C'era una volta un film con Francesco Nuti caratterizzato da una frase che gli dava il titolo: Madonna che silenzio c'è stasera.
E' una frase che fotografa bene il mio pensiero quando mi affaccio al blog.
Da molto tempo, infatti, non ci sono commenti, tranne quelli di Josil che è stato anche l'unico a dire qualcosa su La chiusura del cerchio.
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione
cantava Gaber.
Certo, uno è libero di partecipare o di non farlo, ci mancherebbe, ma qualche domandina in più, in tutta sincerità, me la sarei aspettata. Invece non è arrivata, come il resto che avevo ipotizzato nel post in cui annunciavo l'uscita del book.
E questo mentre si verifica un'impennata di entrate nel Rifugio: mai ce ne sono state tante come nell'ultimo mese, ma nonostante questo, no comment.
Si potrà dire che è presto, si potrà dire che si deve attendere che almeno sia terminata la lettura, si potrà dire quello che volete, ma credo che la riscontrata mancanza di interesse abbia di fatto dichiarato terminata l'esperienza de La chiusura del cerchio.
Speriamo almeno che qualche gesto si concretizzi.
Grazie.
Ricevo da Maria che non riesce a postare sul blog e, dietro suo invito, pubblico io.
RispondiElimina“Ma quando sembra che tutto stia per terminare è proprio allora che stai per cominciare. Allora non sedetevi, continuate a camminare!”
Caro Ben, questa è la frase con cui concludi “La chiusura del cerchio”.
Da questa voglio partire per fare le mie considerazioni. Ti avviso: saranno a ruota libera. Perdona in anticipo la forma e la sconclusionatezza ma se aspetto di avere un articolo perfetto, non sarà mai pronto.
Sono mancata dal rifugio per molto tempo e, grazie alla lunga riflessione che fai ne “La chiusura del cerchio”, ho recuperato le conversazioni del blog che mi ero persa.
Ti ringrazio molto per aver voluto inserire anche alcuni miei commenti.
Ho provato nostalgia per quel periodo in cui il contatto con gli amici “virtuali” era molto assiduo. Sia attraverso blog e forum, sia privatamente via mail.
Periodo che ricordo molto stimolante e vivace, carico di scambi interessanti e anche molto affettuosi.
Sono nate amicizie che durano nel tempo e questo basterebbe per un giudizio positivo.
Personalmente il mio allontanamento è stato causato da cambiamenti nella vita lavorativa e personale.
Molto peso su entrambi i versanti mi hanno tolto l’energia per dedicare tempo e spazio ad altro che non fosse vita vera e concreta. Quando non trovi più il tempo per frequentare un amico, un fratello…non puoi sforzarti anche di trovare tempo per qualcosa che, almeno nell’ordine delle cose, è su un livello diverso, non meno importante ma sicuramente più lontano.
Si è costretti a fare delle scelte. Forse non si prende sempre la strada giusta, ma penso che debba esserlo almeno nel momento in cui la strada si sceglie.
Per me è stata un’esigenza. L’esigenza del silenzio. Di non condividere continuamente il mio pensiero.
Tutta questa ansia di condivisione di qualunque gesto e pensiero non mi appartiene.
Non mi riconosco e soprattutto non sento la necessità di esprimere un parere su tutto e su tutti.
Anche per questo non mi sono mai iscritta ad un social network. Mi sembra che di social abbiano davvero poco: tutti scrivono qualunque cosa pur di esserci. Si diventa aggressivi e maleducati. Si esprimono pareri su argomenti di cui non si conosce niente e si pretende anche di essere applauditi.
Come lo so? Perché vivo questo tempo, frequento persone, frequento un ambiente lavorativo fatto di persone anche molto diverse da me.
Il tempo che si perde sui “social” lo si toglie a leggere un libro, guardare un film, uscire con amici o semplicemente riposarsi un po’ ascoltando della musica.
Mi accorgo di avere involontariamente espresso un giudizio: ho scritto il tempo che “si perde”… Meglio precisare che io lo considero tempo perso. Forse perché di tempo ne ho poco e devo inevitabilmente scegliere come non disperderlo.
(Seconda parte del commento di Maria)
RispondiEliminaNon so spiegarti, caro Ben, perché non hai avuto commenti a molti tuoi post. Posso però azzardare che scrivere in un blog come il tuo richiede concentrazione e voglia di soffermarsi su considerazioni serie. Tornando ai social, forse molti li preferiscono perché è sufficiente postare una frase fatta, una fotografia, un’immagine…per sentirsi protagonisti. Poca fatica, molta resa? Non so.
Poi però penso anche che “Il rifugio” non è mai stato frequentato da persone di questa tipologia. Siamo sempre stati pochi, prima di tutto. Sensibili ad argomenti letterari e sociali. Mi sbaglio?
Forse anche per gli altri è stato come per me? Non posso saperlo.
E del resto cosa importa? Tornando alla frase di chiusura del tuo libro…in primo luogo ti dico: se senti la necessità, se hai voglia di scrivere, di postare un commento…continua a farlo. Perché legarlo alla partecipazione di altri?
E’ vero che può essere imbarazzante porre domande e non ricevere risposte ma è anche vero che si può scrivere indipendentemente da quel che altri diranno o penseranno.
Non privarti di qualcosa che ti piace fare.
In secondo luogo, ti faccio una proposta: se provassi a cambiare formula e forma? Ho notato che, soprattutto nei tuoi ultimi interventi cerchi continuamente risposte. Forse le cerchi da te stesso? Sei sicuro che altri possano rispondere a tuoi interrogativi interiori e intimi? Forse modificando la struttura delle tue considerazioni offriresti maggiore spazio agli altri.
Penso, per esempio, a me stessa e mi dico: se non ho la risposta a quel che chiede Ben è inutile che scriva. Non avere risposte può intimidire e chiudere i canali. E’ solo un’ipotesi ovviamente.
Se provassi a postare un argomento, un articolo di giornale, un libro, una canzone… Forse potresti stimolare maggiormente la conversazione. Lo so, non invento niente di nuovo. Ma se senti la necessità di comunicare con gli altri, forse questo potrebbe essere un modo per parlare di grandi temi, anche personali, prendendo spunto da altro. Anche da piccole cose. Come succede nelle conversazioni: un argomento ne apre un altro e ci si ritrova a non sapere da dove si è partiti. A chi non è mai capitato?
E se invece sei stanco. Se non te la senti più di scrivere. Anche in questo caso devi sentirti libero. Non è necessario essere drastici. Non sempre si devono chiudere cerchi. E se, invece, un cerchio lo si vuole proprio chiudere, sono mille e mille ancora i cerchi che si potranno aprire.
Eccomi al finale, caro Ben. Non so cosa ti aspettassi ma questo è il mio contributo. Quanto al gesto “buono”, sai che su questo fronte mi sono già mossa e ancora mi muoverò.
Chiudo con una poesia che mi è simpatica e che a modo suo parla della scrittura…
E’ della cara Wislawa Szymborska. La dedico a te e a chi passerà da queste parti…
Ciao. Maria
“La mano
Ventisette ossa,
trentacinque muscoli,
circa duemila cellule nervose
in ogni polpastrello delle nostre cinque dita.
È più che sufficiente
per scriver Mein Kampf
o Winnie the Pooh.”
Ciao Maria,
RispondiEliminaprima di tutto ben ritrovata.
La pubblicazione del tuo commento è stata piuttosto insolita: ripreso da un messaggio e-mail e diviso in due perché troppo lungo per essere inserito come un unico commento.
Quello che hai detto non fa una piega e sarei portato a dirti che mi trovi d'accordo su tutto, fatta eccezione per una cosa: hai svelato il finale!
Vorrei argomentare meglio alcuni punti, magari facendolo più riprese.
Intanto la prima cosa che vorrei precisare è che blog e libro non vanno di pari passo, anche se il libro non è altro che un avvicendarsi di cambiamenti visti attraverso i post ed i commenti del Rifugio.
La chiusura del cerchio non si riferisce, o almeno non si riferisce solamente, al fatto di proseguire o meno la scrittura, compresa quella sul blog.
Prima parte del tuo commento: la partecipazione.
Sono pienamente d'accordo con te, le cose importanti sono ben altre.
Al rifugio siamo sempre stati in pochi, ultimamente ancora in meno.
Eppure vedo, come ho scritto nel post, impennarsi i contatti. Allora mi domando se c'è qualcuno che si diverte a cliccare all'impazzata, entrando e rimbalzando come una pallina da ping pong incrementando, ad ogni rimbalzo, il contatore dei contatti.
Come ci arrivano? Non mando e-mail per informare di un post. Gli unici link li metto sul mio profilo di Facebook, e nemmeno sempre, e da lì entrano in tanti, ma quella so già che è una partita persa in partenza, perché qui non commenteranno mai, al massimo piazzeranno un "Mi piace" sul social, ma un "Mi piace" non crea dialogo.
Da cosa sono attirati per entrare e andare a leggere i post, sia nuovi sia datati?
Ma di commenti e commentatori nuovi...
Il social.
Sono su Facebook da vari anni e lo utilizzo solo come mezzo di comunicazione per le varie attività che svolgo. Per ora ci resto, anche se Whatsapp sta prevalendo per facilità di comunicazione.
Per ora mi fermo qui. Fine prima puntata.
Graze Maria.
Un abbraccio.
P.S.
RispondiEliminaAvete notato che l'aspetto del blog è cambiato?
Sono spariti alcuni elenchi (Le pagelle, i video, gli ultimi commenti e altro).
Mistero del web!
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaSeconda parte del tuo commento.
RispondiEliminaSicuramente è più facile postare foto di cani, gatti, video buffi, cibo (facefood!) e cose simili. Post leggeri, anzi leggerissimi, come direbbe l'Ominopiccolocosì.
La chiusura del libro riapre, ma non è legata al fatto di scrivere post e meno sul blog. Lì si parla anche di altre cose, in funzione di una sensazione che nuovi cambiamenti siano in arrivo.
Scrivere sul blog mi piace e sto tentando di continuare a farlo.
Farlo in compagnia sarebbe più bello, ma devo anche tener conto che i cambiamenti sono in atto anche per gli altri, non solo per me.
Se vado a vedere l'apertura del Rifugio mi accorgo che risale al 2008.
2008! sai quanta acqua sotto i ponti è passata dal 2008!
E poi c'è la linea editoriale.
Tu mi hai dato dei suggerimenti e ti ringrazio.
Tranne gli articoli di giornale, credo di aver esplorato tutte le altre.
E' una scelta fatta e portata avanti dall'inizio.
Ma se guardi gli ultimi post ci trovi argomenti attuali (vedi Amatrice e Coen, ad esempio) introdotti in maniera un po' diversa nel tentativo di arrivare a parlarne. Tu parli di canzoni e ti rispondo con il post di Essere umani.
Sui libri sono un po' impreparato, devo dartene atto.
Le mie ultime letture, però, da un po' di tempo a questa parte, sono di formazione personale per affrontare al meglio le attività che svolgo. Non si tratta di letteratura pura, per la quale a suo tempo inserivo le mie opinioni attraverso le Pagelle di Ben (scomparse dal blog anche quelle! E pensare che avevo impiegato un sacco di tempo per fare i vari collegamenti).
Le domande: spesso sono un modo di dare l'input, una specie di "voi che ne pensate?", non per rispondere ai miei intimi quesiti, ma per esporre, eventualmente qualcosa di personale o una propria esperienza.
E poi c'è il momento del silenzio, come è giusto che ci sia.
Chiudo con il gesto.
Nel post di lancio del libro avevo espresso la possibilità di descrivere le sensazioni provate a seguito di un gesto, solo le sensazioni provate e non necessariamente il gesto.
So che tu ne fai, come so che altri avventori del Rifugio ne fanno.
Sarebbe stata una specie di confronto, per vedere se quelle altrui assomigliano alle mie, come le ho descritte a più riprese nel libro.
Maria, a te un abbraccio.
Ed un grazie.