Non è facile parlare di questo libro in un contesto apparentemente e totalmente diverso da quello in cui è stato scritto.
Don Milani era già gravemente
malato, la scrisse insieme ai suoi ragazzi, e si adoperò per la sua diffusione che divenne, soprattutto dopo la sua morte, un’opera che in molti
dovettero leggere per capire di più il pensiero, la spiritualità e l’operato di
quel prete scomodo ai più.
La Lettera è un’accusa contro un
certo tipo di scuola, quello selettivo, quello che scarta anziché recuperare,
quello di favorire certi ceti sociali a discapito di quelli meno abbienti,
quello che crea disparità, quello che se “è da 4, io metto 4”, quello che riproduce
le disuguaglianze sociali, economiche e culturali già presenti nella società,
quello che genera dispersione scolastica favorendo lo scarto, quello che è come
“un ospedale che cura i sani e respinge i malati”, quello che vive al di fuori
della realtà, quello che nega la dignità.
La Lettera è una battaglia contro
la discriminazione a favore dei diritti, del diritto del sapere, per non
rincorrere un nozionismo, una carriera, ma per ambire ad una capacità di
pensiero e di ragionamento personale, per una dignità personale che rende
liberi di esprimersi, di decidere, di andare anche controcorrente. La Lettera
chiede una scuola che insegni a pensare, che contribuisca a rendere cittadini
sovrani.
Il contesto attuale è molto
diverso da allora, basti pensare all’evoluzione economica, alla tecnologia,
alle comunicazioni. Da un punto di vista sociale, credo faccia bene leggere
questo libro e riflettere, tutti, perché la scuola è un bene che riguarda tutti,
nessuno escluso.