La festa è finita.
Evviva la festa!
Sono stati dodici
giorni intensi sotto tanti punti di vista, ed è stato bello, nonostante la
fatica e le molte ore di sonno che sono andate perdute. E’ stata una festa diversa
dalle precedenti, senza nulla togliere a queste ultime, ed il clima che si è
respirato è stato bello, come alcuni hanno fatto notare.
Per qualcuno si è
trattato di un ritorno dopo tanto tempo, sottolineato da un “è come tornare a
casa”, per tutti si è trattato di mettere a disposizione qualche ora, a volte
molte ore, andando ad incrementare le tante attività quotidiane, pronti a
cambiare abito per l’occasione, spesso in tutta fretta a causa del poco tempo a
disposizione. Come i trasformisti. E così l’impiegato è diventato friggitore,
il tecnico pasticciere o barista, lo studente pizzaiolo, il professionista
cameriere o cassiere, e così via. Tutti uguali, vestiti di una maglietta verde
o bianca. Tutti uguali, uniti da un intento comune. Tutti uguali, accomunati da
una parola, della quale in tanti ancora non riconoscono il significato, l’importanza,
il valore: volontari.
La macchina ha
girato, con qualche difetto che qualcuno ha definito “peccati di gioventù”, la
collaborazione fra le persone che hanno prestato la loro opera c’è stata,
favorendo o rafforzando la reciproca conoscenza, con la consapevolezza che non
si può essere amici di tutti..
Bello, tutto bello.
Ma è proprio adesso che viene la parte più difficile.
Adesso bisogna essere
bravi a non disperdere questo patrimonio e a non compiacere se stessi per il
risultato ottenuto. E non mi riferisco al lato organizzativo, fortunatamente imperfetto,
cosa questa che dà la possibilità e lo stimolo per migliorare in avvenire, ma
al lato umano. Bisogna far sì che il clima e l’atmosfera che si sono venuti a
creare non si dissolvano, bisogna lasciare le braccia aperte, pronti a
chiuderle solo per un abbraccio caloroso, bisogna evitare di cedere alla
tentazione di chiudersi in se stessi o nei soliti gruppetti, bisogna
valorizzare i doni di cui ognuno è dotato, e lasciare che quella complicità e
quello spirito di gruppo non siano soltanto un fuoco di paglia, una fiammata
che termina dopo pochi attimi.
Se si riesce in
questo, allora ci porteremo dentro il ricordo di una bella festa, e non di una
festa come tante ce ne sono.
Adesso la musica è
finita, le luci sono spente, e tutti hanno di nuovo cambiato abito, come i
trasformisti, tornando ad indossare quello di tutti i giorni.
Non resta che
guardare là dove non si può vedere con gli occhi, per capire se è successo
qualcosa. Chissà, magari anche lì abbiamo indossato un nuovo abito.
Come i
trasformisti.