Sto percorrendo una strada di
quelle grandi e piene di traffico.
Sono incolonnato in attesa di arrivare ad un
semaforo che prima o poi diventerà verde.
Non sto guidando e questo mi
permette di guardarmi intorno.
In lontananza, fra le case che si
trovano ai margini della strada, intravedo un bambino ed un adulto.
Le auto riprendono a muoversi,
lentamente, e quelle due persone adesso sono più vicine. Il traffico si ferma
nuovamente.
Lui, l’adulto, se ne sta lì
impalato, con le mani in tasca e con un pesante cappellino in testa a guardare
il figlio. Ritmicamente estrae la mano destra per stringere una sigaretta
parcheggiata fra le sue labbra.
Il bambino, più in là, esulta: ha
fatto goal!
Ha le guance arrossate, il ciuffo
inviperito e corre, dando il cinque al cartello del divieto di sosta.
Ma nella sua mente sta correndo
all’interno dello stadio più grande e più famoso del mondo, per quel dispetto
che è riuscito a fare al portiere più forte del mondo, un agrifoglio. Mette la
mano sul cuore per mostrare ai centotrentamila spettatori e ai milioni di
telespettatori quanto sia attaccato a quella squadra e a quella maglia. Chissà quale numero porterà sulle spalle: forse il numero Dieci.
No, un’esultanza così
e dei numeri Nove, i centravanti di razza!
La palla torna al centro.
Il traffico riprende a scorrere.
La partita è finita. Le squadre
rientrano negli spogliatoi.
Il piccolo sognatore si avvicina
al padre, forse per raccontargli come sia riuscito a fare goal al più forte portiere
del mondo.
Continua a sognare, piccolo sognatore.
E tu, padre, togli le mani delle
tasche, fatti ammaliare da quel pallone, gioca insieme a lui e libera
il fanciullo che è in te: i sogni sono per tutte le età.
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