sabato 27 agosto 2011

Quattro passi... con Ben - Quarantanovesima puntata

Giuliano, il sorriso con gli occhiali. Era un cranio, molto intelligente, ma sembrava costantemente prendere in giro il suo interlocutore di turno. Per questo motivo non è che avessimo troppi rapporti. Di lui ricordo le nostre partite di pallavolo al torneo scolastico, eravamo in quinta ed avevamo una bella squadra.
Arrivammo alla finale, che perdemmo, nonostante i miei pessimi servizi, ma ricordo che passammo il turno con un mio muro sulla schiacciata avversaria: il più piccolo in campo che va a stoppare una schiacciata sotto rete. Quando la palla partì dalle mani dell’avversario, io ero lassù, ad aspettarla, pronto a ricacciarla indietro. La palla atterrò nel campo altrui e per noi fu la vittoria.
Io fui sommerso dagli abbracci e Giuliano fu uno dei primi ad issarmi in alto, insieme a Paolo: “Grande Lillipuz!”. Era il loro modo affettuoso per dire che ero piccolino.

Ho studiato molte volte a casa di Paolo, insieme al Borzo, soprattutto prima dei compiti in classe. Studiavamo, ma ridevamo anche molto durante quei pomeriggi, e questo ci permetteva di alleggerire l’attesa. Poi arrivava sua madre, sempre cordiale e gentilissima, che ci preparava il tè con i biscotti per fare la meritata merenda, che ormai era diventata un rito.
Un bel ricordo appartiene alla gita di quinta, l’ultima.
Durante il viaggio mettemmo una cassetta di Simon & Garfunkel nel mangianastri del pullman, poi cominciammo a cantare. Il momento clou fu quando arrivò la canzone “Bridge over trouble water”, bellissima, che solo io e lui sapevamo a memoria.
Le andammo dietro, cantando con tutta la voce che avevamo. Lui intonato, io intonato, ci venne bene a tal punto che gli altri ragazzi vollero rimandare indietro il nastro per farcela cantare di nuovo.

Tecla inizialmente mi era antipatica, e viceversa, ma in quarta, quando ci conoscemmo meglio, tutto cambiò. Ci frequentammo anche nel periodo in cui entrambi lavoravamo a Prato, quando, durante la pausa pranzo, ci ritrovavamo per prendere un caffè insieme o solamente per parlare per alcuni minuti. Lei era sempre alle prese con storie amorose di difficile futuro, io ero fidanzato con Cinzia.
Mi ricordo che spesso andavamo all’Ippodromo, un parco di Prato, per parlare e passeggiare all’ombra degli enormi alberi di leccio. Altre volte andavamo a mangiare insieme oppure, d’estate, in piscina. E così facendo arrivammo al 1990, anno in cui mi sposai.
Al mio matrimonio non invitai molte persone: pochi parenti e, degli amici di scuola, solo il Giuba, Carmine e la vecchia Tina. Ad alcuni altri, fra i quali Tecla, mandai la partecipazione.
Lei non si fece viva. Ci rimasi molto male, e non ho mai avuto modo di sapere il motivo del suo silenzio. Mi sono domandato varie volte il perché, restando sempre senza risposta.

8 commenti:

  1. Caro Ben, buongiorno!
    Toglimi una curiosità: come prendevi il "Grande Lillipuz!" affettuoso di Giuliano?
    Poi: certi silenzi (e mi riferisco a quello di Tecla) forse sono inspiegabili, dunque non ha molto senso interrogarsi più di tanto.
    Scadono l'interesse reciproco e la voglia di incontrarsi o di condividere un momento di gioia (quale è il matrimonio) oppure di tristezza (come ce ne sono per tutti noi)?
    Si prendono 'altre strade', troppo diverse e troppo distanti, perché si incontrino, almeno una volta?
    Una considerazione personale, se permetti: i silenzi inspiegabili (perché 'inspiegati' da chi li crea) sono per me una delle principali forme di mancanza di rispetto verso l'altro.
    Mancanza di rispetto che diventa più grave se il silenzio insorge tra persone che si considerano amiche.
    Qual è la tua/vostra opinione in proposito?
    Troppo rigida, la Ines, come sempre? :-)
    Buona giornata!

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  2. Ecco una mia riflessione sull'argomento "silenzio";
    di motivi per i quali ad un certo punto tra persone (amiche e non) cala il silenzio ce ne possono
    essere a migliaia.

    Io però non darei troppa rilevanza a quali siano i motivi che portano a lunghi "silenzi"
    ma al fatto che per ottenerli bisogna essere in due e che ciascuno per la propria parte
    ci ha messo del suo affichè si realizzino.

    Con questa premessa la mancanza di rispetto (come dice Ines) o l' essersi privati
    di uno "spicchio di vita" (come direbbe lo strano Josil), è da spartirsi in due.

    Se a un certo punto sei il primo che vuoi provare a recuperare quello spicchio e decidi così di "rompere"
    il silenzio, significa che sei disposto a metterti di nuovo in gioco accettando le conseguenze buone o brutte che siano.

    E quando ti va bene, il "silenzio" si rompe e si trasforma in uno "spicchio" più succoso e gustoso di prima.
    In questo caso; BENVENUTO SILENZIO.

    E quando ti va male?; Non è detto che era l'ultima occasione ma di sicuro sei più forte di prima.
    In questo caso; BENVENUTO SILENZIO.


    Josil

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  3. Caro Josil,
    parto da una premessa: a me piacciono molto anche il silenzio e la solitudine, perché sono occasioni per ritrovare me stessa, per "parlare" a me stessa, per riflettere. Li considero preziosi per me e tali, quindi, anche per gli altri.
    Hai ragione: i motivi per cui cala il silenzio tra persone possono essere molti e, probabilmente, spesso anche comprensibili.
    Ma, come tu osservi, per ottenerli (e perché siano 'giusti', secondo me) bisogna essere in due.
    In due non a volerli, poiché non sempre due persone si ritrovano a volere la stessa cosa, ad avere gli stessi bisogni.
    Ma bisogna essere in due ad accettarli.
    Mi prendo una pausa, se permettete.
    A presto

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  4. Che pausa, ragazzi!
    I silenzi che considero segno di mancanza di rispetto sono quelli improvvisi, non annunciati: hanno il peso di una punizione, per me.
    Se, per esempio, io ho bisogno di restare un po' da sola, in silenzio (un giorno, un mese, un anno), e desidero non incontrare una persona soltanto per quel mio bisogno le dico "Scusa, ma ho bisogno di restare sola".
    Se invece ho bisogno di allontanarmi da lei perché qualcosa si è incrinato le spiego le ragioni della mia scelta, perché ritengo giusto e corretto che sappia i motivi del mio silenzio.
    E, naturalmente, quanto più quella persona mi è cara tanto più considero giusto che io sia chiara con lei e lei con me.
    Grazie per l'attenzione, amici.
    Buona serata

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  5. Ciao amici.
    Cominciamo dall'inizio: Ines, prendevo bene il Grande Lillipuz, perchè sapevo che era detto, appunto, affettuosamente.
    Il silenzio.
    Ripartendo da questa puntata, c'è da dire che in quel periodo non c'era "silenzio" fra e Tecla, per questo fu una cosa inspiegabile. Vorrei voler credere che le poste non abbiano fatto il loro dovere e magari lei si sarà chiesta: ma perchè non mi ha fatto sapere niente? Purtroppo alle rimpatriate successive non è mai venuta, sarebbe stata l'occasione per conoscere.
    Possono esserci periodi in cui ci si perde per strada, ma senza per questo perdere l'amicizia. Chiamiamoli periodi di cambiamento?, evoluzione?, assestamento?, ma poi scatta di nuovo la scintilla. Con Josil siamo stati lontani, nel silenzio appunto, per anni, eppure ognuno, ne sono certo, era nel cuore dell'altro. Con altri, invece, il silenzio crea dimenticanza.
    Concordo con te, Ines, quando dici che i silenzi non annunciati e non spiegati, hanno il peso di una punizione. Sono quelli ceh fanno più male. E si ritorna sempre lì: ma non sarebbe più semplice una spiegazione e, quindi, il dialogo?
    Eppure, spesso, le parole hanno il peso di un macigno!

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  6. Grande Ben! Nella parte finale hai centrato il bersaglio, hai toccato la nota dolente (secondo me, naturalmente).
    Se parliamo di persone tra le quali c'è sintonia significa che l'uno conosce dell'altro ciò che può turbarlo, offenderlo, ferirlo.
    Se c'è sintonia chi sceglie il silenzio (scelta degna di tutto il rispetto) dovrebbe sapere se l'altro preferisce le parole che hanno il peso di un macigno oppure un silenzio 'inspiegato', dunque inspiegabile oppure spiegabile soltanto tramite ipotesi, congetture, arrovellamenti del cervello.
    Non credi, Ben?
    Ciao e grazie.

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  7. Se c'è sintonia i due dovrebbero conoscersi.
    Ma qui mi viene da pormi una domanda: è possibile un silenzio per... infierire?
    E subito un'altra: ma perché?

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  8. Concordo. I silenzi annunciati di @Ines fortificano il rapporto e sono i benvenuti. Sono silenzi d'oro.
    Ma riusciamo davvero in ogni occasione essere sempre chiari, mostrando sempre la nostra vera identità all'altro
    e senza maschere?

    E così tutti noi abbiamo un cassetto di cose ferme irrisolte (in questo caso un silenzio).
    E anche se non te ne accorgi, quel cassetto ogni tanto si riapre in te e ti mostra il contenuto.
    E' il contenitore delle potenziali scintille, come le chiama @Ben, è il contenitore delle tue "sfide",
    di ciò che di sicuro, nel male e nel bene ti aiuterà a crescere.

    @Ben
    Non so se ho capito perchè mi intreccio facilmente ma;
    usare la "strategia" del silenzio perchè presupponi che così facendo l'altro possa soffrire di più, significa
    semplicemente che hai perso in partenza. Resterai sempre nel dubbio di avere o meno centrato l'obbiettivo
    e di sicuro sei il primo che si arrovella il cervello.

    Josil

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