Caro Rifugio,
quanto tempo è passato dall'ultima volta!
Oramai, la nostra, sembra una relazione a cadenza trimestrale.
Sembra quasi di passare da un augurio, quello di buon anno, ad un altro, quello di Buona Pasqua.
Ma è solo un caso.
Di cose che non mi hanno lasciato indifferente ne sono successe parecchie, ma ho preferito non scrivere niente, prendendoni il tempo di metabolizzarle.
Alcune di queste hanno fatto male, tanto che a un certo punto ho avuto la tentazione di mollare un'attività a cui tengo molto e fare come quegli allenatori che, per dare una scossa alla squadra che non ottiene risultati, decidono di farsi da parte.
Ma non ero lucido, avevo bisogno di un'opinione esterna. L'ho chiesta, l'ho avuta ed ho capito che le cose si possono vedere anche da un'altra prospettiva, vedendo una via d'uscita altrimenti invisibile.
Che strano: in un incontro di poche settimane prima era stato parlato proprio di questo ed il relatore, se così possiamo dire, ero stato proprio io.
Ho ripreso dunque, con qualche ferita in più di cui resterà la cicatrice.
Un po' come quelli oggetti che si graffiano e che, quando si sporcano, vengono ripuliti: lo sporco se ne va, i graffi restano.
Inside my heart is breaking
My make-up may be flaking
But my smile still stays on
The Show must go on!
Mi ha fatto piacere rileggerti nel tuo rifugio.
RispondiEliminaUn abbraccio e un augurio di Buona Pasqua.
Josil
Ciao Ben.
RispondiEliminaCome farmi passare un brivido lungo la schiena? Con una delle tante belle canzoni dei Queen.
Tra queste, "The show must go on" è una delle mie preferite.
Grazie per l'emozione, dunque.
"Lo spettacolo deve continuare": spettacolo-finzione, qui, giacché si accenna al "make-up", trucco ma anche maschera, perché no?
Graffi e cicatrici: mi piacerebbe incontrare una persona, che possa affermare che non porta ferite, graffi e cicatrici dentro di sé.
Significherebbe che ho incontrato una persona che ha fatto della menzogna un'arte e della propria maschera l'unico viso possibile.
Ci sono, poi, domande e dubbi personali che riguardano tanto il Rifugio quanto i miei blog, dai quali mi sono presa un periodo di riposo... un periodo di riposo che dura da oltre un anno.
Sono domande e dubbi che potremo condividere anche qui, se vorremo.
Per ora e affinché le piacevoli consuetudini non si perdano, auguro una Serena Pasqua a... ... a te, paziente custode del Rifugio
... alla tua famiglia
... alle care Bianca e Maria
... a chiunque si trovi a passare di qui, per caso o volutamente.
Ciao ciao
Ines
Grazie Josil. Grazie Ines.
RispondiEliminaContraccambio gli auguri.
E poi, a proposito di consuetudini, qui al Rifugio ce ne era una che mi piaceva parecchio: quella di condividere domande, emozioni e anche dubbi.
Per cui, Ines, ti invito a cominciare.
Come sempre quando vorrai.
Un abbraccio
Interessante e bello - come sempre - il commento di Ines, alla quale faccio i miei auguri di una buona e serena Santa Pasqua.
RispondiEliminaAuguri estesi a Maria, a Ben paziente custode del Rifugio (cito!), alle vostre famiglie e a chi passasse da queste parti.
E naturalmente i migliori auguri di una lieta e spensierata Pasquetta.
A presto carissime/i!
Bianca
Ciao Bianca, grazie del tuo passaggio.
RispondiEliminaBuona Pasquetta!
Doei, doei.
Ciao Ben, presa al volo prima di chiudere il PC... buon proseguimento di Pasquetta e di settimana a voi!
RispondiEliminaDoei,
Ciao Ben.
RispondiEliminaFatta o no una buona scorpacciata di uova di cioccolata?
Toh, m'è scappata una rima...
Sinceramente l'attacco del tuo ultimo post mi ha un po' rattristata: "Caro Rifugio, quanto tempo è passato dall'ultima volta!"
Quante volte ci troviamo ad esclamare queste parole!
Lo facciamo con le persone che non vedevamo o non sentivamo da mesi o da anni e, nel percorrere retrospettivamente il tempo, quasi ci stupisce... Cosa ci stupisce? Che il tempo passi tanto in fretta? Oppure che abbiamo trascorso mesi o addirittura anni senza dare o ricevere un cenno - un biglietto, una telefonata, un'email, una visita - che testimoniasse un sentimento di affetto, se quel sentimento esiste?
Per quanto riguarda me, a stupirmi non sono né l'uno né l'altro, poiché il primo è un dato di fatto talmente ovvio che potremmo definirlo un luogo comune e il secondo mi pare molto improbabile, persino poco aderente alla realtà.
Ciò che mi stupisce è l'Abitudine, l'arma a doppio taglio che chiamiamo Abitudine: il tranquillo rifugio della quotidianità e, nello stesso tempo, l'anestetizzante corazza che può talvolta risparmiarci inciampi e imprevisti. Legami, coinvolgimenti, affetti: non sono anche questi, oggi, inciampi e imprevisti?
Ora, caro Ben, ti domando, in riferimento al blog: perché e per chi scrivere?
Un caro saluto
Ines
Ines, Ben... tornata.
RispondiEliminaSono rientrato nel rifugio dopo qualche giorno e ritrovo la Ines in grande forma.
Allora, cominciamo dall'inizio.
Niente cioccolata, al momento non posso permettermela. Però, un centimetro quadrato l'ho ugualmente mangiato (per fare un'altra rima).
Nell'attacco del post c'era un po' di tristezza, dettata da vari fattori. Uno rappresentato dall'abbandono di fatto del rifugio, che non riesco a seguire se non saltuariamente.
Tempo inteso come lungo periodo nel quale non ho curato il blog.
Tempo inteso come periodo di riflessione per "digerire" un evento, altro fattore a scatenare un po' di tristezza.
Tempo, inteso come insieme di momenti che vorremmo avere a disposizione per curare quello che ci sta a cuore e che vorremmo fare, ma che inesorabilmente manca perché dobbiamo impiegarlo per ciò che dobbiamo fare.
E allora dobbiamo ricavarlo attiggendo a risorse che in alcuni momenti nemmeno noi sappiamo di possedere.
E magari riusciamo anche a trovarlo, quel tempo, facendo sorgere, talvolta, dei piccoli sensi di colpa.
Ma questo è un altro discorso.
Sai Ines, anch'io non provo stupore. Il tempo passa, è inevitabile, ma è anche bene che passi, e negli ultimi tempi ho perfino smesso di aspettare chi non è abituato a corrispondere.
Un po' di tempo fa, dopo aver inviato una e-mail ad una persona, ricevetti una risposta che conteneva una frase del tipo: "grazie per esserti ricordato di me".
L'istinto mi avrebbe fatto rispondere una frase del tipo: "prova anche tu a ricordarti di me, ogni tanto.", ma non lo feci. Magari, quella persona avrà avuto anche dei motivi seri per non avere "tempo" di darmi notizie di sé, ma non l'ho mai saputo né, credo, lo saprò.
E qui si potrebbe aprire un'altra riflessione sull'attenzione che prestiamo alle nostre relazioni con le persone a cui teniamo e/o a cui crediamo di tenere.
Ma anche questo è un altro discorso.
Abitudine: per certi versi sono abitudinario, ma credo di non esserlo più per quanto riguarda le persone. Se guardo a quelle che mi circondano oggi, vedo tante facce nuove alle quali non ero... abituato.
Legami, coinvolgimenti e affetti: se c'è un legame vuol dire che c'è qualcosa che lega, se c'è coinvolgimento vuol dire che c'è qualcosa che coinvolge, se c'è affetto vuol dire che c'è un sentimento: perché non considerarli una ricchezza?
Ed eccoci arrivati alla tua domanda diretta: "In riferimento al blog: perché e per chi scrivere".
RispondiEliminaNel lontano 2008, poco dopo l'apertura del Rifugio, scrissi un post con le motivazioni di allora, ma quelle non sono più attuali. Allora ero incontinente, avevo una voglia irrefrenabile di comunicare: tenevo due blog, collaborai con un terzo.
Oggi è diverso. La voglia di comunicare c'è ancora, ma di cose se ne sono già scritte tante. Probabilmente riproponendo le stesse conversazioni di allora, verrebbero fuori riflessioni diverse.
Perché scrivere: perché c'è ancora voglia di condividere qualcosa, come stiamo facendo in questo istante.
Per chi scrivere: nel momento in cui scriviamo non sappiamo per chi stiamo scrivendo.
Scrivo di me. E se questo suscita interesse in altre persone significa che ho scritto per qualcuno, a mia insaputa.
Non potrò dimenticare tre episodi legati a ciò che ho scritto: Non mi riferisco al blog, ma ai libri scritti tempo fa, ma credo che questi episodi possano chiarire quello che intendo dire.
Il primo, legato al libro Al di là delle ombre: un padre, vedovo, mi disse che sua figlia, che aveva perso la madre, aveva trovato conforto nella lettura di quelle pagine.
Il secondo, sempre legato a quel libro: una ragazza del "mio" gruppo (quindi è cosa abbastanza fresca, recente), con un po' di dubbi in più rispetto alla media dei coetanei, ha detto che per lei è stato illuminante.
Il terzo, legato a Il treno delle 7,18: Un figlio (adulto) trovò il coraggio di fare quello che non aveva mai fatto prima, cioè capire di più il suo rapporto col padre e perdonarlo per le sue tante "assenze".
Se scrivendo di noi suscitiamo qualcosa in altre persone, allora credo che si possa dire che abbiamo scritto per qualcuno. Come ciò avvenga rimane un magnifico mistero.
Se, al contrario, ciò non dovesse accadere, allora avremmo scritto una specie di diario, come fanno gli adolescenti che lo scrivono in gran segreto nelle loro camerine, chiudendolo e poi custodendolo gelosamente.
Con una differenza: il blog è senza lucchetto.
Ciao Ben.
RispondiElimina"Ines in grande forma": ehm... bella iperbole, questa!
Iperbole: figura retorica da non confondere con l'iperbato, che sembra un composto chimico e invece è un'altra figura retorica. :-)
Abitudine - Relazioni personali - Tempo
Dicevo che l'ordinarietà - l'insieme delle abitudini (quotidiane e no) - è rassicurante e ci troveremmo a rimpiangerla, come un grande bene perduto e persino poco apprezzato, nel momento in cui dovesse accadere qualcosa di doloroso che la sconvolge, la deforma o la annulla.
Capita invece - e a me capita con sempre maggiore frequenza - di perdere delle buone abitudini. E qui entrano in gioco anche (direi soprattutto) le relazioni personali e il tempo.
Considero una buona abitudine, ad esempio, conservare un rapporto a cui tengo e - per quanto mi riguarda - i rapporti a cui tengo si nutrono di una confidenza che il silenzio assottiglia sempre più, con il trascorrere del tempo, fino a cancellarla.
Voglio dire, caro Ben, che non credo ai rapporti che rimangono immutati nel tempo, per due ragioni, una oggettiva e una soggettiva.
Ritengo che la prima sia indiscutibile: l'evoluzione stessa di un rapporto porta in sé trasformazioni, che riguardano sia una persona sia l'altra e, contemporaneamente, il proprio modo di porsi e, quindi, di vivere quel rapporto.
La seconda è di carattere soggettivo: per quanto si dica - e quanto spesso si dice! - che un rapporto (di amicizia, ad esempio) può rimanere inalterato, nonostante il silenzio di cui ho parlato prima, per me non è così. Non è affatto così.
Mi adeguo. Accetto, mio malgrado. Mi comporto come l'altro si comporta con me. D'accordo, ma...
Smettiamo di innaffiare una pianta per qualche mese oppure priviamola della luce. Proviamo: sapremo dirci poi il risultato.
Come una pianta ha un costante bisogno di nutrimento e di luce, così hanno un costante bisogno di nutrimento e di luce i rapporti personali. Se ci teniamo. Lasciamoli morire, invece, se per noi non sono importanti.
Penso che possa bastare, per ora.
Un caro saluto
Ines
Ciao Ines,
RispondiEliminaho letto, e ritornerò fra qualche giorno.
Portate pazienza.
Buon fine settimana.
Cara Ines,
RispondiEliminami hai fatto tornare in mente quanto avevo cercato di affrontare in "Nel mezzo della notte": i lunghi silenzi ai quali non sai dare un significato preciso e che ti fanno pensare che tutto si stia perdendo, anche i legami più forti.
Per me è sempre stato difficile interrompere dei rapporti. Forse perché ne ho sempre avuti pochi, forse perché ho sempre tentato con tutte le energie di tenerle in vita perché ci credevo!
La vita, con il trascorrere del tempo, cambia le persone. Diciamo che si tratta di una trasformazione naturale: da bambini ci comportiamo da bambini, poi si cresce, cominciano le responsabilità, lavoro, famiglia (per alcuni) e altro ancora.
Il cambiamento è continuo, e dopo tanto silenzio c'è il rischio di non riconscerci più, di non ritrovare nell'altro quello che ci legava.
Ma non sempre è così. Ci sono legami che vanno oltre il silenzio, oltre la lontananza, e ce ne accorgiamo alla fine di quei silenzi e di quella lontananza.
Io e Josil ne siamo una testimonianza.
E allora mi pongo una domanda: se io, o lui, a causa del lungo silenzio avessimo smesso di alimentare dentro di noi quel sentimento che ci aveva unito, come sarebbe andata a finire? Come sarebbe oggi?
Certo non con tutti è così: la persona che avevo invitato a casa mia e che rispose: "se non piove, vengo" è poco presente nei miei pensieri.
Credo però che una porta per le persone verso cui proviamo o abbiamo provato qualcosa debba esser lasciata aperta. Sarà il... tempo a dire se abbiamo sbagliato o no. Andremo incontro a grosse delusioni, ma non avremo lasciato niente di intentato.
Errata corrige: "se piove, vengo"
RispondiEliminaPorte aperte sempre, caro Ben: non siamo mica, noi, come le concessionarie delle automobili, che tengono le porte aperte anche nei giorni festivi per promuovere gli ultimi modelli. :-)
RispondiEliminaScherzo, dai.
Ma sulla porta lasciata aperta per le persone a cui tengo - a prescindere da possibili incomprensioni o periodi di silenzio - non scherzo e ti assicuro che difficilmente chiudo la porta - per restare nella metafora - e ancor più raramente la chiudo a chiave. Deve essere accaduto qualcosa di molto grave, che mi ha profondamente ferita, perché io chiuda a chiave una porta.
Ma rimaniamo ancora nella metafora. Getto uno sguardo sulle porte altrui - non parlo dei familiari, sia chiaro - e onestamente devo dire che le trovo quasi tutte aperte.
Qual è il problema, dunque? Se e quando c'è un problema so - ne sono pienamente consapevole - che il problema dipende da me: la porta aperta non mi basta. Non mi basta sapere che una persona è ben disposta al dialogo e allo scambio, se per un lungo periodo c'è stato quel silenzio, di cui ho parlato, e che per me costituisce un deterrente.
La continuità, nella frequentazione, è molto importante, perché si conservino quella confidenza e quella spontaneità, senza le quali tendo ad accostare la mia porta interiore.
Spero di essere riuscita a spiegare ciò che provo.
Torno, adesso, alle buone abitudini perse oppure trascurate.
Direi trascurate, per quanto riguarda i blog: il tuo e i miei.
Io so per quale motivo ho sospeso l'attività sui miei blog: non è stato per disaffezione o per mancanza di temi, ma perché mi impegnavano molto e sapevo che in quel determinato momento (interiore, ancora) della mia vita non sarei riuscita a seguirli come piace a me e come sentivo di dover fare, in segno di rispetto verso chi vi partecipava, "pochi ma buoni", si usa dire. "Pochi ma eccellenti", nel mio caso e per mia fortuna.
Per la stessa ragione ho trascurato a lungo il Rifugio.
Non sono sicura di poter disporre, adesso, delle condizioni necessarie - non parlo del tempo: non credo nella "mancanza di tempo" - per riprendere l'attività sui miei blog oppure per una delle nostre gradevoli chiacchierate qui nel Rifugio, ma...
Ma mi domando se e quanto incida il fatto che mi sia disabituata a questi appuntamenti. E torniamo ai lunghi periodi di silenzio...
Ciao ciao, Ben, e grazie per la disponibilità.
Ines
Cara Ines,
RispondiEliminacredo di aver afferrato il senso di ciò che provi.
Credo anche di poter dire che in questi casi, è capitato anche a me, gli altri possono soltanto immaginare un particolare stato d'animo, ma non sapranno mai quello che una persona sta provando effettivamente.
Quando è capitato a me, è risultato inutile qualsiasi tentativo di "convincermi" che non era niente, che era un periodo così, che presto sarebbe stato diverso.
Ho dovuto capire io per primo come stavano le cose.
Tuttavia qualche parola che qualcuno ha speso con me non è andata perduta e, fra le tante andate a vuoto, ha fatto breccia in me facendomi riflettere.
E' stato così che ho ritrovato entusiasmo per continuare a fare determinate cose, alcune delle quali proprio di recente.
E' stato così che ho ritrovato le motivazioni che mi spingevano a svolgere alcune attività. Mi sono riconcentrato su di esse e mi sono ritrovato. Ma ho avuto bisogno di qualcuno che mi indicasse la strada, perché io non la vedevo da solo in quel momento.
Io non so se leggerai questo commento. Le ultime righe del tuo intervento precedente mi fanno pensare che non ritornerai presto da questa parti.
Ma i silenzi lunghi non è detto che siano... infiniti.
Un abbraccio, cara Ines.
Ciao Ben.
RispondiEliminaIgnorare il tuo commento? Be', ecco: sarei una maleducata, diciamolo sinceramente.
Permettimi una precisazione: relativamente agli argomenti che stiamo trattando, il mio "particolare stato d'animo" non riguarda la mancanza di interesse per delle attività, quali quelle connesse ai blog (il tuo e i miei), ma il timore - se così possiamo definirlo - di non riuscire a seguirle come vorrei: con quello spirito di partecipazione e il coinvolgimento di cui ho parlato inizialmente e che per me sono condizioni essenziali.
Alla prossima. Ciao, caro Ben.
Ines
Ciao Ines,
RispondiEliminasi può sintetizzare così, se non sbaglio: o per bene o niente.
Beh, io non ce l'ho fatta. Ho vivacchiato, ho smesso, ho ripreso, rivivacchio.
Ma non sono riuscito a chiudere i battenti.
Forse è anche una questione di coraggio, chissà?
Alla prossima.
Ciao Ines.
Ciao Ben!
RispondiEliminaScusami, ma "vivacchiato" e "vivacchio" non mi sembrano espressioni adatte a te, tenendo conto delle molte attività cui ti dedichi, molte delle quali hanno una notevole importanza umana e sociale. Non so se mi spiego...
"Questione di coraggio"? Non credo, Ben. Il vero coraggio è altro, secondo me.
Passo al nuovo tema!
Salutoni
Ines
Ciao Ines,
RispondiEliminaquei termini erano riferiti più che altro al blog.
E anche il coraggio.
Sono d'accordo, il coraggio è ben altra cosa. E chi meglio di te può saperlo?
Tu, che lo hai... misurato.
Al nuovo tema, dunque.
Ciao