da una persona con la quale
avevo percorso un tratto di vita ai tempi della scuola.
Con il gracidio delle rane a
far da sottofondo è iniziata la serata e poco dopo è toccato subito a me.
A casa avevo provato a leggere
le poesie, preparando due basi musicali, che poi non sono servite, per
accompagnare la lettura in modo che parole e musica terminassero insieme.
Poi, considerando che le
parole, ogni volta, mi uscivano dalla bocca in maniera differente, mi sono
detto: «Lascia perdere, leggi secondo l’emozione del momento.»
E così è stato.
Non sapevo se potevo
introdurre le poesie, prima di leggerle, ma, una volta rimasto solo con il leggio
davanti ed un microfono che non vedeva l’ora di cominciare a svolgere il compito
per cui era stato messo lì, ho deciso di non dire niente.
Poi è partita la musica di
sottofondo che, coincidenza, era proprio quella che avevo scelto per la lettura
della prima poesia, la dedica che apriva il mio primo romanzo, del 2005, che
dedicai a mia madre. Lei morì in quell’anno e non fece in tempo a vedere l’uscita
di quel libro. Malata da tempo, non poteva più leggere, così una volta mi misi
accanto a lei e glielo raccontai, leggendole qualche brano. Il resto era tutto
in quei versi.
Chissà come sarebbe stata
contenta di vedermi lì, ieri sera. Chissà, forse era proprio lì, accanto a me.
In passato, durante le
presentazioni dei libri, avevo sempre affidato quella lettura ad altri.
Soltanto una volta ero riuscito a leggerla, perché per me era difficile farlo
in pubblico.
E anche ieri sera non è stato
facile, perché la voce, ad un tratto, ha deciso di andare per conto suo,
incurante della mia volontà.
La seconda poesia, La piazza,
era stata scritta qualche anno dopo, quando si interruppe un periodo condiviso
con alcune persone alle quali mi legava la passione della scrittura. Insieme,
avevamo portato avanti un blog, ma i tempi stavano cambiando ed i social stavano
prendendo il sopravvento. Il nostro blog stava diventando lento, obsoleto e,
nostro malgrado, decidemmo di chiuderlo.
Nei primi momenti ci mancavano
i nostri post, i nostri commenti, le nostre discussioni o gli approfondimenti.
Il blog, ancora in rete, era ormai deserto, simile una piazza dove
non passa più nessuno.
Soltanto nei nostri ricordi si
rianimava, e lì tutto riprendeva vita.
Non so se e cosa sia arrivato
ai presenti di quei versi.
So, invece, che le mie
emozioni sono state tante e profonde: ci vorrebbe un poeta per descriverle tutte!
Altre poesie si sono succedute,
toccanti e bellissime, fino alla fine di una serata dall’atmosfera onirica, poi il gracidio delle rane mi ha
riaccompagnato al parcheggio. Era ora di andare.
Stamani la sveglia, implacabile, ha suonato
come sempre alla stessa ora.
Ieri sera ho sognato.
Oggi non è stato facile
lavorare.