Tre storie, di altrettante coppie, che si succedono fra riflessioni e scelte di
vita.
La prima storia,
quella di Andrea e Teresa, vede un matrimonio che va bene ma che viene minato
dagli eventi della vita.
La seconda, quella di
Anna e Stefano, naufraga nella reciproca indifferenza.
La terza, quella di
Monica e Cristoforo, i figli delle due coppie, che portano con sé il bagaglio
ricevuto dai genitori: tanto amore lui, tanti dubbi lei, ma che hanno dentro di
sé un amore molto profondo, capace di sconfiggere dubbi e paure, l’amore di
Dio, l’unico amore che sa congiungere ciò che è diviso.
Karol Wojtyla, nel
descrivere il rapporto coniugale, descrive
il matrimonio come sacramento, dove è presente colui che rende possibile
l’unione eterna degli sposi.
La bottega dell’orefice
è una grande metafora sul matrimonio il cui valore, oggi, sembra quasi
sminuito, messo in discussione, tanto che a pronunciare la parola “matrimonio” sembra
di andare controcorrente. Karol Wojtyla si avvale di molti simboli per farci
capire la forza di questo Sacramento fra uomo e donna, che attraverso il loro
amore e la loro unione incarnano l’amore dello Sposo, cioè Cristo, per la sua
chiesa, cioè le persone che credono in lui.
Fra i vari simboli troviamo la bottega, nelle cui
vetrine si specchiano i dubbi e le fragilità dei vari personaggi.
Ci sono le fedi, segno
dell’indissolubilità del matrimonio cristiano, contro la paura di fare scelte
definitive, contro la cultura del provvisorio. Amore come relazione che cresce,
come insieme crescono gli sposi (come ha detto Papa Francesco).
C'è l’orefice, che pesa
simbolicamente l’intensità e la qualità dell’amore, invitando a riflettere. E’
la presenza stessa di Dio, che segue, discreto, le vicende dei suoi figli,
facendosi custode del loro amore.
C'è Adamo, la figura che
guida, che consola ed è presente nella vita di tutti i personaggi, che ci fa
capire che l’amore non può fermarsi alla persona che amiamo, ma che il
matrimonio è la strada che ci conduce a Colui che è la risposta per la felicità
dell’uomo, cioè lo Sposo, Cristo, che assume per noi il volto della persona amata.
L’uomo non deve fermarsi all’attimo, ma occorre indagare l’assoluto
dell’Amore nella sua completezza.
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