Con Elena abbiamo studiato insieme, siamo usciti insieme con lo stesso gruppo per un periodo, anche dopo la fine della scuola.
Lei era sempre allegra, rideva sempre, e quando era seria era motivo di preoccupazione poiché non eravamo abituati a vederla in quel modo. Era tutta pepe, un metro e cinquanta, circa, di vitalità.
Con lei e Stefania, andammo un giorno a Viareggio, in estate.
Era ancora il periodo in cui ognuno di noi era “scapolo”. Arrivammo la mattina presto e ci passammo tutta la giornata, fino al tardo pomeriggio, quando rincasammo.
La trovai estremamente alla mano, semplice, quasi ingenua. Mi divertii molto quel giorno, ma trovammo anche momenti di complicità e confidenza.
A Stefania è legata la mia vita attuale, nel senso che durante una festa fatta a casa sua conobbi Cinzia, che alcuni anni dopo diventò mia moglie.
Ma a parte questo, ricordo anche altri momenti, come per esempio un ultimo dell’anno trascorso insieme a lei. Una serata strana, in un certo senso.
Dovevamo partecipare ad una festa organizzata dai ciellini, in centro a Firenze. Ma non in un locale, bensì in un salone di una scuola, se ben ricordo. C’era la band, c’era da mangiare, c’era da ballare, e… c’era da andare via a mezzanotte. Già, a mezzanotte tutto doveva finire. Ma come? L’ultimo dell’anno doveva proprio finire a mezzanotte? Sul più bello? Ebbene sì!
Bevemmo lo spumante, brindisi di rito, e poi partimmo per il centro di Firenze, con una sua amica di nome Rosa, conosciuta quella sera e mai più vista, alla ricerca di divertimento.
Ci fermammo in un locale tranquillo, vicino a Piazza del Duomo, e lì rimanemmo ad un tavolo, bevendo qualcosa, rigorosamente non alcolico, e conversando amichevolmente per un po’. Poi verso una certa ora, non troppo tarda, dovevamo rientrare.
Così, con la mia Fiat 126 Black, mitica auto di quegli anni, riaccompagnai a casa le due signorine, prima Rosa e poi Stefania.
Con lei siamo usciti altre volte.
Una domenica andammo vicino a Fiesole a trovare un amico suo, in una villa enorme e bellissima.
“Stanno bene i tuoi amici” le dissi. “ Va a finire che tu mi diventi una miliardaria!”
Cantammo per tutto il pomeriggio. Tornai a casa senza voce.
In un altro freddo ed umido pomeriggio domenicale, a San Salvi, in Firenze, all’interno del cortile della Chiesa, con le solite persone, giocammo a palla avvelenata. Partimmo in circa una cinquantina, e alla fini rimasi solo, vincendo il gioco. Feci una sudata tale che stetti a letto con l’influenza per una settimana.
Un altro ricordo particolare è quello della giornata che passammo alla sua casa in campagna, vicino a Reggello (località Matassino, mi sembra), insieme ad altri compagni di classe. Trascorremmo una giornata cucinando, giocando, prendendo il sole sdraiati sull’erba.
Ci sarebbero anche altri episodi da citare perché siamo rimasti in contatto per molto tempo, dopo la fine della scuola, prima di perdersi di vista.
Ultimamente ci siamo risentiti per scambiarci gli auguri di Natale o di buon compleanno.
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