E
così è terminata la sfida con la memoria.
Durante
questo viaggio all’indietro nel tempo, ho ripercorso tappe più o meno importanti
della mia vita, ricordando più di quello che avrei potuto immaginare all’inizio
di quest’avventura.
Ovviamente
non tutti i dialoghi sono andati come sono stati scritti, poiché dopo tutto
questo tempo era quasi impossibile ricordarli correttamente.
Altri
li ho dovuti adattare per esigenze, per così dire, letterarie, servendomene per
esprimere idee, sentimenti, pensieri, azioni e sensazioni di allora.
Spero
di aver riportato gli avvenimenti nel modo più reale possibile, ed in questo
senso ce l’ho messa tutta per farlo, ma può anche capitare che si memorizzino le
cose in un modo che poi risulta essere diverso dalla realtà dei fatti.
Se
così fosse stato, chiedo scusa a chi, essendo stato protagonista insieme a me
di quei frangenti, si trovasse a leggere queste mie righe non riconoscendo ciò
che ho descritto.
Mi
sono fermato appositamente al periodo del servizio di leva come ultima tappa,
perché rappresenta per me una specie di barriera che divide gli anni della
spensieratezza, quelli in cui siamo ragazzi senza responsabilità se non quella
di portare a termine gli studi, da quelli in cui bisogna mettere in pratica ciò
che abbiamo imparato, con l’aumento progressivo delle responsabilità. In poche
parole, il periodo in cui da ragazzi si diventa adulti.
Quello
che mi ha favorevolmente colpito di questa mia esperienza, unica ed ultima come
alcune altre che ho precedentemente descritto, è il fatto che sono emotivamente
vivo, vale a dire che ripensando a quei periodi ho spesso provato le emozioni
di allora, sentimenti di gioia per i momenti belli e commozione per altri più
intensi.
Questo
a mio avviso significa che sono attaccato, in un certo senso, a ciò che mi ha
coinvolto in passato, soprattutto se questo passato era fatto di eventi
positivi.
Quelli
negativi, anche se presenti dentro di me, è come se fossero stati accantonati
da qualche parte.
Tutto
ciò però non significa che io sia rimasto “legato” al mio passato, alla mia
primavera: mi sono voltato indietro solamente per ricordarlo, ma non per
rimpiangerlo, perché ogni epoca deve essere vissuta al momento giusto, ed ogni
momento fa parte di una continua evoluzione e crescita alle quali non ci si può
sottrarre, perché è giusto e naturale che sia così.
Il
mio modo di essere e di pensare, il mio comportamento ed il mio carattere, non
hanno subito grandi cambiamenti, mantenendo una coerenza di fondo alla quale si
è unita, con il passare degli anni, la maturità tipica degli adulti.
Di
quegli anni mi rimane l’unico rammarico di aver perso per strada alcune
amicizie che avrei desiderato far continuare nel tempo; ma non è detta l’ultima
parola, e
se questo mio libro contribuisse in qualche modo a questo scopo, allora sarebbe
valsa veramente la pena di scriverlo.
Infine,
due paroline a Sara, mia figlia, che ogni tanto è venuta a sbirciare mentre scrivevo,
incuriosita da ciò che stavo facendo:
“Non
sono uno scrittore, non ho la pretesa di esserlo. Attraverso queste pagine
credo però che tu possa imparare a conoscere come era, molti anni fa, il
ragazzo che in seguito è diventato tuo padre.
Adesso
sono un po’ diverso da allora, ma i valori in cui credevo sono gli stessi in
cui credo oggi e sono quelli che sto cercando di trasmetterti.
Se
sei arrivata a leggere questa ultima pagina significa che hai avuto la volontà
(o il coraggio) di leggere il libro. Spero che ti sia piaciuto, perché è
dedicato a te.
In
caso contrario ti chiedo scusa per averti annoiato.
Comunque
sia tienilo di conto, e quando non ci sarò più rileggilo ogni tanto: ti ricorderai
di me e sarà come se io ti continuassi a parlare.
Ti
voglio bene Sara, questo non lo
dimenticare mai.”
Inizialmente stampai una sola copia di "Quattro passi".
La regalai a Sara per il suo undicesimo compleanno.
Ciao Ben, rieccomi ancora nel tuo rifugio a leggere l'ultima puntata dei tuoi "Quattro Passi"... ogni tanto ci ritorno..
RispondiEliminaE' bello riuscire a "voltarsi indietro" rivivendo emozioni e sentimenti che, comunque,fanno parte della vita che hai vissuto e che sono stati dei piccoli "mattoni" che ti hanno permesso di costruire quello che sei...
Forse qualche volta è un po' difficile non rimpiangere alcune situazioni, ma come hai detto ogni tempo deve essere vissuto al momento giusto.
Ed essere capaci di fare tesoro della storia che hai vissuto, proiettandosi comunque al futuro (perchè il passato non torna più), è una delle cose più belle - e se mi permetti, anche più difficili - che un uomo può fare.
Ciao!
Ciao Pier, ben tornato.
RispondiEliminaQuella di Quattro passi è stata un'esperienza di notevole portata, per me. E' poco più di un diario, ma io ritengo che, fra ciò che ho scritto, sia stato il più importante, tanto da farmi dire che mi ha cambiato la vita, perché da quelle pagine scritte ho cominciato a riflettere di più su me stesso e da lì sono nate, successivamente, tante altre cose.
Fare esperienza non è altro che mettere a frutto il nostro passato, imparare da lui, e questo credo che spesso avvenga in modo naturale, istintivo.
A proposito c'è una scena di un famoso cartone animato in cui si esprime che il passato non si cambia ma che da esso si può imparare: due animaletti stanno parlando, all'improvviso uno di loro tira una bastonata all'altro e lo becca in pieno. Poco dopo ci riprova, ma l'altro, memore di quanto avvenuto prima, si abbassa e schiva il bastone.
Se c'è la volontà si può far tesoro del passato.
Rimpianti? Forse io sono stato fortunato da questo punto di vista, perché i miei secondi venti anni non mi hanno dato motivo di rimpiangere i primi.
Ciao Pier, ritorna quando vuoi.