Rientrammo
per l’ultima volta al fortino per cambiarci.
Ci
togliemmo per l’ultima volta la divisa, che riconsegnammo insieme a tutto
l’altro materiale, e indossammo nuovamente e finalmente gli abiti civili.
La
contentezza era tanta, ma non esplodeva in nessuno di noi.
Ognuno
di noi desiderava andare via il più rapidamente possibile, ma non era ancora
pronto a farlo.
Ci
tratteneva quel legame che si era creato e la consapevolezza che per molti di
noi era l’ultima volta che ci vedevamo. Quindi c’era anche un velo di
tristezza.
Scendemmo
per l’ultima volta le scale del fortino, che era ormai deserto; c’era solamente
chi lavorava lì. Ci ritrovammo nel cortile con i nostri bagagli in mano. Le
grida di contentezza non si sentivano più come all’inizio della mattinata.
Arrivò
inesorabile il momento dei saluti.
Al
centro del cortile, sotto il sole caldo di fine giugno, lasciammo cadere le
borse per terra, come a comando, e cominciammo ad abbracciarci, salutandoci e
facendoci gli auguri di buona fortuna; per un po’ parlammo, poi l’emozione
sfociò in un pianto liberatorio in molti di noi.
L’abbraccio
con Giorgio non finiva mai, e nemmeno la commozione.
Poi
fu la volta di Nicola, e via via tutti gli altri, uno ad uno, escluso Federico,
con il quale avevamo da fare ancora il viaggio di ritorno insieme.
Fu
un distacco difficile, di quelli che lasciano il segno, perché avevamo
trascorso insieme un intero anno, fianco a fianco, per ventiquattro ore su
ventiquattro, condividendo tutto ciò che si era presentato: gioie, dolori,
arrabbiature, momenti tristi, momenti di crisi; si era creato un rapporto
difficile da capire per chi non l’ha provato perché il sentimento che ci univa
era qualcosa di diverso da un’amicizia: con gli amici si condividono parole,
pensieri, azioni, ma ognuno vive per conto proprio, poi sovente ci si incontra.
Per noi era tutto questo oltre al fatto di vivere costantemente insieme, giorno
e notte.
Durante
quell’abbraccio ci passarono davanti agli occhi, come in piccoli flashback, i
momenti salienti di quell’anno.
Poi
ci asciugammo le lacrime, riprendemmo i nostri bagagli e urlando: “È finita, è
finita per sempreeeeeee!!” ci incamminammo verso l’uscita.