Ogni cosa è finita
ormai
Tutti sono andati
via
La strada è già
deserta.
Siamo giunti
insieme fino a qui
Ora t’incontrerò
Nei ricordi miei
La calma del giorno dopo.
L’attesa è stata forte, mitigata da quei momenti
trascorsi insieme a voi: la sera precedente per montare la scenografia, fino a
notte fonda, quando rientrando a casa ho preferito non guardare l’orologio, e
il pomeriggio di ieri, per le prove, poi per la cena.
Mi è sembrato di tornare, per un attimo, alla serata in
cui, per la prima volta, presentai uno dei miei libri. Quella sana tensione,
quel maniacale desiderio che tutto fosse a posto, per non vanificare il lavoro
di tanti.
E questo stato d’animo me lo sono portato fino ad un’ora prima dell’inizio dello spettacolo, quando, ancora una volta con il telefonino in
mano, cercavo di sapere che fine avesse fatto l’uomo delle riprese, che ancora
non era arrivato.
Ma poi, una volta rivestita la giacca, ho sentito le
sensazioni giuste. Me ne sono accorto da piccoli particolari che parlano di me:
la voglia di scherzare, le battute più o meno riuscite, le mani calde.
Ogni tanto provavo a guardare la platea, notando fra i
presenti alcuni amici giunti da Firenze e da Pistoia, amici che non mi hanno mai fatto
mancare il loro sostegno in occasione di un debutto. E questo lo era.
Poi lo spettacolo, così mi sono messo nel mio angolino, dietro
la struttura della scenografia, con quel copione in mano che ci ha sfidato per
settimane intere, e quando sfilavate per la vostra entrata, cominciava il mio
lavoro di fantasia. Non potendovi vedere, dovevo sentire, da fuori, affidandomi
ai suoni, e da dentro, affidandomi alle mie sensazioni e ai ricordi delle
serate di prove. Le vostre ansie, ma anche i vostri sorrisi, i cenni di
incoraggiamento, il pollice alzato, l’occhiolino, un qualsiasi cenno d’intesa.
E guardavo la vostra ombra, proiettata dietro di voi dall’occhio di bue. Ed era
come se vi stessi guardando, così belli, così bravi.
Poi ogni tanto era il mio turno e vi trovavo lì, sul
palcoscenico, ad aspettarmi, proprio nel posto in cui vi avevo lasciato l’ultima
volta. Per me, così, era facile trovarvi e ad ogni entrata mi sentivo sempre
più a mio agio. In una di queste ho pure giocato con lo specchio, sparando in
faccia al mio tecnico del suono preferito la luce riflessa su di esso.
La luna lassù in
alto sosterà
Ma tutto è durato un attimo, perché mi sono accorto che
lo spettacolo era già terminato.
E vi guardavo, disposti sul palcoscenico, uno ad uno, cercando
di memorizzare per sempre quei momenti, i vostri volti, con il desiderio di
possedere un gran numero di braccia per abbracciarvi tutti, uno ad uno, e dirvi
il mio grazie dal profondo del cuore, quel cuore che in tante canzoni ho
nominato, quel cuore che ieri sera ha battuto forte perché era vivo.
Nelle calde notti
penserai
Di nuovo la notte, dopo aver smontato tutto quanto ed
aver ridato alla nostra chiesa il suo aspetto abituale. So già che prenderò
sonno molto tardi, so già che la mia mente ripercorrerà tutta la serata, so già
che rivedrò, molte e molte volte, i vostri volti.
E, nel silenzio della notte, risuonerà più forte il mio “Grazie”.
Roberto
Benassai, 4 novembre 2012