Leggere le pagine di Gibran per me è sempre un piacere perché sono poesia attraverso la quale riflettere e meditare. Su alcune pagine ci sarebbe da soffermarsi a lungo perché ci interrogano su tanti aspetti della vita attuale, pur essendo, questo libro, del 1928, ma anche perché pongono domande sulla figura di Gesù, come figlio dell’uomo e come figlio di Dio, interrogandoci sulla fede.
In questo libro si cerca di presentare Gesù, uomo tra gli uomini, sotto molteplici aspetti, e per fare questo vengono chiamati a parlare di lui tanti personaggi che hanno avuto modo di conoscerlo. Alcuni sono veri, come gli Apostoli, altri sono inventati. Ne emerge un quadro di ricordi appassionati, ma anche contrastanti, sulla figura di Gesù.
C’è chi rinasce dopo
averlo incontrato, c’è chi lo considera un imbroglione. C’è chi lo seguirà fino
ai confini della terra, c’è chi gli addossa tutte le colpe per ciò che ha
subito in vita. Insomma, niente di nuovo con i nostri giorni.
Gibran, anche attraverso pagine un po’ indigeste,
a seconda del rapporto che ognuno ha con la propria fede, si sofferma sul Gesù
uomo, "addomesticando" alcuni passi del Vangelo e delle Scritture per il
raggiungimento del suo intento.
Il Gesù di Gibran è una versione poetica di Gesù.
Un uomo di grande valore, ma non il Salvatore.
Alcune pagine mi hanno lasciato dei dubbi e non
sono state del tutto comprensibili riguardo alle intenzioni dell’autore.
Forse credeva che Gesù fosse “solo uomo”? O forse
voleva esaltarne di più la sua personalità? Forse voleva puntare il dito verso un
tipo di Chiesa ipocrita?
Ci vorrebbe un teologo per capirne di più.
In ogni caso un libro poeticamente bello, stimolante, ed una lettura molto appassionante.